Gli ospedali italiani sono "da ricoverare": i migliori e i peggiori
Tempi lunghi per le liste d'attesa, inefficienza, sprechi e poca sicurezza: la sanità italiana è in crisi. E aumentano le differenze tra le Regioni. Il ministro Lorenzin: "Divario inaccettabile"
ROMA - Regione che vai, ospedale che trovi. Almeno stando al "Piano nazionale esiti", un programma presentato ieri dal ministero della Salute con l’obiettivo di valutare e misurare le performance delle strutture sanitarie nel nostro Paese. Il progetto è stato sviluppato dall'Agenzia Nazionale per i Servizi sanitari regionali (Agenas) per conto del dicastero della Salute, e fornisce a livello nazionale valutazioni comparative di efficacia, sicurezza, efficienza e qualità delle cure prodotte nell'ambito dell'esercizio sanitario.
Cosa emerge dal report? In primis il fatto che le performance del Sistema sanitario nazionale migliorano, ma le differenze tra le Regioni, e soprattutto all'interno delle stesse, permangono.
OSPEDALI, I MIGLIORI E I PEGGIORI - "Il Piano nazionale esiti non produce classifiche, graduatorie o giudizi", affermano dal ministero della Salute. E' possibile, tuttavia, grazie ad un'elaborazione sui dati della relazione, calcolare quali sono le regioni italiane più virtuose dal punto di vista sanitario: al primo posto la Valle D'Aosta, con il 29% degli ospedali migliori rispetto agli standard nazionali. Al secondo posto la Toscana, con il 27%, e al terzo la provincia autonoma di Trento, con il 24%. E le regioni peggiori? Calabria e Abruzzo, con il 13%, e il Lazio con il 14%. La maglia nera spetta tuttavia alla Campania: il 24% degli ospedali (uno su quattro) ha una qualità peggiore rispetto agli standard nazionali.
Altri dati: il tasso di mortalità, nell'operazione per fissare un by-pass coronarico, è di zero in Friuli e in Toscana, mentre per esempio in un ospedale di Caserta è di un caso su dieci. L'ospedale di Merano, invece, è il più rapido nell'intervenire su una frattura al collo del femore, mentre il più lento è quello di Patti, in Sicilia. E il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin ammonisce i direttori generali: "Dovranno adeguarsi al Piano nazionale esiti. Non è un optional, ma un dovere che gli viene dato dal ministero. Questa non è una classifica, ma uno strumento di valutazione che ci consente di agire dove ci sono anomalie che si traducono in più decessi, cronicità e maggiori costi. Il Piano non è contro le Regioni, ma non possiamo aspettare altri dieci anni per omogeneizzare il territorio. Le divergenze tra le regioni del Nord e quelle del Sud sono inaccettabili".
Circa un terzo degli ospedali italiani, inoltre, mantiene attivi reparti inutili e costosi: uno spreco, così come l'abitudine diffusa a ricoverare pazienti in maniera inappropriata ed eccessiva. Ad esempio, si occupano letti per interventi alle tonsille o anche per una gastroenterite pediatrica. L'Age.Na.S. stima anche la cifra di questo spreco: sarebbe complessivamente tra i tre e i quattro miliardi di euro. In diversi ospedali italiani, poi, il numero delle operazioni effettuate è inferiore agli standard minimi di sicurezza, fissati da studi internazionali: ad esempio, nel 77% delle strutture, gli interventi per fissare un by-pass aortocoronarico sono meno di duecento, lo standard minimo, mentre nel caso di un'operazione allo stomaco l'84% degli ospedali compie meno di venti interventi all'anno. Ne consegue un dato piuttosto inquietante: i grafici infatti dimostrano che la curva della mortalità sale in diretta proporzione con il calo dei pazienti trattati.