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Venerdì, 19 Aprile 2024
Crisi economica

Lo sfratto, la malattia e il baratro: "La mia vita dopo aver perso il lavoro"

Mario, 43 anni e una grave disfunzione cardiaca, si è ritrovato senza casa da un giorno all'altro: "Vivo in un dormitorio, nessuno è disposto ad assumermi". E sempre più spesso chi perde tutto si vergogna di chiedere aiuto e preferisce la strada

BOLOGNA - Mario (nome di fantasia), 43enne bolognese, è ospite del dormitorio "Beltrame" di via Sabatucci. La storia è di quelle tipiche: il lavoro che scarseggia, l'affitto che non si riesce più a pagare, e Mario si ritrova senza casa.

Una disfunzione cardiaca, diagnosticata e certificata, ha permesso all’ex trasportatore di entrare subito in un programma di recupero, posto letto compreso. Ma per Mario sta diventando un problema. "Io sto cercando lavoro, ma il punto è che per quello che ho al cuore lavoro non ne trovo".

Magazziniere, trasportatore, addetto alle pulizie, il 90 per cento dei lavori richiede degli sforzi cardiaci, cosa che Mario non può permettersi. "L’unica mansione alla portata è il portinaio, ma al giorno d’oggi assumono solo gli istituti di vigilanza, e con le mie caratteristiche nessun istituto mi assumerebbe". E così rimane nel limbo. 

VIDEO-INTERVISTA: "LA MIA VITA DOPO AVER PERSO IL LAVORO"

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La storia di Aurora

Aurora invece ha 48 anni, ed è originaria della Romania. E' arrivata con altre persone in macchina, subito dopo che il suo paese natale è entrato a fare parte dell’Unione Europea, nel 2008. Ha vissuto due anni dormendo per strada, ma poi le cose sono migliorate. Qualche anno dopo, mentre cercava di mantenersi con una serie di lavori saltuari il padrone della casa che condivideva con altri in zona Corticella non ne ha voluto più sapere. Aurora si trova bene in dormitorio, ma non vuole nemmeno rimanere con le mani in mano: cerca lavoro come addetta alle pulizie. La cosa che le manca di più - dice - è il pranzo: infatti, al dormitorio servono solo un pasto al giorno. 

Quella di Mario e di Aurora sono due tra le tante storie di disperazione ed esclusione sociale che arrivano dal capoluogo emiliano, come racconta BolognaToday in un articolo di Sirio Tesori. 

Viaggio tra i senzatetto bolognesi

Con l’arrivo della brutta stagione la città si sta preparando a dare un riparo a chi, per i casi della vita, si è ritrovato a dormire per strada. Si stima possano essere oltre 250 le persone senza fissa dimora che passano la notte accampate nei punti più riparati dalle intemperie sotto le due torri. Circa il 40 per cento di queste sono figure note a chi, a vario titolo, si occupa di assistenza ai senzatetto. Uomini e donne che vogliono rimanere in strada, nonostante tutto.

La mappa dell'esclusione sociale

I ripari scelti da queste persone sono grandi edifici vicini ai luoghi di passaggio o in prossimità di luoghi che offrono assistenza. Il piazzale della stazione centrale, l’autostazione, davanti qualche padiglione dell’ospedale S.Orsola, sulle scalinate del Paladozza, ma anche il liceo Righi e in prossimità delle porte Castiglione e S.Mamolo. Perfino i lontani portici di San Luca offrono un riparo dalla pioggia. Nei pressi della stazione si stima possano trovare rifugio un’ottantina di persone, mentre negli altri luoghi il numero arriva fino a 15, tra uomini e donne.

"Nessuno sceglie di vivere in strada"

"No, guardi, per scelta nessuno veramente decide di rimanere in strada" chiarisce una addetta (che preferisce rimanere anonima) di una delle unità mobili che monitorano il fenomeno durante tutto l'anno. Nelle attività di monitoraggio più della metà delle persone accetta di essere aiutata, ma altre rimangono, loro malgrado, perversamente attaccate alla strada, anche d’inverno. "Chi rifiuta l’assistenza di solito rifiuta di ricominciare da capo. Si tratta di persone, per la maggior parte di nazionalità italiana, che in qualche caso guadagnavano anche 2mila euro al mese, prima di perdere tutto. Prima la perdita del lavoro, poi l’assottigliamento della rete sociale e, infine, l’allontanamento degli affetti trascina con sé una spirale fatta di distaccamento, di perdita dell’autostima, di auto-isolamento, fino all’indigenza".

Dai portici alla stazione, clochard a Bologna

Dopo aver toccato il benessere - ci spiegano- ricominciare diventa difficile, a partire dalla condivisione degli spazi. Da qui il rifiuto di ripararsi nelle strutture collettive. Vivere per strada è usurante, per il corpo e per i nervi, ma risalire la china è sempre possibile. "Abbiamo avuto un caso di tre signori anziani" spiega la ragazza "che dopo anni di vita in strada sono riusciti a rimettersi in piedi e a trovare lavoro".

L'help center in stazione

Al Piazzale Est della stazione ferroviaria i gestori di "Help center" offrono un servizio di orientamento ai senza fissa dimora, e smistano le persone che chiedono aiuto presso strutture come dormitori e ambulatori. L’help center è un servizio cosiddetto a "bassa soglia": chiunque può accedervi, senza filtri o burocrazia da svolgere. "Attualmente riceviamo una media di 20-25 persone" dichiara Ilaria Avoni, coordinatrice della struttura, che aggiunge: "Chi viene qui è un uomo, nel 70 per cento dei casi". Per la grande maggioranza le richieste sono di un posto letto, poi seguono le indicazioni su mense e ambulatori. Dalla fine dell’estate i contatti giornalieri stanno aumentando, per via della cattiva stagione e delle temperature che si abbassano. Nell’ultimo "Piano Freddo", il dispositivo amministrativo che si attiva in inverno e quando le temperature si abbassano molto, il Comune di Bologna ha messo a disposizione - si legge sul sito- complessivamente 238 posti, suddivisi in 11 strutture. I luoghi per stare "al caldo" nel complesso ci sono, rimane però la difficoltà di chi ha perso tutto e deve ricominciare. E per ricominciare, serve un tetto.

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