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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Palermo

Rapito da finti poliziotti e ucciso: un disegno della figlia incastra gli assassini

Il caso dell'omicidio di Giampiero Tocco: ergastolo per due boss. L'uomo venne sequestrato da un commando di uomini di Cosa nostra a Terrasini, in provincia di Palermo, torturato e poi ucciso. Fu un disegno di sua figlia di sei anni a svelare agli inquirenti cosa era avvenuto

Quattro capimafia condannati all'ergastolo nel palermitano: erano accusati, a vario titolo, del duplice omicidio di Antonino Failla e Giuseppe Mazzamuto e dell'assassinio di Giampiero Tocco. Le condanne sono arrivate a distanza di vent'anni dai fatti. Si tratta di Salvatore Cataldo, Antonino Di Maggio, Giovan Battista Pipitone e Vincenzo Pipitone. Antonino Failla e Giuseppe Mazzamuto furono uccisi con il metodo della "lupara bianca" il 26 aprile 1999. I due vennero attirati in un'abitazione dai boss di San Lorenzo: il primo fu ucciso a colpi di accetta, mentre il secondo con un’arma da fuoco. I loro cadaveri non sono mai stati ritrovati.

Per portarli sul posto i capimafia gli avrebbero teso una trappola dandogli appuntamento in un punto preciso, dove poi fu fatto arrivare un escavatore per nascondere, oltre ai cadaveri, anche l’auto.

Giampiero Tocco rapito e ucciso: un disegno della figlia incastra gli assassini

Per quanto riguarda l'omicidio di Giampiero Tocco, invece, erano imputati Vincenzo e Giovambattista Pipitone. Era il 26 ottobre del 2000: l'uomo fu sequestrato da un commando di finti agenti che avevano inscenato un posto di blocco. Quando lo fermarono, a bordo del fuoristrada c’era anche la figlia di sei anni. Fu proprio la bambina - che oggi ha 26 anni - a chiamare la madre e fornire poi indicazioni sull'accaduto attraverso un disegno che mostrava un uomo con la paletta con accanto la scritta "polizia".

I fatti vennero registrati dalle microspie che i carabinieri avevano installato nel fuoristrada poiché sospettavano che Tocco fosse coinvolto nell’uccisione di Giuseppe Di Maggio, figlio del noto Procopio, già reggente della famiglia mafiosa di Cinisi e storico alleato di Totò Riina. Le dichiarazioni di Antonino Pipitone, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Carini, e quelle di due pentiti, hanno poi portato alla svolta nelle indagini. I riscontri eseguiti dai militari dell’Arma hanno infatti consentito di ricostruire il delitto e determinare i ruoli ricoperti nella vicenda.

Omicidio Giampiero Tocco: il finto posto di blocco della polizia

Furono Antonino Pipitone e Salvatore Gregoli ad inscenare il finto posto di blocco della polizia, indossando delle apposite pettorine e utilizzando un’auto con lampeggiante per fermare il fuoristrada, sequestrare Giampiero Tocco e condurlo in un’abitazione a Torretta. Ferdinando Gallina, Gaspare Pulizzi, Damiano Mazzola, Salvatore e Sandro Lo Piccolo fungevano da “staffetta”. Giovan Battista e Vincenzo Pipitone, insieme a Salvatore e Sandro Lo Piccolo, uccissero la vittima strangolandola. 

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Ferdinando Gallina, detto Freddy, e Gaspare Pulizzi effettuarono i sopralluoghi lungo l’itinerario percorso nei giorni precedenti da Tocco. Gallina e Pulizzi caricarono il cadavere all’interno di un’auto e lo trasportarono in contrada Dominici di Torretta, dove venne sciolto nell’acido alla presenza di Angelo Conigliaro (deceduto), Vincenzo, Antonino e Giovan Battista Pipitone. Sempre secondo questa ricostruzione, Tocco fu ucciso perché i Lo Piccolo lo ritenevano tra i responsabili dell'omicidio di Giuseppe Di Maggio, figlio di don Procopio, boss di Cinisi.

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