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Giovedì, 18 Aprile 2024
Disabili

“Il ghetto di Telecom Italia”: solo disabili nel call center

Un gruppo di lavoratori viene trasferito da tutta Italia in un unico ufficio a Roma. La ragione? Sono tutti disabili o hanno un familiare con disabilità. I dirigenti creano il 'ghetto' e i lavoratori denunciano

Un anno fa un gruppo di lavoratori dei call center di Telecom Italia viene trasferito coattamente in un ufficio in Via Oriolo Romano nella Capitale. Sessanta persone in tutto con una caratteristica in comune: la disabilità. I dirigenti li avevano assunti attraverso la legge 104 del 1992 che riguarda "l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate".

Qui si ritrovano a lavorare solo coloro che o hanno una disabilità o prestano assistenza a un familiare che la presenta. Ecco perché i dipendenti lo hanno ribattezzato "il ghetto di Telecom Italia": “Sono stati circa 350 i trasferimenti disposti dall’azienda in tutta Italia: solo di quelli destinati a via Oriolo Romano, il 47,5% ha la legge 104. Eppure, fino a questo momento l’azienda aveva tutelato questa categoria di lavoratori” così denuncia Elena Lucà, una delle lavoratrici e mamma di un ragazzo disabile.

La situazione attuale più che tentare "l'integrazione sociale" sembra invece discriminare tutti i dipendenti, violandone anche i diritti previsti dalla stessa normativa, tra cui proprio la prossimità casa-lavoro. “Io abito in Prati e lavoravo sull’Aurelia, la sede più vicina. Ora è tutto molto più complicato. Ma la situazione è grave soprattutto per i lavoratori disabili. Si è creato un luogo di lavoro allucinante, dove stanno insieme tante persone che stanno male, spesso con problemi mentali anche seri. Il tutto, senza neanche una comunicazione scritta - spiega Elena - la maggior parte di noi ha subito anche un demansionamento. Io ad esempio ero impiegata da 22 anni, ora mi ritrovo in un call center: peraltro ci hanno già anticipato che, tra circa un anno, il settore sarà esternalizzato e quindi tutti noi rischiamo di restare presto a casa”.

Più che un'applicazione della 104 sembra essere una violazione della norma, a cui si aggiunge anche il demansionamento che alcuni di loro hanno subito, che riguarda alcune mansioni assegnate non legate all’inquadramento contrattuale e la sottrazione dei compiti precedentemente esercitati. Tutti avrebbero dovuto accettare il trasferimento, pena il licenziamento. Elena è stata la prima a denunciare la situazione: “Cinque di noi si sono rivolti a un avvocato: tutti noi abbiamo la 104 per un minore. La prima sentenza è attesa per marzo. Se ci darà ragione, entro 90 giorni l’azienda dovrà trasferirci. Altrimenti procederemo per le vie legali”.

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