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Venerdì, 19 Aprile 2024
PROCESSO A MILANO

"Ho ucciso Lea Garofalo, merito l'odio di mia figlia"

La confessione dell'ex compagno Carlo Cosco in aula durante il processo di secondo grado per l'uccisione della testimone di giustizia calabrese

MILANO - "Io adoro mia figlia, merito il suo odio perché ho ucciso sua madre. Prego di ottenere un giorno il suo perdono".

Parla in aula Carlo Cosco, ex compagno di Lea Garofalo, assumendosi la responsabilità del delitto della testimone di giustizia che venne uccisa il 24 novembre 2009 e chiede scusa a sua figlia Denise, coraggiosa testimone del processo di primo grado in cui l'uomo è stato condannato, insieme ad altri 5 imputati, all'ergastolo. Cosco ha reso dichiarazioni spontanee durante la prima udienza del processo d'appello in corso a Milano.

Durante l'udienza, il pm ha chiesto di riaprire il processo, alla luce delle dichiarazioni del pentito Carmine Venturino. L'accusa punta al "rinnovo dibattimentale" per quanto riguarda l'esame di Venturino sottoposto a un programma di sorveglianza, l'audizione di Denise per sommarie informazioni sul riconoscimento di alcuni monili probabilmente appartenuti alla madre uccisa e l'audizione di alcuni testimoni.

Richieste a cui si sono opposte alcune delle difese degli imputati. In primo grado la Corte d'Assise aveva inflitto sei ergastoli, tra cui all'ex compagno della vittima Carlo Cosco, che oggi ha reso dichiarazioni spontanee, assumendosi per la prima volta la responsabilità dell'omicidio. Ergastolo anche per Giuseppe e Vito Cosco, Rosario Curcio, Massimo Sabatino e Carmine Venturino, ex compagno di Denise, e pentito al termine del processo per il sequestro e l'omicidio della testimone di giustizia che venne uccisa il 24 novembre 2009.

LA VICENDA DI LEA - Lea Garofalo venne sequestrata in pieno centro a Milano, in zona Arco della Pace, il 24 novembre del 2009 e uccisa. Nel processo di primo grado l'accusa aveva sostenuto che la donna fosse stata uccisa con un colpo di pistola e poi sciolta nell'acido. Le dichiarazioni di un pentito, Carmine Venturino, anche lui condannato all'ergastolo per l'omicidio, hanno però fornito un'altra ricostruzione dell'uccisione: Lea, stando alle parole del pentito, venne strangolata e il suo corpo venne poi bruciato in un fusto. Alle parole di Venturino gli uomini della Dda milanese hanno trovato poi una serie di riscontri, tra cui alcuni resti di ossa che una perizia ha ritenuto compatibili a quelli della donna. Il pm di Milano Marcello Tatangelo ha avanzato la richiesta di sentire il pentito, che ha detto: "Voglio venire in aula a raccontare la verità".

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