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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Italia

Borsellino, gli audio desecretati: "Sono libero di essere ucciso"

Sull'attività della Commissione antimafia pesano tuttavia le parole di Salvatore Borsellino, fratello del giudice siciliano ucciso nella strage di via D'Amelio. "È necessario che vengano tolti i sigilli a tutti i vergognosi segreti di Stato"

"Di pomeriggio c'è una sola macchina per quattro magistrati e sistematicamente vado il pomeriggio in ufficio con la mia macchina". Così il giudice Paolo Borsellino davanti alla Commissione antimafia l'anno prima di essere ucciso. Lo si sente dalla viva voce del magistrato siciliano in un audio desecretato e pubblicato on line sul sito della Commissione parlamentare Antimafia in occasione del XXVII anniversario della strage di via D'Amelio.

Online vi sono tutti gli interventi di Paolo Borsellino in Commissione antimafia: alcuni documenti audio erano liberi ma mai pubblicati, altri riservati o segreti e sono stati desecretati. In particolare, nel corso di una seduta dell'8 maggio 1984, Paolo Borsellino fu audito nella sua qualità di giudice istruttore a Palermo e il giudice affronta anche il tema della sicurezza personale e della gestione dei dispositivi di scorta, evidenziando al riguardo alcune importanti criticità.

"Buona parte di noi (magistrati, ndr) non può essere accompagnata in ufficio di pomeriggio da macchine blindate perché di pomeriggio è disponibile solo una macchina blindata, che evidentemente non può andare a raccogliere quattro colleghi. Pertanto io, sistematicamente, il pomeriggio mi reco in ufficio con la mia automobile e ritorno a casa alle 21 o alle 22. Magari con ciò riacquisto la mia libertà utilizzando la mia automobile; però non capisco che senso abbia farmi perdere la libertà la mattina per essere, poi, libero di essere ucciso la sera".

Tra gli altri audio desecretati si colgono anche atti d'accusa. Paolo Borsellino in una registrazione spiega alla Commissione nazionale antimafia come il boss poi pentito Tommaso Buscetta, mentre era latitante, incontrava i capimafia in via Ruggero Settimo a Palermo, strada centralissima del 'salotto' della città, in pieno giorno.

"Gli chiesi come faceva a passeggiare e lui mi rispose: Nel nostro ambiente si sapeva che tra le 14 e 16 c'era la 'smonta' delle volanti e noi latitanti ci facevamo la passeggiata".

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Veduta dall'alto di via D'Amelio a Palermo dopo l'attentato del 19 luglio 1992 in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. ANSA / GIOSUE MANIACI

"L'agenda rossa è in archivi di Stato che grondano sangue"

Sull'attività della Commissione antimafia pesano tuttavia le parole di Salvatore Borsellino, fratello del giudice siciliano. In una lettera inviata al presidente della commissione Antimafia Nicola Marra declina l'invito a partecipare alla desecretazione delle audizioni e punta il dito contro lo Stato italiano. 

"Non mi sembra si tratti esattamente di una desecretazione - dice Salvatore Borsellino - ma piuttosto di rendere pubblici dei documenti che fino ad ora erano di difficile accessibilità perché conservati negli archivi della commissione Antimafia. Una cosa importante ma un po' diversa da quella desecretazione che aspettiamo da anni, che anche il ministro Bonafede aveva promesso proprio in via d'Amelio e che ancora non è arrivata"

"In quella strage mio fratello è stato ridotto a un tronco carbonizzato senza più le gambe e le braccia, i pezzi di quei ragazzi sono stati raccolti uno a uno e messi in delle scatole per poi essere identificati, separati e racchiusi in delle bare troppo grandi per quello che restava di loro. Ora, a 27 anni di distanza, non posso accettare che i pezzi di mio fratello, le parole che ha lasciato, i segreti di Stato che ancora pesano su quella strage, vengano restituiti a me, ai suoi figli, all'Italia intera, a uno a uno. È necessario che ci venga restituito tutto, che vengano tolti i sigilli a tutti i vergognosi segreti di Stato ancora esistenti e non solo sulla strage di via D'Amelio ma su tutte le stragi di Stato che hanno marchiato a sangue il nostro Paese".

