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Giovedì, 18 Aprile 2024
Giustizia

Caso Casalnuovo: "La giustizia per Massimo è giustizia per tutti"

Va avanti il nuovo processo del caso Casalnuovo, il giovane morto a seguito di un fermo dei carabinieri. Ma ancora troppe sono le ombre sulla faccenda. In attesa della prossima udienza parla il padre: "A rischio lo Stato di diritto"

Somiglia a tanti casi di abusi in divisa, ma più va avanti più il caso di Massimo Casalnuovo si avvicina a quello di Giuseppe Uva: processi che si chiudono e che si riaprono, appelli e ricorsi e un percorso giuridico sempre più impervio per chiedere verità e giustizia. Massimo Casalnuovo muore il 20 agosto del 2011 intorno alle 21, arriva all'ospedale agonizzante dopo la caduta dal motorino. Viaggiava sul suo scooter, era senza casco ma attenzione: non è morto per aver sbattuto la testa ma per la violenta botta al torace. Nella prima sentenza su quei fatti il carabiniere, accusato di omicidio preterintenzionale con l'aggravante di abuso d'ufficio, era stato assolto ma con "formula dubitativa", perché, come si legge nelle motivazioni, i verbali degli interrogatori sul caso sono non completi: le dicharazioni riportate sono dei riassunti. 

DUE VERSIONI - Da sempre però sono due le versioni su quello che era successo. Da una parte c'è quella dei testimoni presenti e dall'altra quella dei carabinieri: la prima dice che uno dei militari, nel tentativo di fermare lo scooter, assesta un calcio alla scocca facendolo finire a terra; la seconda invece afferma che Massimo Casalnuovo tentando di scappare, perde l'equilibrio e finisce a terra. 

IL NUOVO PROCESSO - Il 25 febbraio i giudici avevano deciso di portare avanti il processo e così la procura di Salerno aveva destituito il vecchio pm: "Pensavamo che questo passaggio rafforzasse l'accusa perché la procura generale aveva appellato il precedente processo" ci dice al telefono Osvaldo Casalnuovo, padre di Massimo. Quel giorno però le parole del procuratore stupiscono amici e parenti, costituitesi parte civile: "Ha detto durante l'udienza che l'impatto con cui Massimo è morto era 'nebuloso' e che non poteva essere verificato. Ma da sempre noi dell'accusa abbiamo avuto in mano testimonianze e perizie" continua Osvaldo. 

Lo sconcerto si diffonde presso l'aula della corte d'Assise di Potenza, dove si stava svolgendo l'udienza: "Il maresciallo Giovanni Cunsolo adesso è accusato di 'eccesso di foga' e per questo rischia solo un anno e sei mesi di carcere. La tesi del vecchio pm non è stata rafforzata nonostante l'appello della procura, che aveva confermato l'accusa di omicidio. Poi lo stesso procuratore incaricato fa questo passaggio! Ma come è possibile?" si chiede Osvaldo. 

TROPPE OMBRE - Adesso sembra che nonostante l'appello della procura, il fascicolo che contiene tutta la storia del caso non verrà preso in esame: "Abbiamo le prove in quel fascicolo e quello che chiedevamo era solo di rispettare lo stato di diritto, come ha sottolineato il nostro avvocato. Se questo succederà si creerà un precedente per i prossimi casi" continua Osvaldo. Infine dopo la requisitoria dell'avvocato dell'accusa il processo si ferma: il giudice rimanda il discorso della difesa a mercoledì 6 maggio: "Come mai? Perché 15 giorni di tempo in più all'accusa dopo che la difesa aveva concluso il proprio discorso?". 

LA DETERMINAZIONE DI UN PADRE - Osvaldo è amareggiato ma non si perde d'animo: "Il nostro non è un processo contro l'arma ma contro un maresciallo accusato di omicidio. Quello che semplicemente chiediamo è che per Massimo sia fatta giustizia. Per questo il 6 maggio sarò a Potenza e insieme a me ci sarà chi ci ha sostenuto finora nella nostra battaglia" conclude Osvaldo.

Accanto al padre di Massimo da sempre c'è l'associazione Acad (associazione contro gli abusi di polizia) che da sempre è vicina alla famiglia Casalnuovo e a tutta la comunità del loro paese, Buonabitacolo in provincia di Salerno. Ma non solo: oltre ai familiari delle vittime di abusi in divisa anche il senatore Luigi Manconi, presidente della commissione Diritti umani del Senato, ha chiesto pubblicamente che sul caso di Massimo venga fatta luce, scrivendo insieme a Valentina Calderone dell'associazione A Buon Diritto: "La mia sensazione è che si sia trattato di un processo gravemente sbilanciato, tutto teso all'affermazione delle ragioni di una parte e poco interessato a indagare e valutare le ragioni dell'altra".

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