"No alle grasse": Abercrombie non accetta donne in carne

'Vietato l'ingresso ai grassi': così può essere sintetizzata la politica aziendale di Abercrombie & Fitch, una catena di negozi di abbigliamento statunitense che non intende fornire capi alle clienti che indossino una taglia superiore alla 44.
Pare che Mike Jeffrey, attuale presidente e amministratore delegato dal 1992, non voglia vedere aggirarsi nei suoi locali donne che non possano indossare i suoi abiti stretti e modellati, poiché -come riporta l’autore Robin Lewis nel suo libro "The New Rules of Retail" a proposito del marchio Abercrombie- coloro che indossano la sua moda devono sentirsi come se appartenessero ai "ragazzi fighi".

Avere quale chilo di troppo sarebbe, pertanto, decisamente poco sexy, motivo per cui le taglie 'over' da tempo offerte dai marchi concorrenti vengono decisamente bandite dal 'tempio' deputato ad una sedicente valorizzazione della bellezza femminile. Perché il discrimine, alla fine, vale solo per le donne, dato che gli uomini possono 'esagerare' e arrivare a portare la XXL, magari "per attirare i giocatori di football e gli sportivi pieni di muscoli", scherza Lewis.

Tuttavia, questa discutibile modalità di approccio al marketing usata da Jeffrey era nota già nel 2006, quando lui stesso dichiarò in un'intervista che "in ogni scuola ci sono i ragazzi fighi e popolari, e poi ci sono i bambini non così 'cool'. E, dovendo essere sinceri, noi ci occupiamo dei ragazzi fighi, quei ragazzi attraenti che hanno un certo tipo di atteggiamento e con un sacco di amici. Molte persone, semplicemente, non entrano nei nostri vestiti e non ci entreranno mai. Escludiamo della gente? Certamente".

Nel marzo dello scorso anno, poi, aveva fatto scalpore la diffusione di una mail interna che impartiva dieci piegamenti, sulle braccia per gli uomini e sulle gambe per le donne, ai commessi del negozio milanese di corso Matteotti che non eseguivano alla perfezione gli ordini: "Così impareremo di più e saremo in forma", consigliavano i capi.