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Giovedì, 28 Marzo 2024
CRONACA

Arnaldo Cestaro, l'uomo che ha fatto condannare l'Italia in Europa

All'epoca del G8 aveva 61 anni e durante il blitz della polizia della Diaz fu manganellato e ferito gravemente. Dopo il suo ricorso, Strasburgo ha condannato l'Italia per il reato di tortura

Arnaldo Cestaro, 75 anni di Vicenza, è l'uomo che ha fatto ricorso alla Corte europea dei Diritti dell'Uomo per il blitz della polizia della scuola Diaz durante il G8 di Genova nel 2001. Strasburgo gli ha dato ragione e ha condannato l'Italia a risarcirlo con 45mila euro.

Cestaro, originario di Agugliaro, aveva 61 anni quando partì con alcuni amici di Rifondazione Comunista per manifestare a Genova. La sera del 21 luglio aveva trovato un posto dove dormire nella scuola Diaz, insieme ad altri manifestanti, quando fu svegliato all'improvviso dalle cariche della polizia. "Fermatevi, sono un uomo vecchio e pacifico", urlò Arnaldo ai poliziotti, che continuarono invece a colpirlo con i manganelli  alla testa e sulle gambe. I segni di quelle violenze, per i quali fu operato d'urgenza all'ospedale di Genova e poi nuovamente al Careggi di Firenze, sono tuttora evidenti.

"Gli ufficiali di polizia che hanno aggredito e materialmente sottoposto ad atti di tortura" Arnaldo Cestaro e gli altri ospiti della scuola Diaz "non sono stati identificati" e "quindi non sono nemmeno stati indagati e sono rimasti semplicemente impuniti", si legge nel dispositivo con cui Strasburgo condanna l'Italia per il reato di "tortura", come riportato dall'agenzia Dire. "La mancanza di identificazione degli autori dei maltrattamenti in questione deriva dalle difficoltà oggettive dei procuratori di procedere all'identificazione" dei colpevoli, ma anche dalla mancata "cooperazione della polizia durante le indagini preliminari".

La Corte di Strasburgo "si rammarica che la polizia abbia potuto impunemente rifiutarsi di fornire alle autorità competenti la collaborazione necessaria per l'identificazione di agenti che potrebbero essere coinvolti in atti di tortura" e per questo "la Corte ritiene che la risposta" delle autorità italiane è stata "insufficiente rispetto alla gravità dei fatti", sottolineando che "in casi di tortura o maltrattamenti da parte di funzionari statali, i procedimenti penali non dovrebbero essere estinti per effetto di prescrizione, così come amnistia e grazia non devono essere tollerate in questo settore". (VicenzaToday)

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