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Giovedì, 28 Marzo 2024
Carceri

Cosa succederebbe alle carceri se la marijuana fosse 'libera'?

Un terzo della popolazione carceraria è tossicodipendente e 25 mila sono i detenuti dentro per reati legati agli stupefacenti. Cosa succederebbe se l'apparato giudiziario fosse meno rigido sul consumo di droghe?

La lega apre sulla legalizzazione della marijuana. Sel approva e anche in Italia inizia il dibattito - tardivo - sulla legalizzazione/depenalizzazione delle droghe leggere. "Dopo trent'anni di fallimenti della politica proibizionista in tutto il mondo, che ha portato solo ampliamento del mercato e del numero di consumatori, carcerizzazione di massa e sofferenze sociali, si è avviata finalmente una riflessione da parte di molti enti pubblici e di alcuni stati nazionali", ha affermato il senatore del Pd Luigi Manconi, presidente della Commissione parlamentare per i diritti umani. E' lui che ha presentato a Palazzo Madama un disegno di legge in materia di "coltivazione e cessione della cannabis indica e dei suoi derivati". Il senatore nella sua dichiarazione ha subito collegato la questione della liberalizzazione delle droghe leggere alle carceri. Sono così vicini i due temi?

I dati più freschi sull'argomento risalgono 31 dicembre 2012, in cui la percentuale nelle carceri italiane di tossicodipendenti era pari al 23,8%. I detenuti reclusi per violazione dell'articolo 73 del Testo Unico sugli Stupefacenti erano il 38,4% del totale nazionale. Il testo è stato modificato il 21 febbraio 2006 dalla legge Fini Giovanardi, oggetto di dibattito sin da prima della sua approvazione: ponendo sullo stesso piano droghe pesanti e leggere, introducendo il limite di quantità per l'uso personale e aumentando le pene per il possesso di stupefacenti si è guadagnata l'appellativo di "criminogena" ed è stata spesso imputata di essere una delle cause principali del sovraffolamento delle carceri.

Una sua eventuale abolizione è stata chiesta da più parti e da diverse realtà che operano all'interno delle carceri e con i detenuti. Ben 26 mila detenuti su 65 mila, 2 su 5, sono finiti in galera per violazione di tale provvedimento. Inoltre un detenuto su tre è tossicodipendente.

Rivedere la legge Fini-Giovanardi, cercando di depenalizzare il consumo di droghe, svuoterebbe le carceri con molta più efficacia di un provvedimento di amnistia o di indulto? Una domanda che la politica ha cominciato a porsi. Lo stesso neo segretario del Pd Matteo Renzi, prima della sua nomina, aveva detto di essere a favore della cancellazione del provvedimento.

Nella relazione del Dipartimento delle Politiche Antidroga del 2013 si legge che "l'analisi generale dell'andamento dei consumatori negli ultimi 12 mesi, riferiti alla popolazione generale 15-64 anni, conferma la tendenza alla contrazione del numero di consumatori, già osservata nel 2010 per le sostanze quali eroina, cocaina, allucinogeni, stimolanti e cannabis". Insomma in Italia ci si droga di meno, ma per droga si finisce di più in carcere.

Persino il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) qualche mese fa sulla questione aveva detto che "i detenuti tossicodipendenti, spesso condannati per spaccio di lieve entità, dovrebbero scontare la pena fuori dal carcere, nelle comunità di recupero. I detenuti tossicodipendenti sono persone che commettono reati in relazione allo stato di malattia e quindi hanno bisogno di cure piuttosto che di reclusione”.

La legge è al vaglio della Corte di Cassazione: la legittimità costituzionale sulla Fini-Giovanardi verrà discussa in Camera di Consiglio il 12 febbraio. Intanto diverse sono le realtà che ne chiedono l'abolizione.

Il 12 novembre 2013 sono state depositate alla camera dei Deputati i testi delle proposte di legge di iniziativa popolare della Campagna Tre leggi per la giustizia e i diritti. Tutte le proposte hanno l’obiettivo di ripristinare la legalità nelle carceri e di contrastare in modo sistemico il sovraffollamento agendo anche su quelle leggi che producono carcerazione senza produrre sicurezza. Il terzo disegno riguarda le modifiche al testo unico sugli stupefacenti chiedendo "il superamento del paradigma punitivo della legge Fini-Giovanardi, la depenalizzazione dei consumi, la diversificazione del destino dei consumatori di droghe leggere da quello di sostanze pesanti, diminuendo le pene e restituendo centralità ai servizi pubblici per le tossicodipendenze".

Intanto a luglio è stato pubblicato il "4° Libro Bianco sugli effetti della Legge Fini Giovanardi", uno studio che ha monitorato gli effetti del provvedimento nei suoi anni di applicazione. Lo studio è a cura di Antigone, CNCA, Forum Droghe e Società della Ragione, con l’adesione di Magistratura Democratica, Unione Camere Penali. Queste le conclusioni: "I dati complessivi ci dicono che la gran parte delle persone che entrano in carcere per la legge antidroga sono consumatori o piccoli spacciatori. La repressione è concentrata sulla cannabis. L’impatto carcerario della legge antidroga è la principale causa del sovraffollamento. All’aumento della carcerazione e delle sanzioni amministrative corrisponde un abbattimento dei programmi terapeutici. E’ urgente una modifica della legge".

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