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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Italia

Migranti, c'è davvero un effetto Salvini? I dati di Frontex

Quanti migranti sono arrivati in Italia nel 2018? Gli ultimi dati di Frontex certificano il trend in calo: "Confermato e rafforzato". Intanto il tema dei migranti anche in Spagna è diventato oggetto di propaganda, in particolare da parte del partito di destra Vox, in ascesa nei sondaggi

Migranti, arrivano ancora? Gli ultimi dati diffusi dall'agenzia europea Frontex che si occupa delle frontiere segnala come gli arrivi di immigrati irregolari dalla rotta del Mediterraneo centrale siano ai minimi dall'anno 2012.

Nel 2018 - segnala Frontex - sono arrivati 23.276 migranti irregolari, in calo di circa l'80% rispetto ai 118.962 del 2017.

La rotta dal Nordafrica alle coste italiane è quella che ha visto meno arrivi nel corso dell'anno passato. Meno del Mediterraneo Orientale, che ha registrato 55.878 attraversamenti delle frontiere Ue attraverso i Balcani (erano 42.139 nel 2017) e soprattutto meno della metà del Mediterraneo Occidentale, la rotta più battuta l'anno scorso dai migranti irregolari, con circa 57mila arrivi (55.307 via mare, contro 21.552, +157%; e 1.337 via terra, nelle enclave spagnole di Ceuta e Melilla, in calo del 10%).

Frontex, calo migranti: "Trend rafforzato"

Il principale motivo dello spostamento a Occidente delle rotte migratorie che prima passavano per le acque a sud della Sicilia è che "la rotta libica è diventata sempre meno attraente, a causa dei pericoli", spiega il direttore di Frontex Fabrice Leggeri.

Alla domanda se il ministro dell'Interno Matteo Salvini abbia ragione a rivendicare di aver fermato gli sbarchi di migranti irregolari in Italia, Leggeri ha risposto che "sulla rotta del Mediterraneo Centrale abbiamo visto una prima caduta dei flussi nell'estate del 2017. Nel 2018 il trend si è poi confermato e rafforzato. Abbiamo una buona collaborazione con le autorità italiane".

migranti 2018

Spagna, la nuova rotta dei migranti

Il caso migranti in Spagna sta diventando sempre più complicato da gestire da parte delle istituzioni: da settembre su Facebook e da novembre su Twitter, la guardia costiera spagnola ha smesso di comunicare all'opinione pubblica gli interventi di salvataggio compiuti insieme alle Ong.

Solo dal 1 gennaio al 3 febbraio nella penisola iberica sono arrivate più di quattromila persone, contro i 202 dell'Italia e i 1900 della Grecia: così l'arrivo di un numero di migranti più che triplicato rispetto al 2017 è diventato un problema interno da gestire per le forze di governo socialiste e popolari che scontano l'avanzata dei gruppi xenofobi. Anche in vista delle elezioni anticipate del prossimo Aprile.

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Il tema, anche in Spagna è diventato oggetto di propaganda, in particolare da parte del partito di destra Vox, in ascesa nei sondaggi. E molto votato in Andalusia, la regione più interessata da sbarchi e accoglienza.

Intanto allargando lo spettro i nuovi dati pubblicati dall'UNHCR, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, mostrano che, nonostante il numero di migrazioni forzate abbia toccato punte record a livello mondiale, nel 2018 è stato realizzato solo il 4,7 per cento dei reinsediamenti necessari a livello globale.

Dei 1,2 milioni di rifugiati che si stima necessitassero di essere reinsediati nel 2018, solo 55.692 hanno potuto effettivamente esserlo.

All'origine delle migrazioni

Il numero principale di partenze legate ai reinsediamenti facilitate dall'UNHCR è avvenuto dai Paesi che accolgono il numero maggiore di rifugiati, fra i quali il Libano (9.800) seguito da Turchia (9.000), Giordania (5.100) e Uganda (4.000).

Su un totale di 81.310 casi segnalati per essere reinsediati, il numero principale di rifugiati proviene da Repubblica Araba di Siria (28.200), Repubblica Democratica del Congo (21.800), Eritrea (4.300) e Afghanistan (4.000). 

L'anno scorso, il 68 per cento delle domande era relativo a persone sopravvissute a violenze e torture, persone con esigenze legali e fisiche specifiche, e donne e bambine a rischio. Oltre la metà, il 52 per cento, di tutte le domande di reinsediamento trattate nel 2018 era per minori.

Migranti, oltre la metà sono minori

Il reinsediamento, che prevede il ricollocamento di rifugiati da un Paese di asilo a un Paese che ha concordato di accoglierli e concedere loro di soggiornare permanentemente, è accessibile solo a una piccola frazione dei rifugiati di tutto il mondo. In genere, meno dell'1 per cento dei 19,9 milioni di rifugiati assistiti dall'UNHCR su scala mondiale può usufruire di questa possibilità.

Il reinsediamento continua a costituire una misura salvavita che assicura la protezione di quanti sono più a rischio. Rappresenta uno strumento di protezione e un meccanismo tangibile che consente ai governi e alle comunità di tutto il mondo di condividere le responsabilità nella risposta alle crisi legate alle migrazioni forzate.

Quali sono i canali di accesso legale

Il reinsediamento, insieme agli altri canali complementari di ingresso legale, rappresenta un obiettivo chiave del Global Compact sui Rifugiati volto a contribuire alla riduzione dell'impatto delle più vaste crisi di rifugiati sui Paesi di accoglienza.

Nel 2019, si stima che 1,4 milioni di rifugiati attualmente soggiornanti in 65 diversi Paesi su scala globale dovranno essere reinsediati. Fra le popolazioni che necessitano maggiormente di essere reinsediate quest'anno vi sono i rifugiati siriani attualmente accolti in diversi Paesi del Medio Oriente e in Turchia (43 per cento) e i rifugiati nei Paesi d'asilo e di transito lungo la rotta del Mediterraneo centrale (22 per cento), dove le migrazioni verso l'Europa continuano a mietere un numero devastante di vittime.

Global compact, che cosa ha firmato l'Italia (e cosa invece è ancora in discussione)

Il Global Compact sui Rifugiati esorta gli Stati a mettere a disposizione un numero maggiore di posti per i reinsediamenti, sia tramite l'ampliamento dei programmi esistenti sia tramite l'istituzione di nuovi programmi. Attualmente l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati sta collaborando con gli Stati e con i partner per sviluppare una Strategia di tre anni su Reinsediamento e Canali Complementari (Strategy on Resettlement and Complementary Pathways).

L'obiettivo è contribuire a incrementare il bacino di posti disponibili per i reinsediamenti, convincere un numero maggiore di Paesi a partecipare agli sforzi su scala mondiale tesi a rafforzare i programmi di reinsediamento, e migliorare l'accesso ai canali complementari a disposizione dei rifugiati.

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