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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Stati Uniti d'America

"Io nell'inferno di Boston, tra bombe e terrore"

La testimonianza di Valeria, fiorentina, arrivata nella città americana per vivere il sogno della maratona e scampata per miracolo all'attentato: "Gli americani sono fantastici, reagiranno"

Si corre per faticare. Si guarda avanti, si guarda la strada, si guarda la linea colorata che ti fa risparmiare qualche metro. Almeno finché arriva ossigeno al cervello. Poi è solo fiato, cuore, le chiacchere della partenza si spengono, rimane solo il suono dei passi, uno dopo l’altro. In silenzio, tu, la strada e il crono, il tuo crono. E un traguardo che porti dentro, “un sogno che nessuno vede tranne te”. La magia della maratona, 42,195 km che hanno attraversato il tempo e la storia.

Doveva essere così anche a Boston, la corsa nell’epoca moderna più antica del mondo. E invece la 117/ma edizione della Boston Marathon, nel giorno del Patriots' Day, il terzo lunedì di aprile, racconta e racconterà della follia e della vigliaccheria dell’uomo. Quella capace di pugnalare alle spalle, che non sente, non guarda, non parla più. Un’alchimia maledetta capace di trasformare il sangue in bocca per la troppa fatica e le gambe dure, in corpi dilaniati, anime spezzate. Lì, a cento metri dal traguardo, dove la polvere e il puzzo della morte hanno intrappolato, ammutolito, offeso, lo spazio per la gioia.

Boston, esplosioni alla Maratona: morti e feriti

Due pentole a pressione piene di chiodi, schegge metalliche, cuscinetti a sfera, collegate a detonatori fatti scattare a distanza. La prima deflagrazione, 12 secondi dopo la seconda. Poi le urla, i primi soccorsi, le sirene, la paura che attanaglia le strade di Boston e quelle di un intero paese. Tre morti, tra cui un bambino di 8 anni, 176 feriti; 17 in condizioni critiche o gravi. Un film vecchio e già visto. In un istante la centralissima Copley Square, la zona d’arrivo, si è trasformata in un campo di battaglia. Proprio in quel vialone dove Gelindo Bordin, nel 1990, riuscì nell’impresa di piazzare il tricolore davanti a tutti; unico italiano a vincere la corsa.

Ventimila i partecipanti, 20mila urla strozzate in gola. Tra questi quello di Valeria Bracaloni, fiorentina, arrivata a Boston sabato scorso per vivere il suo sogno. E che ha deciso di raccontare quegli istanti drammatici:

“Sono passata dal traguardo un minuto prima dello scoppio del primo ordigno. Stavo ritirando una bottiglia d’acqua, poi il boato e alle nostre spalle la colonna di fumo. Era chiaro fosse un’esplosione ma non è stato possibile capire di che natura. Dopo 10/15 secondi abbiamo sentito la seconda e a quel punto c'è stato un po’ di panico e molti podisti hanno cominciato a correre.

Ho sentito subito il bisogno di rassicurare mia sorella. Sono riuscita a ritirare la mia borsa senza problemi, ma non è stato possibile telefonare almeno per 10 minuti. Gli assistenti e i volontari sono stati bravissimi nel far mantenere la calma. Paradossalmente sono riuscita a ritirare anche la medaglia. Il panico e la preoccupazione sono aumentati mano a mano che sentivamo ambulanze e polizia correre verso il traguardo dove sono avvenute le esplosioni.

Un podista del nostro gruppo purtroppo si è trovato proprio in mezzo tra la prima e la seconda bomba. Aveva figlia e moglie sul traguardo che lo stavano salutando, per lui è stato decisamente più scioccante vedere i feriti e il fuggi fuggi generale. Avevamo il timore che dopo la seconda esplosione ce ne potessero essere altre”.

Boston piange le vittime della maratona

All’indomani delle due esplosioni, che sensazioni hai provato? “Subito dopo aver tagliato il traguardo non ho avuto molta paura perché non ho avuto il tempo per realizzare. A distanza di un giorno, invece, sembra ancora surreale che sia successa una cosa così orribile. Poteva succedere ad ognuno di noi, è una questione di minuti: un ristoro in più o in meno, un dolore e cambi la velocità e arrivi con una differenza di tempo che, in questi casi, può essere fatale. Boston è una città bellissima, anche se oggi non sembra una città a pieno ritmo. È davvero ignobile colpire in questo modo. Gli americani però sono fantastici in questo e sanno reagire subito. Credo che la paura ci sia ma la voglia di reagire qui sembra sempre più forte di tutto”.

BOSTON: CRONACA E VIDEO

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