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Giovedì, 25 Aprile 2024
Sanità

Morto di cancro in pronto soccorso, la replica dell'ospedale: "I nostri medici lavorano con umanità"

Il Direttore Sanitario dell'Ospedale San Camillo risponde alle polemiche sulla morte di Marcello Cairoli, deceduto in corsia con pochi centimetri di privacy: "Gestiamo ogni giorno 150 urgenze, in pronto soccorso non c'è un'area destinata al fine vita"

"L'azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini esprime profondo rammarico e dolore umano per quanto accaduto nel suo Pronto Soccorso e raccontato dai famigliari del Sig Marcello Cairoli. La scomparsa di una persona cara è la sofferenza più grande che capita nella vita di ogni essere umano. E il desiderio più grande e profondo è che questo possa succedere nel modo meno doloroso e traumatico per tutti". 

Così il Direttore Sanitario dell'Ospedale San Camillo, Luca Casertano, in merito alle polemiche sollevate dalla denuncia di un giornalista che ha perso il padre, malato di cancro, nel pronto soccorso dell’ospedale romano. Patrizio Cairoli, con una lettera inviata alla ministra della salute Lorenzin, oltre alle difficoltà incontrate nel curare suo padre ha descritto la sua morte, avvenuta senza rispetto, dignità, nella corsia di un pronto soccorso, tra tossicodipendenti e gli sguardi indiscreti di visitatori rumorosi.

"Questa vicenda ha però delle implicazioni che vanno oltre l'aspetto umano - aggiunge il direttore dell’ospedale - e che è giusto evidenziare per non incorrere nell'errore di etichettare gli operatori della sanità pubblica in maniera errata".

"I nostri medici lavorano sempre in emergenza ma con umanità", sottolinea Casertano che ha poi spiegato le ragioni dell'azienda sulla vicenda. Il signor Cairoli "era nell'area dei codici verdi e bianchi non per la gravità clinica, ma perché presso quel settore è consentito l'accesso dei famigliari in maniera più continuativa, cosa materialmente impossibile nell'area cosiddetta 'critica' in cui vengono presi incarico i casi più gravi".

Degrado al S. Camillo, curati a terra al pronto soccorso

Nella nota viene poi evidenziato che i pronto soccorso di quasi tutti gli ospedali di fatto non dispongono di un'area strutturata per accogliere le persone "in fine vita". 

Tuttavia, prosegue Casertano, a volte accade che i familiari, "di fronte all'improvviso aggravamento delle condizioni cliniche, accompagnino il loro congiunto presso il pronto soccorso più vicino per un estremo, ma purtroppo vano, tentativo di 'salvare la vita' al proprio caro".

"Presso il dipartimento di emergenza dove è stato ricoverato il signor Cairoli ogni giorno arrivano 150 nuovi casi che vengono presi in carico e curati dal personale medico ed infermieristico. Un flusso elevato di persone che in caso di incremento di accessi di malati - non prevedibile ma frequente - può aver in qualche modo limitato o impedito una idonea comunicazione da parte degli operatori sanitari.
Un limite che stiamo cercando di affrontare anche grazie a nuove risorse che la regione Lazio ha messo a disposizione per la realizzazione di una nuova area di Pronto soccorso che preveda tra le altre cose, due settori deputati “al fine vita” dove i malati terminali possano concludere la loro esistenza con dignità e assisti dal personale e confortati dalla vicinanza dei loro cari".

Dopo le polemiche il ministro della salute Beatrice Lorenzin ha disposto l'invio di una task force al San Camillo per accertare se vi siano state delle violazioni. E anche il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti ha chiesto al direttore generale dell'ospedale una relazione dettagliata sulla vicenda: "Non possono essere tollerate all'interno di una struttura della sanità pubblica, qualora fossero accertate situazioni, così lesive della dignità umana e del malato". In ultimo, la senatrice dei 5 Stelle Paola Taverna, ha annunciato un’interrogazione parlamentare. 

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