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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Cresce il peso delle mafie straniere: "Cosa nostra evita gesti eclatanti"

Tanti spunti nella nuova relazione al parlamento della Dia (Direzione investigativa antimafia): "Oggi Cosa nostra cerca di evitare ostentazioni violente e gesti eclatanti, che susciterebbero inevitabilmente riprovazione sociale, al fine di perseguire al meglio i propri affari". Tra le mafie straniere, quella albanese è la più pericolosa. Quella nigeriana la più "impressionante"

I sequestri e le confische eseguiti dalla Direzione investigativa antimafia sono aumentati nel 2018, rispetto al 2017, rispettivamente di oltre il 400% e di oltre il 1000%. Il dato è contenuto nella Relazione della Dia al parlamento relativa al secondo semestre del 2018. Si tratta, rileva la Dia, di un "importante riscontro" al "processo di qualificazione delle investigazioni patrimoniali". Si tratta di "risultati importanti che, sommati a quelli conseguiti dal 1992, hanno permesso alla Dia di sequestrare patrimoni per oltre 24 miliardi di euro e di confiscarne per oltre 11 miliardi di euro, con più di 10.500 persone arrestate". "L'aggressione ai patrimoni, sia che maturi in ambito penale o della prevenzione, rappresenta il vero punto di forza per contrastare le mafie nel mondo. È questo il cuore della rinnovata strategia operativa della Dia - evidenzia il rapporto - su cui vengono fatte convergere, ai fini di una migliore qualificazione dei profili criminali dei soggetti da colpire, tutte le informazioni acquisite attraverso il monitoraggio e il controllo degli appalti pubblici, le segnalazioni di operazioni finanziarie sospette e, non ultimo, le investigazioni di polizia giudiziaria".

Relazione Dia: "Cosa nostra cerca di evitare gesti eclatanti"

"Oggi Cosa nostra cerca di evitare ostentazioni violente e gesti eclatanti, che susciterebbero inevitabilmente riprovazione sociale, al fine di perseguire al meglio i propri affari mantenendo, nel contempo, anche un certo consenso sociale. Questa nuova strategia, in relazione a quella stragista, sta consentendo, infatti, una penetrazione subdola e silente nel tessuto socio-economico-amministrativo, privilegiando, la tattica collusiva-corruttiva". Lo scrive la Direzione investigativa antimafia. "Gli accordi affaristici illeciti - prosegue il rapporto - sono quindi il frutto della reciproca convenienza tra le parti. La corruzione, fondata su un tessuto sociale ancora disponibile al compromesso e che ha i suoi punti di forza nel familismo, nell`assistenzialismo e in un diffuso clientelismo, è finalizzata ad interferire sul funzionamento della pubblica amministrazione, soprattutto a livello locale e per lo più in quei settori dove transitano cospicue risorse economiche, come quello della sanità, dei rifiuti, del comparto agro-alimentare".

"Considerato che i Comuni, anche quelli di piccole dimensioni possono essere rilevanti centri di spesa, con la corruzione Cosa nostra è in grado di condizionare burocrazia e politica, per raggiungere più efficacemente i suoi scopi. Un settore economico-imprenditoriale a rischio di corruzione si è rivelato quello dei trasporti marittimi, specie per garantire i collegamenti tra la Sicilia e le sue isole minori, destinatario di ingenti finanziamenti pubblici, anche comunitari", conclude la Dia.

La nuova mafia "imprenditrice"

"La nuova mafia imprenditrice adotta modelli manageriali per la gestione delle risorse. È qui che entrano in gioco i professionisti che, sebbene 'esterni' all'organizzazione, prestano la loro opera proprio per schermare e moltiplicare gli interessi economico-finanziari dei gruppi criminali. Si tratta di 'facilitatori', di veri e propri 'artisti' del riciclaggio, in grado anche di gestire transazioni internazionali da località off-shore, offrendo riservatezza e una vasta gamma di servizi finanziari, inclusi quelli di elusione fiscale". E' quanto si legge nell'ultima relazione. "Le mafie, oltre che a capitalizzare i proventi illeciti in attività imprenditoriali, puntano anche a realizzare gli indebiti risparmi d`imposta. Se anni addietro poteva risultare paradossalmente conveniente per il mafioso essere etichettato come 'evasore fiscale' - in quanto, pagate le tasse, poteva reinvestire le risorse sanate - ad oggi i sempre più sofisticati meccanismi finanziari e i cavilli burocratici proposti da figure professionali colluse, rendono meno vantaggioso, per il mafioso, 'ambire' ad essere tacciato di evasione. Come segnalato anche nelle precedenti Relazioni semestrali, continuano infatti a cogliersi segnali di uno spostamento verso l`elusione delle norme fiscali, anche attraverso le false fatturazioni".