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Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, e il ministro della giustizia Alfonso Bonafede (D) durante la commemorazione in via D'Amelio dove fu ucciso il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, Palermo, 19 luglio 2018. ANSA/IGOR PETYX

Gli audio di Paolo Borsellino in Commissione parlamentare antimafia

Gli atti pubblicati (in sette anni di audizioni, dal 1984 al 1991, toccano i momenti più significativi della rivoluzione processuale del pool di Palermo.

paolo borsellino-3Dai file emergono nitidamente i molteplici profili della straordinaria esperienza umana e professionale di Paolo Borsellino: si riconoscono il magistrato esemplare e scrupoloso, il lungimirante studioso del fenomeno mafioso, l'uomo coraggioso, l'attento giurista.

Documenti preziosi da leggere o, grazie al ritrovamento delle fonoregistrazioni, da ascoltare direttamente dalla voce di Paolo Borsellino.

Fotografia estratta dall'album fotografico personale di Paolo Borsellino, con l'autorizzazione dei familiari, ai quali si rivolge il profondo ringraziamento da parte della Commissione parlamentare antimafia.

Sopralluogo a Palermo dell’8 e 9 maggio 1984

Nel corso della seduta dell'8 maggio 1984, Paolo Borsellino fu audito dalla Commissione parlamentare antimafia (IX legislatura) nella sua qualità di giudice istruttore a Palermo.

Alla data dell'audizione, il dottor Borsellino svolgeva le funzioni di giudice istruttore a Palermo già da nove anni ed era pienamente operativo il cosiddetto "pool antimafia", istituito dal Consigliere Rocco Chinnici (ucciso il 29 luglio 1983). Il momento storico era particolarmente delicato: Tommaso Buscetta era stato da poco arrestato in Brasile (ottobre 1983), ma ancora non era stato estradato; inoltre, dopo gli omicidi, tra gli altri, del dirigente della Squadra Mobile di Palermo Boris Giuliano (21 luglio 1979) e del Consigliere Chinnici, il problema della sicurezza e della protezione dei magistrati e degli operatori della Polizia giudiziaria era drammaticamente avvertito.

Non a caso, nell'audizione oggetto di pubblicazione il dottor Borsellino affronta anche il tema della sicurezza personale e della gestione dei dispositivi di scorta, evidenziando al riguardo alcune importanti criticità.

Estratto audio 1 | Estratto audio 2 | Estratto audio 3 | Testo estrapolato

Sopralluogo in Sicilia (Caltanissetta e Trapani) dell’11 e 12 dicembre 1986

Nel corso dell'audizione dell'11 dicembre 1986, a Trapani, Paolo Borsellino fu audito dalla Commissione parlamentare antimafia (IX legislatura) nella sua qualità di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala, ufficio nel quale si era insediato da appena tre mesi.

Al momento dell'audizione, il cosiddetto maxi-processo di Palermo era entrato nella sua fase dibattimentale da pochi mesi (10 febbraio 1986); alla fase istruttoria di questo processo, come è noto, avevano lavorato strenuamente Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e gli altri magistrati del "pool": anche grazie alla "rivoluzionaria" collaborazione di Tommaso Buscetta, il 29 settembre 1984 erano stati emessi 366 ordini di cattura (ai quali se ne aggiunsero altri 127 il mese successivo, sulla base delle dichiarazioni rese da Contorno); nell'estate del 1985 Borsellino e Falcone erano stati trasferiti, con le loro famiglie, nella foresteria del carcere dell'Asinara, per completare la redazione della ordinanza-sentenza del maxi-processo, un testo di circa 8000 pagine che rinviava a giudizio 476 affiliati mafiosi (tra cui, i vertici della crescente "ala corleonese" di Cosa Nostra).

Anche per questo, nel corso dell'audizione oggetto di pubblicazione il dottor Borsellino affronta molteplici temi concernenti la situazione della Procura di Marsala, soprattutto con riferimento alle precedenti indagini che aveva istruito a Palermo: a titolo di esempio, quelli della operatività di Cosa Nostra nella provincia di Marsala, dei rapporti di interesse di Salvatore RIINA e Bernardo PROVENZANO con soggetti e località presenti nel territorio di Marsala, delle indagini patrimoniali e misure di prevenzione, nonché del complesso coordinamento delle varie Forze di Polizia nelle indagini di criminalità organizzata. Viene inoltre affrontato il tema del rapporto tra il traffico internazionale di stupefacenti e soggetti operativi nel territorio di Castelvetrano (Comune di provenienza dell'affiliato mafioso Matteo Messina Denaro, tuttora latitante).

