rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Crotone

Le uccisero il figlio davanti agli occhi, il grido di Katia: “Dove sono le istituzioni?”

In due video appelli diffusi dalla Dire a Mattarella e a Salvini, la madre del giovane Giuseppe Parretta ucciso nel 2018 da un pregiudicato, proprio all'interno del centro antiviolenza da lei gestito, lamenta il silenzio da parte delle istituzioni dopo le iniziali passerelle

Il 13 gennaio 2018, a Crotone, il 18enne Giuseppe Parretta fu ucciso a colpi d’arma da fuoco all’interno del centro antiviolenza gestito dalla madre. Il processo a Salvatore Gerace, il pregiudicato con diversi precedenti alle spalle accusato dell’omicidio, è tutt’ora in corso. Quando Giuseppe fu ucciso, insieme a lui c’erano la madre Katia Villirillo e i fratellini. Da quel giorno, Katia, presidente dell'associazione “Libere Donne”, non ha mai smesso di chiedere un segnale di vicinanza da parte delle istituzioni. Lo ha rifatto anche ora, con due video appelli indirizzati tramite l’agenzia Dire al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al ministro dell’Interno Matteo Salvini.

“Mio figlio è stato ucciso barbaramente davanti agli occhi della sua famiglia, in pieno giorno, come se avessero colpito lo Stato, per far vedere questo omicidio. Ucciso in un centro antiviolenza perché io stessa ho messo le mani dappertutto: ho avuto casi di cosche mafiose, giri di prostituzione. Sono stata toccata per aver servito lo Stato”, dice nel video messaggio a Mattarella la madre di Giuseppe, che qualche tempo fa, in un’intervista all’agenzia Dire, aveva accusato: “L’associazione, le persone che venivano al centro davano fastidio al malaffare e all’attività di spaccio del Gerace”. L'uomo poi si sarebbe convinto anche che Giuseppe avesse fatto la spia con i carabinieri. Pochi mesi dopo l’omicidio del figlio (“è stato più doloroso ucciderlo davanti ai miei occhi anziché uccidere me, è stato come uccidermi due volte. Una condanna a morire con questo dubbio, con questo rimorso”), Katia ha riaperto il centro antiviolenza “Libere donne”, negli stessi spazi di via Ducarne, dove ha visto morire Giuseppe, nonostante avesse chiesto di poter avere un'altra sede. 

giuseppe parretta ansa-2

(Giuseppe Parretta in una foto di repertorio Ansa)

“Io mi chiedo dove sono le istituzioni. Sento questa mancanza della loro mancanza di quelle istituzioni che avrebbero dovuto sostenermi – dice la donna nel messaggio - Mi trovo ancora in via Ducarne, non ho avuto le telecamere né prima dell’omicidio, perché le avevo chieste, né dopo. Come se qualcuno aspettasse che altri finissero il lavoro che è stato lasciato in sospeso. La frase usata dal Gerace fu: ‘Ti è andata bene, ero venuto per fare una strage’. Mi hanno lasciato lì, nello stesso posto dove hanno ucciso mio figlio, condannandomi a rivivere tutti i giorni insieme al resto della famiglia quel dolore. Lo stesso posto dove ho visto mio figlio spegnersi in un attimo. Allora mi chiedo: se ho servito la giustizia e lo Stato, perché non esistono dei progetti mirati, perché nessuno pensa al dolore delle famiglie, dei sopravvissuti”.

Katia si rivolge anche al ministero dell’Interno Salvini. “Sento la solitudine e la mancanza delle istituzioni – ribadisce – Non l’ho vista venire a Crotone, non ho visto nessun messaggio dalle istituzioni regionali, la vicinanza delle amministrazioni del mio territorio, sono state tutte passerelle. Chiedo la vicinanza sua e dello Stato. Lei parla di famiglia e valori, quei valori che mio figlio aveva”. Nel video, Katia chiede a Salvini un aiuto per i due figli sopravvissuti, affinché possano ancora “credere nella legalità”.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Le uccisero il figlio davanti agli occhi, il grido di Katia: “Dove sono le istituzioni?”

Today è in caricamento