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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca Cina

Funzionario cinese "minaccia" (al Quirinale) una giornalista italiana: tutto normale?

La giornalista del Foglio Giulia Pompili ha raccontato di essere stata intimidita al Quirinale da un funzionario dell'ambasciata cinese in Italia: "Smettila di parlare male della Cina", "so benissimo chi sei". Solidarietà da più parti. La libertà di stampa in Cina è un problema

I resoconti sul menù proposto agli ospiti della delegazione cinese in visita di Stato a Roma, gli abiti indossati e altre facezie di costume ve li risparmiamo volentieri.

C'è una piccola significativa storia che invece non può passare sotto silenzio. Stiamo parlando di ciò che è successo a una giornalista del Foglio, la collega Giulia Pompili. Ieri era a Roma, al Quirinale, per seguire insieme a molti altri giornalisti italiani e stranieri la conferenza stampa del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Xi Jinping, segretario generale del Partito Comunista e Presidente della Repubblica popolare cinese, nell’ambito dellle firme per un accordo commerciale col governo italiano

Funzionario ambasciata cinese in Italia minaccia giornalista

Durante la visita, la giornalista del Foglio Giulia Pompili, esperta di questioni politiche orientali, ha raccontato di essere stata minacciata più volte da Yang Han, un funzionario cinese che da circa sei mesi è il portavoce dell’ambasciata della Cina in Italia. Le cose sono andate così: Pompili ha riferito che Yang le ha ripetuto due volte di "smettere di parlare male della Cina", ma non solo. Le avrebbe poi rivolto altre frasi dal chiaro tono minaccioso come "so benissimo chi sei".

Pompili, nonostante la comprensibile sorpresa, ha ribadito al funzionario che il lavoro del giornalista consiste "nel raccontare quel che succede". Il quotidiano il Foglio ha deciso di rendere pubblica la conversazione, se così si può definire, andata in scena nel corridoio che porta alla Sala degli Specchi del Palazzo del Quirinale.

Il Foglio ha tenuto in passato una posizione molto critica sulla Cina e soprattutto sulla Belt and Road Initiative, sostenendo che ci sono in ballo "obiettivi strategici e culturali rilevanti, sui quali il nostro controllo è minimo, se non nullo". Da più parti giunge solidarietà alla giornalista. 

La libertà di stampa in Cina non è una delle priorità del governo ed è un problema secondo il bilancio annuale di Reporters sans frontières, organizzazione no-profit che promuove e difende la libertà di informazione e la libertà di stampa: nel 2018 è aumentato nel mondo il numero di giornalisti detenuti, sono 348 (nel 2017 erano 326). Oltre la metà dei reporter in prigione si trova in cinque Paesi: Iran, Arabia Saudita, Egitto, Turchia e Cina.

Il rapporto dell'anno precedente della medesima organizzazione rilevava che la Cina "resta la più grande prigione di giornalisti al mondo e perfeziona anche il suo arsenale di misure per reprimere giornalisti e blogger".

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