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Sopralluogo a Palermo del 2, 3, 4 e 5 novembre 1988

Nel corso dell'audizione del 3 novembre 1988 Paolo Borsellino fu audito dalla Commissione parlamentare antimafia (X legislatura) nella sua qualità di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala.

Alla data dell'audizione, il maxi-processo di Palermo si era già concluso in primo grado (16 dicembre 1987), con 342 condanne che rappresentarono complessivamente una preziosa conferma della articolata attività istruttoria svolta, con sacrificio, da Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e dagli altri magistrati del "pool". 

Nel corso dell'audizione il dottor Borsellino affronta molteplici temi, concernenti - tra l'altro - l'evoluzione del fenomeno mafioso nel territorio di Marsala, le condizioni organiche e strutturali di tale Ufficio, le possibili riforme legislative in tema di accorpamento dei Tribunali, ma - soprattutto - il problema delle connessioni tra mafia e politica, quello dei rapporti tra i reati di criminalità organizzata e le fattispecie di corruzione, nonché quello dei rapporti della criminalità organizzata operante a Marsala con la massoneria. Oggetto particolarmente significativo dell'audizione è anche quello, molto problematico, dei rapporti con il "pool antimafia" di Palermo, all'epoca diretto dal Consigliere Antonino MELI (preferito a Giovanni Falcone, il 19 gennaio 1988, nel cruciale ruolo di vertice dell'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo).

Viene fatto infine riferimento alle indagini del Colonnello dei Carabinieri Giuseppe Russo con riferimento al sequestro di Luigi Corleo, suocero di Nino Salvo.

Testo estrapolato

Sopralluogo a Trapani del 4 dicembre 1989

Nel corso dell'audizione del 3 novembre 1988 Paolo Borsellino fu audito dalla Commissione parlamentare antimafia (X legislatura) nella sua qualità di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala.

Alla data dell'audizione, il maxi-processo di Palermo si era già concluso in primo grado (16 dicembre 1987), con 342 condanne; molti imputati condannati si erano dati alla latitanza ed era stata pertanto ulteriormente potenziata, dal punto di vista investigativo, l'attività volta alla loro localizzazione.

È allora significativo che, nel corso dell'audizione, il dottor Borsellino affronti anche il tema della possibile presenza di importanti latitanti mafiosi, anche dell'ala corleonese, nel territorio di Marsala. Viene altresì affrontato il tema dell'impatto del nuovo codice di procedura penale sulle condizioni strutturali degli uffici giudiziari impegnati sul versante della lotta alla criminalità organizzata.

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Riunione del “gruppo di lavoro” della Commissione del 20 aprile 1990

Nel corso dell'incontro organizzato dalla Commissione parlamentare antimafia sul tema del "Nuovo processo penale e criminalità organizzata" (X legislatura), Paolo Borsellino intervenne in qualità di esperto e nella veste di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala. Nel corso dell'intervento viene affrontato il tema dell'impatto del nuovo codice di procedura penale sulle condizioni strutturali degli uffici giudiziari impegnati sul versante della lotta alla criminalità organizzata, con particolare riferimento alla Procura di Marsala e alla questione del coordinamento dei rapporti con le sezioni di Polizia giudiziaria.

Testo estrapolato

Sopralluogo a Trapani del 24 settembre 1991

Nel corso dell'audizione del 24 settembre 1991 Paolo Borsellino fu audito dalla Commissione parlamentare antimafia (X legislatura) nella sua qualità di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala. Si tratta dell'ultima audizione del dottor Borsellino in Commissione antimafia prima dell'eccidio del 19 luglio 1992.

L'audizione concerne principalmente l'annosa questione - che suscitò profondo scoramento in Paolo Borsellino - della raccolta, della valutazione e della indebita pubblicazione delle dichiarazioni rese dal collaboratore Rosario Spatola. La questione affrontata offre una paradigmatica occasione per apprezzare, ancora una volta, l'estremo rigore morale e professionale del dottor Borsellino, la sua indipendenza e professionalità, la profonda lealtà nei confronti dei suoi colleghi.

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