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Venerdì, 19 Aprile 2024
CRONACA GIUDIZIARIA

Sentenza processo Mediaset, il Cavaliere furioso

I giudici di Milano hanno condannato Berlusconi in appello a 4 anni di carcere (3 coperti da indulto) e 5 di interdizione dai pubblici uffici. Ghedini: "Giudici prevenuti, ma la stabilità del governo non è a rischio"

MILANO - La reazione rabbiosa alla conferma in secondo grado della sentenza di condanna per i diritti tv Mediaset viene mitigata dalla necessità di evitare qualsiasi connessione tra il giudizio delle toghe milanesi e la vita del governo Letta. Per questo Berlusconi, consapevole che a caldo le sue parole contro i giudici di Milano sarebbero bile pura, rimane cauto. Il Cavaliere se l'aspettava, certo. Ma in questo momento bisogna avere la giusta prudenza.

Parla per lui il legale Niccolò Ghedini: "La forza della prevenzione è andata al di là della forza dei fatti. Avevamo la consapevolezza che sarebbe andata così. Non mi interesso della stabilità politica del governo e non credo che ci sia una correlazione tra questa sentenza e la stabilità politica".

In sintesi, dunque: linea dura con le toghe che fanno un uso politico della giustizia ma evitare qualsiasi connessione tra la sentenza e la vita dell'esecutivo di larghe intese. E infatti il legale parla di decisione "illogica" ma precisa di non credere che ci sia "una correlazione" con "la stabilità politica". Difatti è questa la linea suggerita ai vari esponenti del Pdl che subito dopo la sentenza cominciano a dichiarare in batteria. Con diverse sfumature e toni più o meno tranchant, è vero, ma (quasi) nessuno si spinge a mettere in discussione il governo. Piuttosto sono i giudici che stanno cercando di far saltare la 'pacificazione' nazionale di cui Silvio Berlusconi è stato artefice dal giorno dopo le elezioni.

Da una parte, dunque, il lato umano. Dall'altro, appunto, la strategia politica ma anche gli obiettivi a medio termine del Cavaliere. Un Berlusconi per certi versi double-face, come quello pre e post sentenza. Tanto che quando a pranzo ha riunito i vertici del Pdl e la delegazione ministeriale del partito, è apparso talmente in modalità statista da riuscire anche a stupire alcuni convitati. Pare che in un paio di occasioni abbia placato anche spunti 'tendenza falco' dei due capigruppi, Renato Brunetta e Renato Schifani. "Questo governo - avrebbe detto ai suoi interlocutori - deve durare, non possiamo essere noi a far saltare tutto. Anzi, noi dobbiamo al più presto cercare di incassare misure a sostegno di imprese e famiglie". A cominciare dall'Imu, che resta condicio sine qua non, ma non soltanto. I problemi - resta il ragionamento a freddo del Cavaliere - sono tutti all'interno del Pd che è un partito a un passo dall'implosione e non è in grado di mantenere alcun patto (come su Nitto Palma), mentre il Pdl ha mostrato la sua responsabilità fino in fondo.

Nel partito, tuttavia, c'è la consapevolezza che quella dei processi di Berlusconi resta una bomba ad orologeria che potrebbe scoppiare in qualsiasi momento. Oggi, infatti, c'è la conferma della sentenza a 4 anni di condanna e soprattutto quella interdizione dai pubblici uffici che lo allontanerebbe dalla politica. A breve, potrebbe arrivare invece la sentenza di primo grado per l'affaire Ruby. E l'ex premier non ha certo intenzione di stare con le mani in mano e nell'attesa applica la strategia difensiva che conosce meglio: quella in cui si rivolge direttamente agli elettori. Per domenica è infatti in programma l'ennesima trasmissione sulle reti Mediaset in cui spiega la 'sua' verità su questo procedimento.

Per ora a dominare è comunque la reazione rabbiosa, ma poiché la condanna era abbondantemente messa in conto, nei giorni scorsi tra Arcore e palazzo Grazioli si sono fatti anche ragionamenti a medio termine. Intanto, tenere in vita l'alleanza con il Pd costituisce un freno al saldarsi di un asse tra i democratici e i 5Stelle su provvedimenti come quello sull'ineleggibilità. E poi, si punta l'attenzione sulla Cassazione. Perché è all'ultimo grado di giudizio che si guarda, quello sì capace di far saltare tutto in un secondo. E, almeno su quel fronte, oggi Berlusconi ha incassato una buona notizia, con l'elezione di Giorgio Santacroce - vicino a Cesare Previti - a nuovo primo presidente della Suprema Corte. Con la speranza che sia quello il suo 'giudice a Berlino'.

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