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Venerdì, 19 Aprile 2024
Il caso

Mafia Capitale, Renzi furioso: "Chi ruba va in galera"

Il nuovo filone dell'inchiesta sulla gestione dei migranti ha evidenti ripercussioni politiche, con il premier che garantisce tolleranza zero: "Un Paese solido deve combattere la corruzione con grande decisione"

ROMA - C'è imbarazzo nel Pd sotto assedio per gli sviluppi dell'inchiesta su Mafia Capitale, che ieri ha aperto le porte del carcere a quarantaquattro tra consiglieri comunali e regionali, funzionari pubblici, manager delle cooperative del terzo settore. Gli arresti eccellenti , anche tra i "dem", hanno scosso i vertici del partito. E se il presidente nazionale e commissario del Pd romano Matteo Orfini allontana ogni sospetto - "Il Pd è il partito dell'antimafia capitale" - e difende il sindaco Ignazio Marino (non coinvolto nell'inchiesta), la paura è che la giunta possa saltare. Marino non si tocca, almeno per ora: sembra essere questo il mantra dei vertici del partito.  "Lasciare il Campidoglio? Lo farò nel 2023, alla fine del mio secondo mandato", ha detto il primo cittadino.

LE POLEMICHE - Sul "romanzo" a puntate che sta stravolgendo la politica romana è intervenuto il premier Matteo Renzi: "Un Paese solido è quello che combatte la corruzione con grande decisione e grande forza, come stiamo facendo in Italia, mandando chi ruba in galera". "Ovviamente con la presunzione di innocenza, ma quando arriverà la sentenza definitiva è giusto che chi ha violato la regole del gioco paghi tutto, fino in fondo e fino all'ultimo centesimo", ha aggiunto. Va all'attacco il Movimento 5 stelle: "Ho una brutta notizia per Renzi: è finita l'epoca del 'non sono stato io'. E' finita l'epoca delle scuse, da quando lui è segretario sono circa 50 gli arrestati e indagati nel Pd", ha dichiarato il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio. "Ma soprattutto - ha aggiunto - li ricandidano, li proteggono, Marino ha preso 60mila voti da gente arrestata o indagata per Mafia capitale. De Luca ha preso i voti di Barbato sotto indagine per compravendita di voti. E ricordiamoci di Tassone, che Orfini ha difeso in conferenza stampa. E ricordiamoci di altri personaggi come Faraone, nella segreteria del Pd, che è indagato".

Dentro i centri d'accoglienza di Mafia Capitale | Foto di Selene Cilluffo

GLI SVILUPPI DELL'INCHIESTA - Associazione di tipo mafioso, corruzione, turbativa d'asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori. Sono questi i principali reati contestati ai 44 arrestati a Roma, Rieti, Frosinone, L'Aquila, Catania ed Enna, in quella che ormai è stata definita la "seconda puntata" di Mafia Capitale. Gli sviluppi delle indagini condotte dai carabinieri nei confronti del gruppo mafioso facente capo a Massimo Carminati hanno confermato l'esistenza di una struttura mafiosa operante a Roma, che faceva da cerniera tra ambiti criminali ed esponenti degli ambienti politici, amministrativi ed imprenditoriali locali. Un sodalizio, politicamente trasversale, interessato alla gestione dei centri di accoglienza per gli immigrati e ai consistenti finanziamenti pubblici connessi.

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ARRESTI ECCELLENTI - In manette è finito il consigliere comunale di Forza Italia, Luca Gramazio, al quale - secondo il gip Flavia Costantini - sono state versate mazzette per oltre 100mila euro dal gruppo guidato da Massimo Carminati. Secondo l'accusa Gramazio svolgeva un ruolo di collegamento tra l'organizzazione da un lato e la politica e le istituzioni dall'altro, "ponendo al servizio della stessa il suo munus publicum e il suo ruolo politico". In particolare, il consigliere regionale avrebbe avuto "98mila euro in contanti in tre tranche (50.000-28.000-20.000)"; ma anche "15mila euro con bonifico per finanziamento al comitato Gramazio". Inoltre anche per "l'assunzione di 10 persone, cui veniva garantito nell'interesse di Gramazio uno stipendio; la promessa di pagamento di un debito per spese di tipografia". A carico di Gramazio è ipotizzata "l'aggravante di aver agito al fine di agevolare l'associazione di tipo mafioso indicata al capo 23)".

Agli arresti anche due esponenti del Pd, l'ex presidente del consiglio comunale di Roma, Mirko Coratti e l'ex assessore alla casa del Campidoglio, Daniele Ozzimo, che si erano dimessi dagli incarichi in seguito alla prima ondata di indagini. Nei guai anche i consiglieri dell'aula Giulio Cesare, Massimo Caprari (Centro Democratico) e Giordano Tredicine (Forza Italia); e l'ex presidente del X municipio, quello di Ostia, Andrea Tassone (Pd), accusato di aver intascato tangenti per 30 mila euro. Il gip ha stabilito la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di altre persone già detenute, come Salvatore Buzzi, Claudio Caldarelli, Massimo Carminati, Nadia Cerrito, Paolo Di Ninno, Emilio Gammuto (già detenuto), Carlo Maria Guarany, Fabrizio Franco Testa. "La mucca se non mangia non può essere munta". Era questa la metafora che Salvatore Buzzi ripeteva nelle intercettazioni che sono alla base del secondo capitolo dell'inchiesta Mafia Capitale.

L'INTERCETTAZIONE SHOCK: "LA MUCCA DEVE MANGIARE"

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LA METAFORA DELLA MUCCA - Secondo la ricostruzione del gip Flavia Costantini, uno dei maggiori protagonisti della vicenda giudiziaria e presidente della Cooperativa 29 Giugno, viene contattato da un collaboratore dell'allora presidente del Consiglio Comunale Mirko Coratti per chiedergli un'assunzione di favore presso la sua struttura. E' qui che Buzzi ricorda che "la mucca deve mangiare", ricevendo come risposta: "Ahò. Questa metafora io glielo dico sempre al mio amico, mi dice: 'non mi rompere il c.... perché se questa è la metafora lui ha già, già fatto, quindi non mi rompere...'". 

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