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Sabato, 20 Aprile 2024
Immigrazione

L'arcivescovo di Torino scrive ai cittadini: "Ospitate profughi in casa"

L'arcivescovo del capoluogo piemontese scrive una lettera a parroci, associazioni e famiglie "Ogni parrocchia accolga cinque profughi, ogni famiglia uno. E non sia solo accoglienza notturna, ma ospitalità completa"

ROMA - Monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, ha inviato un lettera a parroci e parrocchiani lanciando un appello per ospitare le "vittime di una migrazione forzata". Il prelato non chiede solo l'intervento delle strutture di accoglienza della diocesi, affinché accolgano almeno cinque rifugiati ciascuna, ma si rivolge anche alle famiglie: "Accogliete in casa un rifugiato".

Un appello accorato per un "supplemento di impegno" da parte di tutti, "rifuggendo da cinici populismi o ingenui buonismi". Perché quello che sta accadendo, con le tragedie quotidiane di profughi, "interpella ciascuno di noi, non solo le istituzioni, sul senso vero che diamo alle parole 'solidarietà' e 'giustizia'". Scrive Nosiglia:

Cari presbiteri, diaconi e religiosi, famiglie e fedeli della Diocesi di Torino e cari cittadini, in questo periodo estivo è emersa in tutta la sua gravità la problematica dell'accoglienza dei rifugiati che giungono numerosi nella nostra patria come in altre nazioni europee per fuggire da situazioni tragiche di guerre, violenze e povertà estreme. Ne sono derivate polemiche e contrapposizioni aspre. Tutti ci accorgiamo che un clima di tensione incentivato anche dai media non giova ad affrontare con equilibrio e generosità questa emergenza, che invece esige un supplemento di impegno da parte di ogni componente sociale, rifuggendo da cinici populismi o ingenui buonismi.

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"Cavalcare le paure e gli allarmismi - avverte l'arcivescovo - ingenera atteggiamenti di rifiuto che chiudono il cuore e addormentano la responsabilità di fronte all'obbligo forte consegnatoci dal Signore e che deve risuonare nelle coscienze e nel cuore di credenti e cittadini: 'ero forestiero e mi avete ospitato'. Il buonismo ingenuo, a sua volta, rischia di ostacolare una intelligente gestione dei vari problemi che l'accoglienza pone. Sono questioni che vanno affrontate con la volontà di mettere al centro la persona bisognosa e che interpellano ciascuno di noi, non solo le istituzioni, sul senso vero che diamo alle parole 'solidarietà' e 'giustizia'". 

L'ACCOGLIENZA STRAORDINARIA - Per questo "pur consapevole dell'impegno che comporta la proposta, chiedo ad ogni Unità Pastorale della nostra Diocesi di provare a definire un concreto programma di accoglienza straordinaria e di accompagnamento per alcuni fratelli e sorelle vittime della migrazione forzata. Si tratta in partenza di affrontare il bisogno urgente dell'alloggio per poi promuovere insieme alle altre realtà ecclesiali e civili un sostegno effettivo al percorso di inclusione sociale di cui avranno bisogno. Finora abbiamo messo a disposizione in diverse strutture ecclesiali capaci di accogliere decine e decine di persone - oltre 500 posti, senza contare tanti piccoli nuclei di singole persone o famiglie accolte nelle parrocchie. L'acuirsi dell'emergenza esige ora un intervento diverso, per favorire l'accoglienza capillare di gruppi numericamente più piccoli, ma geograficamente più diffusi sul territorio".

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In particolare l'arcivescovo chiede ai moderatori e referenti territoriali della Caritas, San Vincenzo e altre realtà che operano nel sociale, di promuovere in ogni unità pastorale uno o più luoghi di accoglienza temporanea capaci di ospitare 5 persone ciascuno, cercando la disponibilità presso le parrocchie, gli istituti religiosi, le case di risposo, altre strutture ecclesiali presenti sul territorio, "le comunità siano coinvolte in questa iniziativa sentendosene responsabili e offrendo il loro sostegno". E Monsignor Nosiglia precisa anche che "non si tratta di una accoglienza solo notturna, come per quella offerta ai senza dimora da alcune parrocchie, ma di ospitalità completa per alcuni mesi, in base alle necessità e alle indicazioni che le Istituzioni pubbliche potranno fornirci".

L'INVITO ALLE FAMIGLIE - Un'accoglienza alla quale l'arcivescovo invita anche le famiglie: "La capillarità di tale operazione, unita all'invito affinché anche alcune famiglie siano disponibili ad accogliere un rifugiato in casa, può produrre un frutto molto positivo: oltre all'estensione del numero di persone che ne usufruiscono, avvia un'azione di responsabilità da parte delle comunità cristiane e civili e di ogni cittadino, che rifiutano quella cultura dello scarto, di cui tanto ci ha parlato Papa Francesco in riferimento anche agli anziani, poveri, malati e disabili, disoccupati o in cerca di lavoro, famiglie soggette a sfratto incolpevole". Che "Dio, che non si lascia vincere in generosità e ama chi dona con gioia, saprà moltiplicare il bene fatto anche a vantaggio di chi lo fa".

L'arcivescovo non si nasconde le difficoltà e "siccome l'iniziativa presenta anche aspetti delicati, per rendere ordinato il progetto e per attuarlo davvero in rete chiedo ad ogni Unità Pastorale di riferirsi all'Ufficio Pastorale dei Migranti che - in stretta collaborazione con la Caritas diocesana - offrirà un supporto di indirizzo, di coordinamento, di informazione, di elaborazione progettuale".

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