Yara, la perizia sconfessa Bossetti: "Quel giorno non era al lavoro"
Il 26 novembre 2010, giorno della scomparsa della piccola Yara, Massimo Bossetti non era in cantiere. Lo ha stabilito la perizia sui suoi spostamenti, realizzata acquisendo i tracciati del telefono cellulare. Il documento smentisce dunque la tesi del muratore
ROMA - "Sono una persona abitudinaria, faccio sempre le stesse cose. Quel giorno sono andato al lavoro e, tornando a casa dal cantiere di Palazzago, sono passato dalla zona del centro sportivo", ha detto Massimo Bossetti al gip Ezia Maccora. E invece quel giorno, quel maledetto giorno della scomparsa di Yara Gambirasio, l'uomo accusato per l'omicidio della ragazzina di Brembate non era al lavoro.
Nel pomeriggio del 26 settembre 2010, secondo quanto stabilito dalla perizia sui suoi spostamenti (realizzata acquisendo i tracciati del suo telefono cellulare), Bossetti "girava con il furgone intorno alla palestra dove la giovane era andata a portare uno stereo". Il documento smentisce dunque la tesi del muratore, il quale ha sostenuto che il suo furgone era davanti al centro sportivo "perché tornavo dal cantiere di Palazzago e andavo a casa".
La perizia sconfessa il racconto fatto dall’indagato durante gli interrogatori davanti al giudice. Il suo cellulare, come riporta Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, racconta tutta un'altra storia. Così come le testimonianze dei colleghi, secondo i quali Massimo Bossetti, quel pomeriggio di novembre, al cantiere non si sarebbe visto. Bossetti, al volante del suo furgone reso riconoscibile da un catarifrangente non di serie, non sarebbe semplicemente "passato" per l'area del centro sportivo tornando a casa, come ha raccontato al magistrato. Dai filmati registrati dalle videocamere di sorveglianza, infatti, emerge che l'uomo, già in zona alle 17,45 come attestato dal suo telefonino, si trovava ancora lì intorno alle 18.30 quando la telecamera di videosorveglianza di una società privata che ha sede accanto al centro sportivo lo riprende.
