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Giovedì, 18 Aprile 2024
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'Escludo il ritorno': in 10 anni 700 mila cervelli sono scappati via dall'Italia

Partono per non tornare i ragazzi italiani: con una media di 68mila all'anno, il nostro paese si svuota di talenti, di intelligenze e di speranze. I buoni propositi per arginare il fenomeno non mancano, tutto il resto sì

Germania, Argentina, Brasile, Gran Bretagna, Stati Uniti e Australia: ogni angolo del mondo è buono per cercar fortuna, basta rimboccarsi le maniche, fare fagotto e scappare via dall'Italia.

Così l'hanno pensata nell'ultimo decennio quasi 700mila laureati all'anno che passando dall'11,9% del 2002 al 27,6% del 2012, hanno dimostrato quanto questo paese somigli sempre più ad uno di quei genitori facoltosi che, dopo aver investito sulla formazione dei figli una cifra pari a 8,5 miliardi - in pratica, un anno di finanziamenti all'Università -, si lava mani e coscienza, convinto che tanto basti per garantire loro il futuro degno dell'altisonanza di una casata che, in fin dei conti, vive della vacuità di una nobiltà decaduta.

I dati in questione, emersi da una ricerca realizzata da Editutto nell'ambito di un convegno organizzato dalla Fondazione Malavasi-Scuole Manzoni di Bologna, parlano di una condizione davvero preoccupante e non per tanto le partenze dei ragazzi che sembrano comunque in linea con il resto d'Europa, quanto per l'assenza di arrivi, perché la cosiddetta 'brain circulation', la circolazione dei cervelli, qui, è quasi a senso unico e chi parte, generalmente, ha in tasca e in testa solo il biglietto di andata.

Dell'altro fenomeno, poi, il cosiddetto ‘brain exchange’, che favorisce lo scambio paritario di risorse intellettuali tra due o più Paesi, manco a parlarne: basti pensare che nell'ultimo anno ci sono state otto scoperte depositate all'estero dai ricercatori italiani come autori principali, oltre ai 66 brevetti che hanno visto la partecipazione di italiani in qualità di membri del team di ricerca.

Nell'ambito dell'iniziativa bolognese si è parlato di come favorire il rientro dei 'cervelli', con la lotta al nepotismo e al baronismo, con l'urgenza di strutturare un mercato del lavoro più equo e quella di abbinare le giuste tutele, ma il danno che intanto viene arrecato a questa fetta di popolazione è un vero e proprio salasso in termini di competitività, contro la quale i buoni propositi hanno la stessa forza di un Don Chisciotte che lotta con il mulino a vento delle chiacchiere.

L'Italia non è un paese per giovani, questa è la realtà che si fregia della globalizzazione dall'anfratto della sua impotenza e - anzi - non è neppure un paese per vecchi, la verità, considerando che con la crisi emigrano anche le teste grigie degli over 40 appartenenti alle fasce sociali più colpite, persone che, a detta della Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa, "la mancanza di occupazioni qualificate non permette di valorizzare e che puntano a 'vendere' la propria esperienza all'estero, in mercati emergenti e non riflessivi come quello italiano".

E in attesa di capire per chi sia davvero questo Paese, il cavallo campa, l'erba cresce e  la gente, nel dubbio, se ne va. Goodbye, Itlay.

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