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Venerdì, 29 Marzo 2024
Malagiustizia

Il perito delle intercettazioni non capisce il dialetto: tre anni in cella da innocenti

A causa di telefonate mal interpretate due fratelli pugliesi sono stati scambiati per mafiosi e sbattuti in carcere. Come riporta Libero, ora chiedono allo Stato un milione di euro di risarcimento

SAN MARCO IN LAMIS (FOGGIA) - Il perito non capisce il dialetto pugliese e interpreta in maniera sbagliata le intercettazioni. Così due fratelli sono stati rinchiusi in carcere per tre anni da innocenti. Le accuse nei confronti di Antonio e Michele Ianno erano pesanti: associazione mafiosa al concorso in tentato omicidio e in duplice omicidio. 

La vicenda, come riporta Libero, inizia nel 2004 quando il gip del tribunale di Bari firma la richiesta di custodia cautelare per i due fratelli pugliesi, allora poco meno che 40enni. Sono piccoli imprenditori edili, ma vengono considerati membri di un clan malavitoso che fa capo alle famiglie Martino-Di Claudio. 

"Saranno detenuti cautelarmente tre anni uno e tre anni e mezzo l’altro, salvo accorgersi poi che non c’entravano niente, che quel clan non l’avevano mai costituito e che il duplice omicidio in concorso di cui erano accusati non lo avevano compiuto. E neppure un altro tentato omicidio, il porto d’armi illegale, niente di niente. Insomma, si trattava di un gigantesco abbaglio giudiziario".

Solo dopo tre anni i giudici si accorgono dell'errore: Michele e Antonio Ianno vengono scarcerati. Per i 36 mesi di ingiusta detenzione i due hanno chiesto un risarcimento di 500mila euro cadauno

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