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Giovedì, 18 Aprile 2024
ILVA

Così l'Ilva uccide anche chi non è nato: diossina nel latte materno

La faccia più tragica del disastro ambientale di Taranto. Le analisi sul latte materno confermano le paure: diossina con valori che superano i limiti di legge fino al 1500%.

TARANTO - Come se la vita avesse una data di scadenza, per nulla distante. Come se fosse possibile, per una mamma, sapere che avvelenerà suo figlio. Perché, in fondo, sarà lei ad avvelenare il suoi bimbo, dopo che la sua città per anni ha avvelenato lei. Era il terrore più grande dei cittadini. Nessuno fino ad ora aveva controllato, forse per paura. E quel terrore ora è incubo: il latte delle mamme di Taranto è contaminato. Era impossibile che fosse diverso, era insperabile che il veleno non si passasse di generazione in generazione.  

La conferma, tremenda, arriva dal Fondo Antidiossina. "Una decina di campioni del latte di mamme di Taranto sono stati analizzati da centri accreditati - ha annunciato il presidente Fabio Matacchiera - nei campioni sono stati rilevati superamenti dei valori di azioni di diossine, su materia grassa, a partire dal 700% fino al 1500% rispetto ai limiti stabiliti per legge per latte crudo e prodotti lattiero caseari". I mostri hanno un nome preciso, fa paura anche quello: policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani e policlorobifenili.

Quindi, per aggiungere orrore all'orrore, "significative" concentrazioni di alcuni Idrocarburi policiclici aromatici, come benzo(a)pirene, crisene e benzo(a)antracene, sono state riscontrate nel latte materno di altre due donne di Taranto che hanno accettato di sottoporsi ad una indagine pilota commissionata sempre dal Fondo Antidiossina onlus. Nelle due donne sono stati riscontrati valori di 6,04 e di 2,42 microgrammi su chilogrammo, a fronte di un tenore massimo previsto per norma di 1 microgrammo su chilogrammo. 

"Abbiamo pensato di far analizzare altri due campioni di latte prelevato da due mamme primipare - ha spiegato Matacchiera - considerando le criticità determinate a Taranto dalla presenza degli Ipa a causa delle cokerie che producono ed immettono nell'ambiente queste sostanze. Ricordiamo, a tal proposito, che nel 2010 l'Arpa Puglia affermò che il 98,5% del benzo(a)pirene rilevato nel quartiere Tamburi proveniva dalla cokeria Ilva".

Sono state scelte "altre due mamme del borgo di Taranto. Una, in particolare, ha lavorato otto ore al giorno - ha precisato l'ambientalista - per molti anni in una azienda molto prossima all'industria siderurgica. Abbiamo riscontrato per entrambi i campioni significative concentrazioni di alcuni Ipa. In particolare, per la mamma che ha lavorato in prossimità dell'area industriale, si è riscontrato un valore della somma di benzo(a)pirene, benzo(a)antracene, benzo(b)fluorantene e crisene pari a 6,04 microgrammi su chilogrammo, a fronte di un tenore massimo previsto per norma di 1 microgrammo/kg, valore di gran lunga superato nei campioni analizzati". 

Per il secondo campione "si è riscontrato un valore di 2,42 microcrammi/kg, dato dalla somma di benzo(a)pirene, benzo(a)antracene, benzo(b)fluorantene, crisene. Un valore più basso del precedente campione, ma anche in questo caso - ha concluso Matacchiera - superiore al tenore massimo previsto per legge". Ma di legale nel disastro Ilva, forse, c'è davvero poco

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