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Venerdì, 29 Marzo 2024

Manca l'interprete e così il trafficante di droga non può essere processato

Il processo a Venezia è fermo perché l'imputato ha il diritto di ottenere la traduzione dei capi d’accusa nella sua lingua, l'urdu, scrive il Gazzettino

Una vicenda paradossale ma purtroppo vera, verissima. Non si può processare un trafficante di droga pakistano. Il tribunale non ha un interprete di urdu, una delle 12 lingue parlate in Pakistan. Quindi il processo è fermo perché l'imputato ha il diritto di ottenere la traduzione dei capi d’accusa nella sua lingua. Per l'assenza dell'interprete si è quindi arenato il processo a Venezia.

Gianluca Amadori sul Gazzettino scrive:

“A sancire questo principio di civiltà – più volte ribadito in sede europea – è il decreto legislativo 101 del 1° luglio 2014. Ma, da quando la legge è entrata in vigore, lo scorso 16 agosto, sono iniziati i problemi. Gli uffici giudiziari devono far fronte al nuovo adempimento senza adeguati mezzi, né risorse economiche supplementari: così ogni giorno le cancellerie sono costrette a dedicare ore alla ricerca di un interprete per poter celebrare udienze di convalida e processi per direttissima".

Sono alcuni paesi africani e asiatici quelli più problematici sotto questo punto di vista.

"Ne sanno qualcosa alla cancelleria Gip del Tribunale di Venezia che, da un paio di giorni, sta cercando senza risultato un interprete in grado di tradurre l’urdu, una delle 12 lingue del Pakistan (è lingua nazionale ma la maggior parte della popolazione parla la lingua Punjabi) per poter capire cosa dice un trafficante di droga arrestato all’aeroporto, “imbottito” di ovuli di eroina, e per informarlo dei suoi diritti".

Non basta più come qualche anno fa che venisse convocato un connazionale che vivesse in Italia da qualche tempo e che verbalmente potesse tradurre i capi d’accusa, ora è necessario tradurre e mettere tutto per iscritto:

"Oggi all’interprete viene chiesto di tradurre per iscritto, dall’italiano alla lingua dell’arrestato, i documenti giudiziari, tra cui l’ordinanza di custodia cautelare; il tutto in pochi giorni. Un lavoro che richiede capacità e competenze ben superiori e che, di conseguenza, limita il numero dei possibili traduttori a disposizione degli uffici giudiziari. La “caccia” all’interprete è soltanto all’inizio".

Fonte: Il Gazzettino →
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