"Sono proprio queste nuove modalità - spiega la Dia - che, anche fuori dalle Regioni di origine e all'estero, consentono ai mafiosi di radicarsi, legando i propri interessi con quelli della realtà economica locale. Viene così a crearsi un sistema di gestione degli affari basato su articolate relazioni sociali che si estendono, con legami flessibili e aperti, verso il mondo istituzionale e imprenditoriale, garantendo così ai clan un ampio ed eterogeneo serbatoio di risorse umane. Un capitale relazionale composito, che costituisce quell`area grigia - fatta di mille tonalità - ove affari leciti e illeciti tendono a fondersi attraverso anche la corruzione dei pubblici funzionari".

La mafia albanese è quella più pericolosa

Tra le organizzazioni criminali di matrice straniera presenti in Italia, quella albanese "continua ad apparire tra le più pericolose, anche in ragione della spiccata vocazione a intessere proficue relazioni internazionali". Lo sottolinea la relazione della Direzione investigativa antimafia. "Un suo punto di forza è sicuramente la presenza capillare sul territorio, caratterizzata da forme associative ben strutturate, composte da nuclei che si raccordano direttamente a propri referenti presenti in Albania, specie per l'approvvigionamento di stupefacenti", attività privilegiata che dà a questi gruppi "un ruolo importante nei rapporti con le altre organizzazioni criminali, anche straniere, tanto da rappresentare, per alcuni gruppi mafiosi, soprattutto pugliesi, un canale privilegiato per l'approvvigionamento di stupefacenti, principalmente eroina e cocaina, potendo confidare su una fitta rete di connazionali operanti, oltre che in madrepatria, anche in America del sud, Olanda, Spagna, Turchia e Inghilterra".

Per quel che riguarda la criminalità cinese, evidenzia la Dia "continua a concentrare i propri interessi criminali prevalentemente nel favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, finalizzata al lavoro 'nero', alla prostituzione e alla tratta degli esseri umani, nei reati contro la persona, rapine ed estorsioni in danno di connazionali, contraffazione di marchi e contrabbando di sigarette". La criminalità cinese è riuscita, nel tempo, a mantenere una fitta rete di rapporti ramificati su buona parte del territorio nazionale: la Toscana, innanzitutto con Prato e Firenze, la Lombardia, ma anche il Veneto, l'Emilia Romagna ed il Piemonte sono le regioni che annoverano le comunità cinesi più numerose. Molte operazioni dimostrano poi il coinvolgimento dei cinesi nelle attività illecite riguardanti gli stupefacenti, in particolare cannabis (la cui coltivazione è stata resa legale dall'autorità cinesi) e metanfetaminici, come lo shaboo: allo stato, è noto che la sua importazione avvenga "prevalentemente ad opera di cittadini cinesi, che si rivolgono a fornitori presenti nel nord o nell'est Europa. Il successivo smercio avviene sia all'interno della comunità cinese o, in altri casi, la droga viene ceduta a pusher filippini che, a loro volta, riforniscono i propri connazionali".

Il peso della criminalità organizzata "straniera" in Italia

Per la criminalità romena, il traffico di stupefacenti, anche in concorso con soggetti criminali italiani, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l'intermediazione illecita dello sfruttamento della manodopera rimangono i reati di maggior interesse. Le indagini degli ultimi anni hanno evidenziato, invece, l'interesse dei gruppi criminali originari dei Paesi dell'ex Unione Sovietica soprattutto verso la commissione di reati contro il patrimonio, verso il traffico di stupefacenti e di armi, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e lo sfruttamento della prostituzione, mentre non viene escluso un più ampio sistema di riciclaggio e reimpiego dei proventi illeciti in Italia ed in altri Stati d'Europa. Per quanto riguarda la criminalità sudamericana, che comprende componenti di origine boliviana, colombiana, venezuelana, dominicana, peruviana ed ecuadoriana, si confermano gli interessi nei traffici internazionali di stupefacenti, nello sfruttamento della prostituzione e nei reati contro il patrimonio e la persona. Questi gruppi, evidenzia la Dia, "rappresentano un costante punto di riferimento, anche per la criminalità organizzata autoctona, per i traffici di droga, specie di cocaina, sfruttando a questo scopo le rotte marittime ed aeree, passando per scali intermedi per eludere i controlli". Tra i vari gruppi, resta alta la pericolosità delle ''gang'' dei latinos, le cosiddette pandillas, diffuse soprattutto nelle aree metropolitane di Genova e Milano. Anche i gruppi criminali del Centro- Nord Africa stanziati nel nostro Paese interagiscono, spesso, con cittadini italiani o di altre nazionalità, in particolare per il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti.

