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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Cucchi, colpo di scena: l'Arma vuole costituirsi parte civile contro i carabinieri coinvolti

Il generale dei carabinieri Giovanni Nistri ha deciso che l'Arma si costituirà parte civile contro i militari coinvolti nella morte di Stefano Cucchi: "Crediamo nella giustizia"

Svolta nel caso Cucchi. Il generale dei carabinieri Giovanni Nistri ha deciso che l'Arma si costituirà parte civile contro i militari coinvolti nella morte di Stefano Cucchi, deceduto al Pertini di Roma una settimana dopo il suo arresto per droga: "Crediamo nella giustizia e riteniamo doveroso che ogni singola responsabilità nella tragica fine di un giovane vita sia chiarita, e lo sia nella sede opportuna, un’aula giudiziaria".

Nistri si è impegnato con la sorella del giovane, Ilaria, e la famiglia non solo a procedere disciplinarmente nei confronti dei responsabili del pestaggio e delle calunnie, ma anche a costituire l'Arma come parte lesa nel processo. Un colpo di scena, la decisione non era attesa. 

Caso Cucchi, l'Arma contro i carabinieri

Secondo quanto riporta Repubblica, il generale dell'Arma ha scritto una lettera alla sorella di Stefano: "Abbiamo la vostra stessa impazienza che su ogni aspetto della morte di Suo fratello si faccia piena luce e che ci siano infine le condizioni per adottare i conseguenti provvedimenti verso chi ha mancato ai propri doveri e al giuramento di fedeltà". E poi ancora : "Il vostro lutto ci addolora da persone, da cittadini, nel mio caso mi consenta di aggiungere, da padre".

Cucchi, l'appello del generale dei Carabinieri Nistri: "Chi sa parli" 

Ilaria Cucchi: "Mi si scalda il cuore"

Non nasconde l'emozione la sorella di Stefano: "La lettera è stata per me un momento emotivamente molto forte. Perché è arrivata dopo anni in cui io e la mia famiglia ci siamo sentiti traditi. Non dimenticherò mai la telefonata del generale Vittorio Tomasone pochi giorni dopo la morte di Stefano. Disse a mia madre che i carabinieri erano estranei, mentre oggi sappiamo altro" dice a Repubblica.

"Mi si scalda il cuore, finalmente non mi sento sola [...] Oggi posso dire che l’Arma è con me e non con Mandolini, imputato di calunnia nel processo, o con Casarsa, indagato per i falsi che dovevano nascondere la verità".

Caso Cucchi: tutte le tappe

"Voglio chiedere scusa alla famiglia Cucchi": le parole del carabiniere Francesco Tedesco

"Innanzitutto io voglio chiedere scusa alla famiglia Cucchi e agli agenti della polizia penitenziaria imputati al primo processo. Per me questi anni sono stati un muro insormontabile". Così al processo Cucchi-bis in Corte di Assise, a Roma, è iniziata quest'oggi la deposizione del carabiniere Francesco Tedesco, il supertestimone che ha rivelato a nove anni di distanza dai fatti che il geometra 31enne venne ‘pestato’ da due suoi colleghi, imputati come lui di omicidio preterintenzionale.

Durante la lettura del provvedimento emanato dopo la richiesta di acquisizione di alcuni atti, il presidente della Corte, Vincenzo Gaetano Capozza, ha detto che "non bisognerebbe mai dimenticare che qui si sta celebrando un processo a cinque appartenenti all’Arma dei carabinieri e non all’Arma dei carabinieri".

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Nistri scrive a Ilaria Cucchi: la lettera integrale

"Gentile Signora Ilaria Cucchi, ho letto con grande attenzione la lettera aperta che ha pubblicato sul suo profilo Facebook. - inizia Nistri la lettera - Sabato scorso, a Firenze, nel rispondere a una domanda di una giornalista, pensavo a voi e alla vostra sofferenza, che ho richiamato anche nel nostro ultimo incontro. Pensavo alla vostra lunga attesa per conoscere la verità e ottenere giustizia. Mi creda, e se lo ritiene lo dica ai suoi genitori, abbiamo la vostra stessa impazienza che su ogni aspetto della morte di Suo fratello si faccia piena luce e che ci siano infine le condizioni per adottare i conseguenti provvedimenti verso chi ha mancato ai propri doveri e al giuramento di fedeltà".

"Abbiamo la vostra stessa impazienza - prosegue Nistri - perché il vostro lutto ci addolora da persone, cittadini, nel mio caso, mi consenta di aggiungere: da padre. Lo abbiamo perché anche noi la stragrande maggioranza dei carabinieri, come lei stessa ha più volte riconosciuto, e di ciò la ringrazio crediamo nella giustizia e riteniamo doveroso che ogni singola responsabilita' nella tragica fine di un giovane vita sia chiarita, e lo sia nella sede opportuna, un'aula giudiziaria".

"Proprio il rispetto assoluto della legge - continua il generale - nella lettera ci costringe ad attendere la definizione della vicenda penale. Come vuole la Costituzione, la responsabilità penale è personale. Abbiamo bisogno che sia accertato esattamente, dai giudici, 'chi' ha fatto 'che cosa'. Nell'episodio riprovevole delle studentesse di Firenze, il contesto era definito dall'inizio. C'erano responsabilità dei militari sin da subito impossibili da negare, almeno nell'aver agito all'interno di un turno di servizio e con l' uso del mezzo in dotazione, quando invece avrebbero dovuto svolgere una pattuglia a tutela del territorio e dei cittadini. In questo caso, abbiamo purtroppo fatti sui quali discordano perizie, dichiarazioni, documenti. Discordanze che saranno pero' risolte in giudizio. Le responsabilita' dei colpevoli porteranno al dovuto rigore delle sanzioni, anche di quelle disciplinari".

"Comprendiamo l'urgenza e la necessità di giustizia, cosi' come lo strazio di dover attendere ancora. Ma gli ulteriori provvedimenti, che certamente saranno presi, non potranno non tenere conto del compiuto accertamento e del grado di colpevolezza di ciascuno. - prosegue ancora Nistri - Ciò vale per il processo in corso alla Corte d' Assise. E ciò varrà indefettibilmente anche per la nuova inchiesta avviata dal Pubblico Ministero nella quale saranno giudicati coloro che oggi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere". "Io per primo, e con me i tanti colleghi, oltre centomila, che ogni giorno rischiano la vita - conclude Nistri - soffriamo nel pensare che la nostra uniforme sia indossata da chi commette atti con essa inconciliabili e nell'essere accostati a comportamenti che non ci appartengono".

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