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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Malattie rare, cure in ritardo per 270mila pazienti dimenticati dalle Regioni

Costano solo un miliardo di euro l'anno, appena l'1,2% della spesa sanitaria ma hanno necessità che non sempre vengono garantite per il timore delle Regioni preoccupate per i tetti di spesa imposti

"L’Italia riesce ancora a garantire gran parte dei farmaci approvati, ma non sappiamo per quanto sarà così. Si verificano già oggi ritardi legati al timore della spesa, a livello centrale quanto territoriale, perché le regioni sono preoccupate per i tetti imposti". Lo denuncia Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore dell’Osservatorio Malattie Rare. "La ‘Sostenibilità’ deve essere una virtù, ma non tradursi in mancato diritto alle cure e disincentivo a ricerca e innovazione, con perdita di know how e sviluppo economico. Dobbiamo trovare il modo di conciliare sostenibilità e diritto alla cura".

Per questo motivo nasce l’Osservatorio Farmaci Orfani, iniziativa congiunta del centro di ricerca C.R.E.A. Sanità (Consorzio per la Ricerca Economica Applicata in Sanità) e della testata Osservatorio Malattie Rare (Omar). "Il primo dato che emerge – ha spiegato Barbara Polistena Responsabile Farmacoeconomia e Statistica Sanitaria di C.R.E.A. Sanità, Osservatorio Farmaci Orfani – è che la percezione di un costo dei malati rari molto più elevato rispetto agli ‘altri’ pazienti non è corretta".

La spesa media annua italiana per un malato raro è pari a 5.006 euro per un ammontare complessivo di 1,36 miliardi di euro all’anno, pari cioè all’1,2% della spesa sanitaria. "Si tratta di una cifra molto vicina ai 4.500,20 euro che si spendono per un soggetto affetto da due cronicità e meno del costo di un paziente trapiantato - spiega la dottoressa Polistena - La popolazione di pazienti cronici e quella dei malati rari è similare anche rispetto alla distribuzione dei consumi per età. Cambiano però i numeri: se in Italia ci sono oltre 23 milioni di pazienti cronici, quelli rari sono molto di meno: al momento, limitatamente a quelli che godono di esenzione dal ticket, abbiano una incidenza dello 0,46% pari quindi a circa 270.787 persone”.

Emerge che per un farmaco destinato ad una patologia con una prevalenza di oltre 0,5 pazienti per 10.000 abitanti (ovvero più di 3.000 in Italia), l’AIFA era stata disposta ad accettare un costo atteso annuo della terapia di circa € 10.000, inferiore sia per costo unitario, che per budget impact, a tante patologie croniche; per una patologia ultra-rara con solo 5 casi sul territorio nazionale, la disponibilità a pagare arrivava a € 2.000.000 annui: cifre, come questa ultima, spesso “spaventano”, ma paradossalmente la seconda azienda rimarrebbe svantaggiata, potendo ambire ad un fatturato massimo pari a circo un terzo di quello ottenibile con la prima terapia, che già sarebbe costata una cifra modesta.

La regolarità evidenziata dalla formula dimostra, quindi, che l’agenzia regolatoria ha effettivamente valutato i farmaci orfani, evitando scelte aprioristiche. La relazione dimostra anche quanto, in casi come quelli dei farmaci orfani, nella valutazione prevalgano largamente le motivazioni distributive (e quindi etiche) sulla semplice costo-efficacia delle tecnologie.

Per rendere in prospettiva ancora appetibile il mercato italiano, che poi significa garantire l’accesso dei pazienti alle innovazioni, sembra quindi importante, riprendendo quella che è una relazione rilevata empiricamente, costruire un algoritmo di pricing che possa fare da benchmark per le decisioni dell’autorità regolatoria, contemperando innovatività (costo-efficacia), dimensioni del mercato (e quindi possibilità di ritorno dagli investimenti) e sostenibilità (anche se siamo consci che questa ultima, nel caso dei farmaci orfani, difficilmente è una questione impattante, dati i numeri di pazienti eleggibili).

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