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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca Roma

Caso Cucchi, chiesti 18 anni per i carabinieri autori del pestaggio

Questa la richiesta di condanna del pm Giovanni Musarò nei confronti dei due agenti, accusati di omicidio preterintenzionale: "Impossibile dire che non ci sia nesso tra il pestaggio e la morte"

Diciotto anni di reclusione. Questa la richiesta di condanna per i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, accusati di omicidio preterintenzionale per la morte di Stefano Cucchi, il geometra arrestato il 15 ottobre del 2009 per droga e deceduto una settimana dopo all'ospedale Sandro Pertini di Roma. Il pm Giovanni Musarò ha chiesto inoltre di condannare a 8 anni di reclusione il maresciallo Roberto Mandolini (all'epoca dei fatti comandante interinale della Stazione Appia) per l'accusa di falso, mentre il non doversi procedere per prescrizione dall'accusa di calunnia è stata sollecitata per il carabiniere Vincenzo Nicolardi e per Francesco Tedesco e Roberto Mandolini.

Caso Cucchi, il pm: ''E' un processo a cinque traditori''

"Questo non è un processo all'Arma dei Carabinieri, come la difesa di Roberto Mandolini ha insinuato nel corso dell'udienza dello scorso 8 marzo per opporsi alla richiesta di acquisizione della nuova documentazione",  ha detto il pm Giovanni Musarò durante la sua requisitoria nell'aula bunker di Rebibbia.

"Questo è un processo contro cinque esponenti dell'Arma dei Carabinieri i quali nel 2009, come altri esponenti dell'Arma, oggi imputati in altro procedimento penale che violarono il giuramento di fedeltà alle leggi e alla Costituzione, tradendo innanzitutto l'Istituzione di cui facevano e fanno parte" ha aggiunto.

"E la migliore riprova di tale assunto è rappresentata dal fatto che l'acquisizione di alcuni elementi decisivi, sia ai fini di questo processo sia ai fini di quello sui depistaggi del 2015, è stata possibile grazie alla leale collaborazione offerta nel 2018 e nel 2019 proprio dall'Arma dei Carabnieri, in particolare dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma, dal Reparto Operativo e dal Nucleo Investigativo, i cui componenti hanno profuso impegno e intelligenza ai fini della esatta ricostruzione dei fatti: ci si riferisce in particolare al rinvenimento di documenti che sono risultati di fondamentale rilevanza".

''Impossibile dire che non ci sia nesso tra pestaggio e morte''

"Per sgombrare definitivamente il campo da strumentali insinuazioni - ha continuato Musarò nella requisitoria -, non si può sottacere che straordinaria importanza, anche dal punto di vista simbolico, ha assunto la costituzione di parte civile del Comando Generale dei Carabinieri nel cosiddetto processo dei depistaggi".

"Nella vicenda Cucchi i depistaggi hanno toccato picchi da film dell'orrore. La responsabilità è stata scientificamente indirizzata verso tre agenti della Polizia Penitenziaria. Ma il depistaggio ha riguardato anche un ministro della Repubblica che è andato in Senato e ha dichiarato il falso davanti a tutto il Paese" ha aggiunto il pm.

"E' impossibile - continua Musarò - dire che non ci sia un nesso di causalità tra il pestaggio e la morte" di Stefano. "I periti parlano di multifattorialità a produrre la morte di Cucchi. Ma tutti i fattori hanno un unico denominatore - ha ribadito - sono connessi al pestaggio, sono connessi al trauma subito da Cucchi".

Ilaria Cucchi: ''Il processo ci riavvicina allo Stato''

"Questo processo ci riavvicina allo Stato. Riavvicina i cittadini e lo Stato. Io non avrei mai creduto di trovarmi in un'aula di giustizia e respirare un'aria così diversa. Sembra qualcosa di così tanto scontato eppure non è così. Se ci fossero magistrati come il dottor Musarò non ci sarebbe bisogno di cosiddetti eroi o della sorella della vittima che sacrifica dieci anni della sua vita per portare avanti sulle sue spalle quella che è diventata la battaglia della vita". Lo ha detto la sorella di Stefano Cucchi, Ilaria, dopo le richieste di condanna del pm Giovanni Musarò.

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