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Giovedì, 28 Marzo 2024
Islam

"Noi musulmani costretti a pregare nei garage, ora chiediamo moschee legali"

Dopo il sequestro della terza moschea in pochi mesi a Roma la comunità islamica del quartiere Centocelle è scesa in piazza per una preghiera di protesta. L'imam Ben Mohamed: "E' stata una provocazione. Ai garage non abbiamo alternative"

ROMA - Tre sale di preghiera chiuse in tre mesi, una quarta, storica, a rischio sequestro e una preghiera di protesta recitata in strada. La comunità islamica di Centocelle è in fermento. Tra le più numerose della Capitale con circa 8mila presenze nel quadrante di Roma est, rivendica la libertà di culto "garantita dalla Costituzione".

Il 22 settembre la manifestazione sotto la sede del V municipio, in via di Torre Annunziata, il giorno dopo la preghiera del venerdì all'aperto, con 300 fedeli riuniti in piazza dei Mirti: "Non abbiamo più spazi dove pregare. Siamo i primi a chiedere legalità, ma adesso non sappiamo dove andare".  

I SEQUESTRI - A scatenare la rabbia i sigilli a tre associazioni islamiche sul territorio, utilizzate nei fatti anche come luoghi di culto. Il 27 giugno è toccato a un garage di 95 metri quadrati adibito a piccola moschea in via Francesco Parlatore, il 13 settembre a un locale di 250 metri quadrati in via delle Celidonie, il 22 alla sala preghiera di via dei Gladioli.

In tutte e tre i casi la Polizia municipale contesta irregolarità in materia edilizia, cambi di destinazione d'uso non consentiti, assenza di impianti di areazione, lavori di tramezzatura e suddivisioni interne per la trasformazione di garage e scantinati in stanze pronte ad accogliere, nel venerdì di preghiera, fino a 500, 600 fedeli. Una semplice applicazione delle norme di legge senza però, secondo i denuncianti, un parallelo dialogo per l'individuazione di spazi adeguati a tutelare il diritto di culto.

Rimini: a fuoco la macelleria islamica | Foto da RiminiToday

LA PROTESTA - Da qui la distesa di tappeti colorati in piazza dei Mirti con altoparlanti per il richiamo del muezzin. Una preghiera provocazione che ha scelto il luogo pubblico centrale del quartiere per lanciare un messaggio chiaro: "Non possono impedirci di pregare, se non possiamo stare in spazi chiusi, allora chiediamo a Questore e Prefetto che ci venga concessa l'autorizzazione di farlo all'aperto, almeno il venerdì".

Bacchu Dhuumcatu, della associazione omonima, una rappresentanza della comunità islamica bengalese di Centocelle e del vicino quartiere di Torpignattara, ha fatto appello alle istituzioni: "Sequestrare gli spazi senza alcun dialogo con la comunità non fa che creare tensioni e conflittualità". Annunciando poi che "fino al dissequestro dei locali, i musulmani faranno la preghiera ogni giorno a tramonto, e poi alle ore 21.30, a piazza dei Mirti, cosi come il venerdì alle ore 14.00 sempre nella stessa piazza". Intanto la stretta delle forze dell'ordine non sembra arrestarsi. 

L'IMAM: "NOI I PRIMI A CHIEDERE LEGALITA'" - Il 22 settembre anche la moschea di Al Huda, in via dei Frassini, ha ricevuto una notifica firmata dalla Polizia locale. Ancora nessuna chiusura, ma nell'atto si intima la "sospensione immediata di ulteriori lavori edilizi" perché non conformi alle normative vigenti.

E' la misura cautelare che precede i provvedimenti definitivi. Entro 20 giorni dalla notifica è possibile presentare ricorso o consegnare eventuale documentazione inerente. "Stiamo cercando di capire come dobbiamo muoverci, faremo di tutto perché non chiuda". L'imam Ben Mohamed ammette per primo: "No, non siamo in regola", ma al seminterrato preso in affitto da privati a poco prezzo non ci sono alternative. "Non abbiamo risorse sufficienti per pagare spazi diversi da uno scantinato". 

Scuote la testa, ben consapevole di un problema certo non di oggi. "Sono anni che chiediamo alle istituzioni una qualche forma di regolamentazione per i luoghi di culto. Non è un problema tecnico, è un problema politico. In tutta Europa non esistono i garage, perché ci sono moschee regolari. Ho mandato le prime lettere al municipio nel 2006, dieci anni fa, ma non è arrivata mai nessuna soluzione". Detto ciò, "siamo consapevoli che non possiamo stare così tanti dentro questi spazi". Talmente tanti, tra i 700 e i 1000 fedeli il venerdì, che l'imam ha dovuto istituire due turni di preghiera. "Non è una soluzione ma è l'unica cosa che abbiamo potuto fare per evitare che in centinaia si ritrovassero a pregare sul marciapiede qui davanti, recando disagi anche agli abitanti". 

"SERVONO SPAZI ALTERNATIVI" - Pregare all'aperto invece, può essere una soluzione? "Quella di venerdì è stata una provocazione, ma non sarebbe rispettoso farlo normalmente, non possiamo occupare una piazza frequentata dai cittadini tutti i giorni". Servirebbero spazi alternativi, "nel nord Italia lo hanno fatto, hanno concesso alla comunità una palestra". Cita il comune di Bergamo, che lo scorso luglio ha messo a disposizione la palestra comunale, in accordo con prefettura e forze dell'ordine, per evitare disordini in strada.

Anche il V municipio, assicura il minisindaco Boccuzzi, starebbe tentando questa via. "Li stiamo ascoltando, purtroppo le normative edilizie sono legge, e la legge va rispettata, ma ci rendiamo bene conto del problema. La libertà di culto è un diritto sancito dalla Costituzione, vorremo trovare degli spazi adeguati per la preghiera. Ci stiamo lavorando". 


 

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