Con una media che supera i 1.100 € (come si può vedere dal grafico realizzato dall'Udu che prende in considerazione i dati del 2011) le tasse italiane sono tra le più care d'Europa. A pagare più di noi solo Regno Unito e Paesi Bassi. "Se guardiamo ai principali Paesi europei - spiega il coordinantore nazionale dell'Udu Orezzi - vediamo subito che Germania, Spagna e Francia hanno una tassazione decisamente inferiore a quella media italiana – ad esempio per la Francia la tassazione è di meno di 200 € annui per una laurea triennale”.

Dal grafico si evince anche che molti Paesi non facciano pagare le tasse universitarie agli studenti, perché completamente gratuite. Tra questi la Danimarca, la Norvegia, la Svezia, la Finlandia e persino l’Austria che nel 2008 ha abolito una tassazione universitaria di poco inferiore ai 750 € a studente. Se poi guardiamo alla spesa per il diritto allo studio, la situazione è completamente opposta.

L'Udu ha inoltre dimostrato che molte delle università hanno una tassazione fuorilegge poichè violano il Dpr numero 306 del 1997 secondo il quale ciascuna università non può chiedere ai propri studenti più del 20% dei soldi che riceve dallo Stato per gestire il proprio ateneo.

Il rapporto Federconsumatori 2011. Per il secondo anno consecutivo la Federconsumatori ha realizzato uno studio sui costi delle tasse delle Università Italiane. L’elaborazione dei dati è stata effettuata calcolando le tasse secondo le guide e i modelli presenti, sui siti web degli atenei presi in considerazione. La ricerca è stata svolta suddividendo l’Italia in tre macroaree: Nord, Centro e Sud (inserendo le Isole in quest’ultima), e quindi selezionando per ciascuna delle tre macroaree le tre regioni con il maggior numero di studenti (ISTAT, annuario statistico 2009). Per il Nord: Lombardia, Piemonte e Veneto; per il Centro: Lazio, Toscana e Emilia-Romagna; al Sud: Campania, Puglia e Sicilia.

Una volta individuate le regioni sono stati selezionati due atenei per ognuna, in base alla grandezza degli stessi (numero totale degli iscritti). Le tasse sono state calcolate prendendo ad esempio dei valori di I.S.E.E. fissi da confrontare con i vari modelli delle Università. La scelta di creare delle fasce generiche si è resa necessaria poiché ogni Ateneo applica un modello diverso per calcolare i contributi.

Sono state selezionate 5 fasce I.S.E.E.: la prima fino a 6.000€ di reddito; la seconda fino a 10.000€, la terza fino a 20.000€; la quarta fino a 30.000€; la quinta il massimo. A seconda della fascia di reddito all'interno della quale si rientra l'importo da pagare cambia. Coloro che rientrano nella prima hanno inoltre diritto alle borse di studio. Sono alcuni degli studenti che hanno diritto alle borse alla fine le ottengono poichè i fondi messi a disposizione dallo Stato sono limitati e continuano ad essere tagliati negli anni.

Oltre al reddito anche la scelta della facoltà influisce sul totale da versare: le facoltà umanistiche sono infatti meno care di quelle scientifiche. Dalla ricerca, inoltre, è emerso che in termini generali, sono le Università meridionali ad applicare le tasse più basse. Complessivamente, rispetto al 2010, si registra una lievissima contrazione dei costi a carico degli studenti appartenenti alle fasce di reddito più basse, e un incremento a carico, invece, delle fasce più alte.

Mandare un figlio all'università significa affrontare altri costi, oltre, alle tasse. Bisogna acquistare prima di tutto i libri scolastici che, come è noto, non sono proprio economicissimi. Da anni oramai si parla di Caro libri e aumentano. Se poi si prendono in considerazione anche gli studenti fuorisede la spesa schizza alle stelle. Si tratta di un investimento vero e proprio che in tempi di crisi, come quello che stiamo vivendo, oltre ad essere un lusso che in pochi possono permettersi non è nemmeno così sicuro.