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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca Brescia

"L'ho strangolata": il padre di Sana confessa, ora rischia la pena di morte

L'uomo avrebbe dichiarato di essersi fatto aiutare dal figlio: la giovane uccisa il giorno prima di fare ritorno a Brescia. Il sindaco di Brescia: "Colpito positivamente dalla reazione della comunità pakistana"

"L'ho uccisa io". Avrebbe confessato di aver ucciso la figlia il padre di Sana Cheema, la 26enne italo-pakistana morta il 18 aprile durante un soggiorno nel suo Paese di origine. Secondo quanto riferiscono i media pakistani, Ghulam Mustafa, questo il suo nome, ha raccontato di essersi fatto aiutare da uno dei figli maschi per strangolare la ragazza, che si opponeva a un matrimonio combinato, fino a romperle l'osso del collo.

La confessione arriva il giorno dopo i risultati dell'autopsia disposta dalle autorità pachistane sul corpo della giovane, che aveva evidenziato come Sana fosse stata strangolata. L'uomo, che ha la cittadinanza italiana, è agli arresti da settimane in Pakistan insieme al figlio Adnan Mustafa e al fratello Mazhar Iqbal proprio perché sospettato di essere responsabile dell'omicidio della figlia, che avrebbe rifiutato di sposare un parente. Ora, insieme ai parenti-complici, rischia l'ergastolo o addirittura la pena di morte. Il delitto d'onore, secondo una ricostruzione dei fatti ancora parziale, sarebbe avvenuto il giorno prima della prevista partenza di Sana per l'Italia.

"Sana è stata strangolata, un terribile delitto d'onore"

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Il referto dell'autopsia eseguita sul corpo della giovane

La ragazza, nata in Pakistan, a Brescia aveva frequentato le scuole e, dopo aver lavorato in un'autoscuola, ora gestiva un'agenzia di pratiche automobilistiche. Un paio di mesi fa era tornata nel suo Paese natale, nella provincia del Gujarat, assieme alla famiglia, che voleva farla sposare secondo un matrimonio combinato. "Ha detto che andava in Pakistan perché aveva ricevuto una telefonata importante - aveva raccontato un vicino di casa -. Non ha spiegato molto, ma solo che aveva un biglietto di ritorno". La giovane, invece, non è mai tornata a casa.

Il sindaco di Brescia Emilio Del Bono ha commentato: "La vicenda di Sana ribadisce l'impegno che noi ci mettiamo come città, come comunità e come amministrazione per continuare quel lavoro fondamentale di integrazione e inclusione che ha però dei punti fermi che sono i principi della Costituzione italiana, i valori dei diritti fondamentali della persona e dei diritti di parità di genere, figli di una lunga stagione di lotte". "L'omicidio si è consumato in Pakistan anche perché chi ha agito aveva la consapevolezza che qui non l'avrebbe fatta franca. Sulla questione del rimpatrio della salma noi non possiamo far nulla, spetta alla famiglia avviare le pratiche: ora nessuno dei parenti di Sana risiede a Brescia, ma qualora fosse necessario siamo disponibili a fornire il nostro aiuto", ha aggiunto, prima di sottolineare come la comunità pakistana di Brescia abbia avuto un ruolo positivo per portare a galla l'intera, terribile vicenda: "Se non ci fosse stata una denuncia sempre più evidente e progressiva di esponenti della comunità pakistana, che hanno disvelato quanto accaduto e costretto le autorità del Pakistan ad avviare un'attività investigativa, magari avremmo avuto dei tempi più lunghi e un'ambiguità maggiore".

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