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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Morte Andreotti, il giorno del ricordo: camera ardente e funerale

Folla di big della politica, da Napolitano a Letta, alla camera ardente allestita nella casa di corso Vittorio Emanuele. Solo parenti e amici stretti nella vicina chiesa di San Giovanni dei fiorentini

ROMA. "Luci e ombre" è una delle perifrasi ricorrenti del mondo politico nel ricordare il senatore a vita Giulio Andreotti, scomparso ieri a Roma all'età di 94 anni. Dopo la camera ardente, riservata solo agli amici e allestita nella sua casa di corso Vittorio Emanuele, alle 17 si sono tenuti i funerali nella vicina chiesa di San Giovanni dei Fiorentini. Cerimonia strettamente privata per desiderio della famiglia.

FUNERALI - All'ingresso del feretro nella chiesa di San Giovanni dei fiorentini si è levato un lungo applauso. Presenti nelle prime file il presidente del senato Pietro Grasso, il sindaco Gianni Alemanno, Pier Ferdinando Casini, Ciriaco De mita, Arnaldo Forlani e, tra gli altri, la figlia di Alcide De Gasperi, Romana. Presente anche una rappresentanza giovanile As Roma. Fuori dalla chiesa, per circa 200 metri si è assiepata la folla dei romani per l'ultimo saluto.

CAMERA ARDENTE - Stamani, intanto, a rendere omaggio ad Andreotti anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che si è trattenuto a casa del senatore a vita per circa una ventina di minuti. Una volta uscito, un breve dialogo con Gianni Letta e subito via senza nessuna dichiarazione alla stampa. Ieri Napolitano aveva ricordato come "sulla lunga esperienza di vita del senatore Giulio Andreotti e sull'opera da lui prestata in molteplici forme nel più vasto ambito dell'attività politica, parlamentare e di governo, potranno esprimersi valutazioni approfondite e compiute solo in sede di giudizio storico".

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Pietro Grasso ha voluto ricordare un uomo che ha rivestito "un ruolo di grande rilievo nell'attività politica, parlamentare, di governo, internazionale per oltre sessant'anni". Per il presidente del Senato "nell'arco di una vita professionale così ampia non possono che esserci luci e ombre. C'è stata una verità giudiziaria, ci sarà anche una verità storica".

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Resta sulle sue posizioni, al di là "del rispetto per la morte di un uomo", l'ex procuratore di Palermo Giancarlo Caselli, il grande accusatore di Andreotti nel processo per associazione a delinquere con la mafia, convinto che "le carte sono chiare" e che il sette volte presidente del consiglio si sia salvato solo "perchè il reato è stato prescritto". Tra detrattori ed estimatori il 'collega' Paolo Cirino Pomicino, ex ministro Dc, ha osservatori che "la colpa di Andreotti è quella di essere stato politicamente troppo longevo. Sette volte presidente del Consiglio dei ministri, ventidue volte ministro: in una società moderna ci sono tanti altri poteri oltre a quello politico e una longevità politica così lunga non è tollerata dagli altri poteri".

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