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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Garlasco, la Cassazione: "Nessun errore nella condanna a Stasi"

Ecco perché è stato respinto il ricorso dell'ex studente bocconiano

Non c’è stato “alcun errore percettivo” da parte dei giudici della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione che il 12 dicembre 2015 confermarono la condanna a 16 anni già inflitta dalla Corte d’Appello di Milano ad Alberto Stasi per l’omicidio di Garlasco. Ecco perché il ricorso straordinario presentato dall’ex bocconiano contro la sentenza che lo ha condannato in via definitiva come assassino della sua ex fidanzata Chiara Poggi, massacrata il 13 agosto 2007 all’interno della sua villetta di Garlasco, nel Pavese, è stato ritenuto “inammissibile”.

Lo sottolineano i giudici della prima Corte Penale della Suprema Corte nelle motivazioni della sentenza, anticipate oggi da il quotidiano “Il Giorno”, con cui hanno bocciato la richiesta di Stasi di annullare la condanna e di riaprire il procedimento sull’omicidio di Garlasco. Nel ricorso straordinario depositato alla Suprema Corte il 24 maggio scorso, Stasi – difeso dall’avvocato Angelo Giarda – aveva denunciato un “errore di fatto” commesso a suo giudizio dalla stessa Cassazione al momento di confermare la condanna che gli era stata inflitta dalla Corte d’Appello di Milano al termine del processo d’appello bis.

Errore relativo alla decisione dei giudici di ribaltare le sentenze di assoluzione disposte in tutti i precedenti gradi di giudizio senza riascoltare nel corso del dibattimento alcuni testimoni che secondo la difesa sarebbero stati “decisivi ai fini della pronuncia assolutoria”. Il problema, rilevano gli “ermellini” di Piazza Cavour che hanno respinto il ricorso di Stasi, è che “la suddetta questione avrebbe dovuto essere proposta come motivo di ricorso in Cassazione, mentre nessuna doglianza è stata mossa a suo tempo in tal senso” da parte dei suoi difensori.

Inoltre, “contrariamente a quanto sostenuto dallo Stasi e dalla sua difesa, risulta chiaramente dalla lettura della sentenza emessa il 12 dicembre 2015 dalla Corte di Cassazione, che i giudici di legittimità avevano ben presente il concreto sviluppo di tutta la vicenda processuale”. E infatti la sentenza che ha portato alla condanna definitiva di Stasi contiene “molteplici riferimenti al momento e, dunque, alla fase o grado del giudizio, in cui le risultanze processuali a contenuto dichiarativo furono assunte”.

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