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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

"Una legge Mastrogiovanni per i morti di Tso"

I Radicali italiani chiedono una legge che porti il nome del "maestro più alto del mondo", morto dopo essere rimasto legato al letto per quattro giorni, per tutelare malati e familiari che si trovano in situazioni analoghe e garantire la massima trasparenza delle condizioni di cura all'interno dei reparti psichiatrici

Pochi giorni fa la Corte d'Appello di Salerno ha condannato sei medici e undici infermieri per la morte di Franco Mastrogiovanni, il maestro elementare di Castelnuovo Cilento sottoposto nel 2009 a trattamento sanitario obbligatorio nell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania e morto dopo essere rimasto legato mani e piedi per quattro giorni nel suo letto. I giudici hanno ridotto le pene per i medici e ritenuto gli infermieri - che in primo grado erano stati assolti - responsabili di non aver prestato la dovuta assistenza al malato. I medici sono stati condannati a pene che vanno dai 13 mesi ai due anni, gli infermieri dai 14 mesi ai 15 mesi. Per tutti, però, la pena è sospesa. In altre parole: continueranno a lavorare in ospedale.

"Caro zio Franco - è stato il commento a caldo di Grazia Serra, nipote di Mastrogiovanni - sono TUTTI responsabili della tua morte, medici e infermieri. Ma, ai medici, rispetto alle condanne di primo grado, sono state ridotte le pene e revocata l'interdizione dai pubblici uffici. TUTTI continueranno a lavorare. Continuerà a lavorare il medico che ha ordinato di legarti mentre dormivi, quello che ha deciso che non dovevi essere mai slegato, quello che ha deciso che la tua famiglia era meglio tenerla lontana da te, quello che ti ha sentito russare anche se morto da ore, quello che ha pensato che a un cadavere si potesse fare un massaggio cardiaco. Caro zio Franco, si saranno resi conto di quello che hanno fatto?".

Di fronte allo "spaccato" dei reparti di psichiatria italiani che questo processo rivela, e di fronte al moltiplicarsi dei casi di "morte per Tso" di cui sempre più spesso si ha notizia, i Radicali italiani, attraverso il segretario Riccardo Magi e il tesoriere Michele Capano - che ha assistito da avvocato la sorella di Mastrogiovanni - chiedono una legge che porti il nome del "maestro più alto del mondo", come lo chiamavano affettuosamente i suoi alunni. 

Dottor Capano, la sentenza d'appello ribalta quella di primo grado ma solo in parte: condannati medici e infermieri sì, ma con pene sospese e interdizione dai pubblici uffici cancellata... Che ne pensa?

Apprezziamo il ribaltamento delle valutazioni che il giudice di primo grado del Tribunale di Vallo della Lucania aveva compiuto circa gli infermieri: mentre la sentenza di primo grado aveva assolto questi ultimi ritenendo di non poterli rimproverare per avere "ubbidito" agli ordini dei medici, oggi - per quanto occorra aspettare le motivazioni della sentenza per una valutazione più completa - viene affermato il principio per cui la qualificazione professionale dell'infermiere e la manifesta criminosità della condizione a cui era stato ridotto il professor Mastrogiovanni, impongono di condannare chi ha assistito e avallato con il suo operato tutto ciò senza opporvisi. Ma in una situazione del genere, può un infermiere prendere un anno e qualche mese e un medico solo sei mesi in più? Chi ha una responsabilità decisionale è diverso da chi ha una responsabilità esecutiva. E' iniquo mettere quasi sullo stesso piano medici e infermieri dal punto di vista delle condanne, iniquo nei confronti degli infermieri. Tanto più che l'imputazione di falso in atto pubblico per la cartella clinica che non riportava la contenzione era un reato attribuito solo ai medici... Il problema di fondo rispetto al fatto che i condannati continuano a lavorare è: qual è la cultura di cui loro si fanno portatori? Nelle udienze i medici hanno difeso la bontà della contenzione, si sono giustificati. Se loro stessi sono portatori di questa cultura, il problema non è tanto non farli più lavorare, ma chiedersi cosa può accadere nei reparti ospedalieri in cui questi signori continuano a lavorare.

L'agonia di Franco Mastrogiovanni - Foto dal web

In una vicenda analoga - quella di Giuseppe Casu, morto in ospedale a Cagliari dopo sette giorni di ricovero per trattamento sanitario obbligatorio nel reparto di psichiatria dell'ospedale cittadino - i giudici d'appello hanno confermato l'assoluzione dei medici scrivendo però che si tratta di un "macroscopico caso di malasanità". Anche per questo la sentenza d'appello sul caso Mastrogiovanni rappresenta comunque un passo avanti? 

E' indubbiamente un passo avanti, reso possibile - a differenza della vicenda Casu - anche dall'evidenza delle immagini delle telecamere interne dell'ospedale che hanno mostrato la contenzione e l'agonia di Mastrogiovanni. Grazie anche a quel documento, i giudici di Salerno hanno stabilito che ci furono precise responsabilità nella morte del professore.

Perché una "legge Mastrogiovanni"? Quali sono gli obiettivi del vostro progetto di riforma?

Vogliamo una legge che per in primis preveda un'assistenza legale obbligatoria per i malati che si trovino in queste situazioni: chi è sottoposto a Tso deve avere immediatamente un avvocato, così come accade per l'assegnazione di un legale a un arrestato. Il secondo punto, invece, è sulla disciplina del reparto in cui si svolge il trattamento sanitario obbligatorio: va garantita la massima trasparenza delle condizioni di cura all'interno dei reparti psichiatrici. Perché ai parenti non viene consentito di entrare in una stanza d'ospedale? Nel caso del maestro di Vallo della Lucania ai familiari non è stata permessa neppure una visita in reparto per sincerarsi delle condizioni del congiunto. Soltanto dopo l’apertura dell’inchiesta poterono rendersi conto di quanto fosse avvenuto tra le mura del reparto attraverso le immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza. Video che furono anche resi pubblici. Cose del genere non devono mai più accadere.

Quando e come presenterete questa vostra proposta?

La appronteremo entro fine anno, coinvolgendo anche le associazioni impegnate su questo fronte. Potremmo accompagnarla anche con un'iniziativa popolare di raccolta firme.

Di recente la Camera ha approvato la normativa sulla videosorveglianza: telecamere a circuito chiuso in asili, scuole d'infanzia e strutture per anziani e disabili per contrastare gli abusi sulle persone più indifese. Nel caso di Mastrogiovanni le telecamere dell'ospedale di Vallo della Lucania hanno mostrato la contenzione e l'agonia del paziente, eppure le condanne non sono state esemplari...

Questo segnala come anche dal punto di vista della cultura giudiziaria in Italia ci sia molto cammino da fare. E' sempre più facile dare una pena severa a uno straccione che a un medico. E lo dico da radicale, da chi di certo non vede il carcere come strumento "perfetto".
 

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