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Giovedì, 28 Marzo 2024
Processo Thyssen

Rogo Thyssen, incubo senza fine: annullate le condanne ai manager

Respinto il ricorso della procura di Torino: fu omicidio colposo e non volontario. La Cassazione ordina un nuovo processo d'appello. Rabbia dei familiari delle sette vittime del rogo all'acciaieria di Torino: "Non hanno avuto il coraggio di dire la verità"

TORINO - Se giovedì sera la Cassazione avesse detto sì, per tutti gli imputati si sarebbero aperte le porte del carcere. E invece, nulla da fare, ancora una volta. Servirà, per decisione dei giudici supremi, un nuovo processo d'appello per determinare le pene dei sei imputati per l'incendio scoppiato nello stabilimento ThyssenKrupp di Torino nella notte tra il cinque e il sei dicembre 2007, che costò la vita a sette operai. 

La Corte di Cassazione ha infatti scelto di rinviare gli atti alla corte d'assise d'appello: confermata, quindi, la responsabilità degli imputati ma nessuna decisione sulla, almeno non per ora. Il rischio, una grande paura per i familiari delle vittime, è che ora le pene per i manager coinvolti possano abbassarsi ulteriormente, dopo che già in secondo grado l'omicidio volontario era stato declassato a colposo. 

"Sono codardi - ha urlato una signora, madre di uno degli operai morti, di fronte all’aula magna della Suprema Corte - non hanno avuto il coraggio di emettere una sentenza, dire qual è la verità". "Siamo delusi perché dopo sei anni e mezzo non è stata ancora scritta la parola fine", ha attaccato Antonio Boccuzzi, l’unico lavoratore sopravvissuto al rogo, oggi deputato del Pd. Secondo i familiari, le pene potrebbero insomma essere ulteriormente riviste al ribasso.

Thyssen, il rogo e il processo: un incubo lungo sette anni

Il sostituto procuratore generale della Cassazione, Carlo Destro, aveva invece chiesto la conferma delle pene ridotte in appello per i dirigenti e l’amministratore delegato responsabile dello stabilimento Thyssen, avendo escluso che la tragedia del 2007 alle acciaierie torinesi sia stato "omicidio volontario". Il pg Destro aveva chiesto, alle Sezioni unite penali della Suprema Corte, di respingere il ricorso della Procura di Torino contrario alla riduzione delle pene irrogate in appello ai manager responsabili del rogo del 2007 a Torino, di respingere anche i ricorsi degli imputati, e di escludere "Medicina Democratica" dalle parti civili. La difesa aveva invece messo all’indice la durezza del verdetto di secondo grado: nel corso del suo intervento, il professor Franco Coppi aveva affermato che la Corte d’appello era stata troppo severa e aveva parlato di "trattamento sanzionatorio pesantissimo". Per Coppi, "gli imputati non avevano previsto che sarebbe potuta accadere una cosa del genere. Piccoli incendi si innescavano tutti i giorni ma venivano facilmente controllati. La colpa vera è quella di non aver previsto tutte le eventualità che sarebbero potute accadere".

Dopo la decisione della Corte di Cassazione, però, tutto ciò non vale più. E' tutto da rifare. 

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