"La mafia nigeriana ha impressionato i mafiosi italiani"

La criminalità organizzata nigeriana in Italia ha preso piede dal Nord al Sud al punto tale che "in molti casi ha addirittura impressionato gli stessi mafiosi italiani". Lo rileva sempre la relazione della Dia riferita al secondo semestre del 2018. "Si tratta di gruppi - si legge nella relazione - che nel tempo sono stati in grado di avviare importanti sinergie criminali con le organizzazioni mafiose autoctone, ma di diventare essi stessi associazioni di tipo mafioso perseguibili ai sensi dell'art. 416 bis c.p.". In sostanza, spiega la Dia, "ci si trova davanti ad una mafia, tribale e spietata, difficile da decifrare nelle dinamiche interne, che dal nord Italia si è progressivamente diffusa su tutto il territorio nazionale, fino in Sicilia, dove ha trovato un proprio spazio, anche con il sostanziale placet di Cosa Nostra". La Dia rileva ad ogni modo che "tutti gli strumenti investigativi sperimentati positivamente contro le mafie nazionali sicuramente possono essere efficacemente applicati alla mafia nigeriana e alle altre espressioni mafiose non tradizionali". La mafia nigeriana opera con "logiche che rimandano costantemente ad un network criminale internazionale, con base in Nigeria, cui fare riferimento. Sul piano investigativo allora - rileva la relazione della Dia - la visione dovrà essere sempre più orientata ad investire nell'analisi delle rotte internazionali delle potenziali 'cellule' di questo network, la cui strategia sicuramente punta a fare affari attraverso il traffico internazionale di stupefacenti e la tratta di persone ridotte in schiavitù, non di rado mimetizzate tra i flussi di immigrati clandestini". La Dia ricorda poi che non si può prescindere "dal riservare la massima attenzione verso gli istituti penitenziari, per evitare che alimentino percorsi di radicalizzazione".

Contro la mafia: le norme comunitarie non bastano

Altro elemento importante. "Armonizzare le differenti normative nazionali" nel contrasto alle mafie è la "sfida ulteriore da affrontare" perché "sono proprio le lacune normative di alcuni Paesi che consentono alle mafie di proliferare" secondo la Dia. Un semestre nel corso del quale "si sono registrati significativi passi in avanti nella lotta alle organizzazioni criminali transnazionali che, per quanto non risolutivi, se ben interpretati e valorizzati potrebbero offrire importanti prospettive nella corretta valutazione dei comportamenti mafiosi all'estero".

Ma "se da un lato sono stati fatti importanti passi in avanti sotto il profilo della cooperazione internazionale di polizia, dall'altro il legislatore comunitario non ha ancora eletto a 'priorità' il contrasto dei gruppi di criminalità organizzata più pericolosi o che operano su più settori criminali. Si tratta di un vulnus nel sistema di prevenzione e contrasto - denuncia la Dia - che tuttora affronta il problema puntando ad investigare i singoli settori criminali, con azioni, o più correttamente con talune 'priorità', rivolte al traffico di droga, all'immigrazione clandestina, al contrabbando di sigarette" "L'evoluzione che hanno avuto le grandi organizzazioni criminali, siano esse italiane o straniere - si pensi ai gruppi nigeriani o cinesi, impone un cambio di passo e di prospettiva" ammonisce la Dia, che "in tale ottica, per favorire questa più ampia prospettiva investigativa e colmare il descritto gap metodologico, sta sostenendo, con sempre maggior impegno, l'azione di contrasto internazionale alle mafie, non solo sul piano operativo, ma anche attraverso una più energica opera di sensibilizzazione dei colleghi degli omologhi altri Paesi, finalizzata a dare maggiore consapevolezza circa la portata transnazionale della criminalità mafiosa".

Rifiuti, filiera che attira la criminalità organizzata

L'attenzione delle forze dell'ordine verso i numerosi casi di incendi in depositi di stoccaggio rifiuti registrati negli ultimi due anni in Lombardia (soprattutto tra Milano, Pavia e Cremona) resta alta. La relazione semestrale della Dia segnala che "pur in assenza di diretti elementi di connessione alla criminalità organizzata - si legge nel rapporto della Dia - le attività di indagine hanno mostrato quanto sia redditizia la gestione dei rifiuti, in particolar modo di quelli speciali. La complessa filiera dei rifiuti, dalla raccolta allo smaltimento e riciclo, rientra tra i business criminali delle organizzazioni mafiose, in Lombardia, come nel resto del territorio nazionale, spesso con traffici gestiti con la compartecipazione di imprenditori disposti a violare le norme ambientali, incuranti dei danni alla pubblica incolumità che scaturiscono dalle conseguenti esalazioni tossiche dovute alla combustione dei rifiuti speciali". La problematica, secondo la Dia, è ancora più sensibile vista la necessità di appaltare con procedura d'urgenza le operazioni di rimozione e bonifica dei rifiuti dati alle fiamme, che potrebbero suscitare l'interesse delle organizzazioni criminali.

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