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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca Napoli

Un nuovo mega carcere nelle terre avvelenate dalla camorra: "La Campania non merita questa punizione"

Si è chiuso il bando di gara indetto dal ministero della Giustizia per la realizzazione di un nuovo carcere a Nola, in provincia di Napoli. 1200 detenuti (che potranno realisticamente diventare 2.400), scelta della zona e totale isolamento dalla città: perché si tratta di un progetto "totalmente alieno rispetto a quel territorio"

Autostrada A30 Caserta-Salerno, direzione Roma: nei pressi di Nola, l'uscita indica come raggiungere il "Cis Interporto", uno dei maggiori poli di distribuzione commerciale d'Europa, una vera città degli affari nata nel 1986 che occupa una superficie di un milione di metri quadri. A poca distanza c'è il Vulcano buono, il gigantesco centro commerciale progettato da Renzo Piano che ricalca l'aspetto del Vesuvio. Era la Campania Felix, quella che gli antichi apprezzavano per la prosperità e la fertilità dei terreni.

Qui, nel territorio di Nola, è prevista la realizzazione di un nuovo carcere: avrà una capienza di 1.200 persone e sarà il terzo istituto di pena della Campania per numero di detenuti dopo Poggioreale - ormai di nuovo al limite per densità - e Secondigliano. Il luogo individuato per la costruzione è quello della località Boscofangone - proprio dove sorge il Vulcano Buono e dove insiste il Cis Interporto - in un'area distante sia da Nola che dal centro abitato della frazione di Polvica.

"Si tratterà di un carcere sperimentale, senza mura di cinta, dove sconteranno la pena quei detenuti che dovranno essere prontamente reinseriti in società", dice il primo cittadino di Nola, Geremia Biancardi. Il bando di gara si è chiuso lo scorso 29 marzo, dopodiché il ministero delle Infrastrutture affiderà i lavori. Costo stimato: 75 milioni di euro.

UNA PUNIZIONE PER NAPOLI E LA CAMPANIA - "Parliamo di un'astronave calata dall'alto, una struttura che andrà ad occupare diciotto ettari di campagna nolana senza avere un rapporto col territorio e la sua realtà sociale, economica e culturale". Corrado Marcetti è un architetto della Fondazione Michelucci e da sempre si occupa di architettura sociale, scolastica e carceraria. Ci spiega perché una regione come la Campania non "meriterebbe una punizione del genere".

"Con la costruzione di un nuovo mega carcere a Nola, che si andrebbe a sommare ai penitenziari già esistenti a Poggioreale e Secondigliano, la città metropolitana di Napoli diventerebbe quella a più alta densità detentiva in Italia. Questo è un progetto totalmente alieno rispetto al territorio, rispetto a quel territorio".

Quali problemi comporta la localizzazione di questo nuovo carcere?

"Sappiamo che i terreni individuati per la costruzione di un carcere sono quelli che hanno meno appetibilità per altri soggetti. Nel caso di Nola, la localizzazione prescelta è in territorio extraurbano, periferico e mal collegato, in una zona agricola un tempo cuore della Campania Felix, poi avvelenata (e mai bonificata) dai fusti di liquami interrati dalla camorra. La zona è interessata anche da problemi di carattere idrogeologico come l’innalzamento della falda acquifera che in passato, proprio nei pressi del Vulcano buono, ha causato impaludamenti e allagamenti nei terreni più depressi, con il rischio che i costi di costruzione della nuova cementificazione carceraria vadano fuori controllo".

Le sue critiche riguardano anche l'impianto progettuale? 

"Sì, senza dubbio, perché non c’è traccia di un rapporto costruttivo tra carcere e città. Così come è configurato il carcere potrebbe essere collocato in qualsiasi territorio, gli spazi destinati alle attività lavorative sono caratterizzati da assoluta genericità e non c’è traccia di rapporto con le attività del territorio circostante.

E L'AGRICOLTURA? - L'architetto pone una serie di domande "retoriche": "Prima di individuare quel luogo per la costruzione del nuovo carcere, è stata fatta una seria analisi idrogeologica? La zona inquinata dai veleni interrati dalla camorra è stata bonificata? Che rapporto avrà questa struttura con l'agricoltura nolana e le sue eccellenze gastronomiche?".

UNA PRISON VALLEY ALL'ITALIANA - Domande che, forse, resteranno inevase, dato che i fondi sono stati stanziati e il bando di gara è ormai chiuso. E allora che carcere sarà quello di Nola? Lo abbiamo chiesto ad Alessio Scandurra, responsabile dell’Osservatorio di Antigone sulle condizioni di detenzione.

"E' un carcere esorbitante, con una capienza regolamentare di 1.200 detenuti, che potranno realisticamente diventare 2.400 presenti essendo le celle progettate come singole. Questo farebbe dell’istituto nolano uno dei più capienti carceri in Italia e rischia di trasformare la città metropolitana di Napoli in un vero e proprio distretto del penitenziario, una prison valley all’italiana, in cui non sarà mai possibile attuare il delicato compito di reinserimento sociale che la Costituzione repubblicana attribuisce alla pena".

Perché Antigone è contraria a un progetto simile?

"In primis per le dimensioni: da tanto tempo non si costruisce un carcere così enorme in Italia. Non siamo più, per fortuna, il Paese che negli anni '70 combatteva contro la lotta armata né quello che ha bisogno di leggi speciali contro la mafia, per cui non si comprende l'esigenza di un progetto come questo di Nola. Il sistema penitenziario italiano non ha bisogno di crescere e, per nostra esperienza, istituti penitenziari piccoli funzionano meglio".

Aggiungiamoci che la Campania è già oggi una regione con tante difficoltà e con un'elevata densità detentiva...

"Sommando Nola a Secondigliano e Poggioreale si verrebbe a creare un inutile mega distretto penitenziario. L'argomento usato dall'amministrazione penitenziaria per avvalorare questa scelta è che 'siccome tanti detenuti campani sono nelle carceri di tutta Italia, meglio farli tornare in Campania', ma non è affatto così che si garantisce il reinserimento sociale. Non basta avvicinare i detenuti alle rispettive famiglie. Creare opportunità di lavoro e reinserimento per un detenuto non è un qualcosa che può essere confezionato dall'alto, ma è sempre un dialogo tra il carcere e il territorio".

Dialogo che qui manca, secondo lei.

"Questo non è un progetto particolarmente razionale e intelligente. L'amministrazione penitenziaria peraltro impone un modello di carcere 'con lo stampino', preconfezionato, senza un sistema di bandi pubblici con progetti di idee come avviene all'estero, dove diversi tecnici hanno sperimentato altri modelli di carceri più innovativi e più rispondenti alle esigenze odierne".

75 milioni di euro spesi male, dunque?

"I soldi potrebbero, dovrebbero essere spesi per la manutenzione necessaria in tanti istituti penitenziari italiani, quelli in cui ogni giorno chiudono sezioni per inagibilità, quelli in cui la capienza non è mai rispettata".

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