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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Crotone

Omicidio Giuseppe Parretta, ergastolo per Salvatore Gerace. La madre del ragazzo: "Giustizia è fatta"

Oggi Giuseppe Parretta avrebbe compiuto 20 anni. "Questo è il mio regalo per lui", ha detto la madre Katia Villirillo. Il 13 gennaio 2018 Gerace entrò nel centro antiviolenza gestito dalla donna e sparò contro lei e i suoi figli, uccidendo Giuseppe

È stato condannato all'ergastolo Salvatore Gerace, il 57enne accusato dell'omicidio di Giuseppe Parretta, il ragazzo ucciso il 13 gennaio 2018 a Crotone nella sede dell'associazione LibereDonne gestita da sua madre Katia Villirrillo. Per Gerace è arrivata quindi la condanna di primo grado, emessa dalla Corte d'Assise di Catanzaro.

"Giustizia è fatta. Domani (oggi, ndr) Giuseppe avrebbe compiuto 20 anni e questo è il mio regalo per lui. È una giusta sentenza anche per gli altri miei due figli. Stanotte dormirò e la mia missione andrà avanti", ha dichiarato Katia Villirillo all'agenzia Dire. “Dalla lettura del dispositivo della sentenza, capiamo che il racconto dei testimoni oculari, la mamma di Giuseppe e i suoi figli, è stato creduto, mentre quello dell’imputato no", ha detto l’avvocato della donna, Emanuele Procopio. "La Corte ha escluso l’aggravante dei futili motivi (perché Gerace era convinto che la moto di Giuseppe fosse stata il frutto di una relazione tra Giuseppe e chi attentava alla sua vita) e la particolare crudeltà (perché solo l’ultimo colpo è stato quello mortale). L’imputato ha offeso in aula Caterina e la sua famiglia e non ha mai chiesto scusa né perdono".

Omicidio Giuseppe Parretta, ergastolo per Salvatore Gerace: la sentenza

Il comportamento processuale dell’assassino "è sempre stato denigratorio verso la mamma di Giuseppe", ha sottolineato anche Jessica Tassone, avvocata di parte civile per i fratelli di Giuseppe e presidente di un’associazione che si occupa di violenza di genere. "L’imputato attraverso dichiarazioni e manoscritti ha sempre provato a screditare Caterina, anche in funzione del suo operato con l’associazione LibereDonne. Persino oggi ha chiesto la parola per continuare questa campagna denigratoria. La spingeremo ad andare avanti. La sentenza non le restituisce il figlio – ha concluso – ma almeno giustizia è fatta e lei non resterà solo una vittima”.

Il 13 gennaio dell'anno scorso il pregiudicato Salvatore Gerace entrò in pieno giorno nella sede del centro antiviolenza fondato da Katia e aprì il fuoco mentre in quel momento c'erano insieme a lei gli altri due figli, Giuseppe e la fidanzata. Il ragazzo fu colpito a morte e morì tra le braccia della madre.  

"L'associazione, le persone che venivano al centro davano fastidio al malaffare e all'attività di spaccio del Gerace", aveva detto Katia in un'intervista alla Dire qualche tempo fa, lanciando un appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e all'allora ministro dell'Interno Matteo Salvini denunciando il silenzio da parte delle istituzioni dopo le iniziali passerelle.

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