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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Senza trucco, le magnifiche donne del vino

La naturale grazia della mano femminile per le delizie di Bacco

Da QuiComo.it - Il vino è un mondo che accende grandi passioni. Soprattutto quando si viaggia nell’universo dei piccoli produttori, ovunque costellato da grandi storie di donne. Si rischia di fare la fine di Rob, il protagonista di Alta Fedeltà, il celebre romanzo di Nick Hornby, che si innamorava di tutte le cantautrici che incontrava. Basterebbe guardare Senza trucco, il bellissimo documentario di Giulia Graglia, per rimanere folgorati dal fascino delle vignaiole. 

Tra le prime della nuova generazione a conquistare le pagine dei giornali ricordiamo senz’altro Arianna Occhipinti, la Joan Baez del vino: autentica, sincera, naturale, ogni sua bottiglia è un canto. Il suo Diamond and Rust si chiama Frappato e arriva dalla Sicilia. In Natural Woman ha raccontato il ritorno nella sua meravigliosa terra dolente, a soli 22 anni, per fare il  vino. Ma questo cosmo non sarebbe così luminoso se prima di Arianna non ci fossero state altre donne di grande carattere. Come Nicoletta Bocca, figlia del grande Giorgio, che al vino ci è arrivata nel modo più semplice: bevendolo. Un particolare che non ha mai dimenticato. Solo così le sono rimaste impresse alcune delle qualità più importanti che un appassionato deve ricercare in un rosso, in questo caso nel suo magnifico Dolcetto della Langhe, in Piemonte: durata nel tempo, tenuta a bottiglia stappata, consistenza ed eleganza, verità. Elisabetta Foradori, invece, è la regina della biodinamica in Italia: il suo splendido Teroldego è il risultato dello straordinario equilibrio che ha saputo creare con la terra, vivendo le sue piante con le stesse apprensioni di una madre che, per proteggerli, cresce i suoi frutti in speciali culle d’anfora. Lo stesso discorso lo possiamo fare in Toscana con Giovanna Tiezzi e le bottiglie di Pacina, in Emilia quando si incontra la magia dell’Ageno e della Macchiona di Elena Pantaleoni, in Piemonte con i rossi di Bruna Carussin o di nuovo in Sicilia con la grinta di Marilena Barbera, l’estro tutto australiano delle piccole magie enologiche di Anna Martens e il passito dell'isola di Vulcano di Paola Lantieri, per risalire infine in Abruzzo da Cristiana Galasso, la vignaiola fiammiferaia che produce vini affilatissimi come il Lama Bianca. Un giro d’Italia bellissimo, ricco di quella grazia femminile tanto cara al vino.

La più giovane

Dopo gli studi a Pisa, scienze politiche, Mariapaola “Wonder” Di Cato è tornata a Vittorito, in Abruzzo, dove suo padre aveva deciso nel 2006 di riprendere a lavorare i terreni del nonno a tempo pieno. Dopo vari lavori, mentre le vigne di casa continuavano a scorrere sotto i suoi occhi, Paola ha deciso di mettersi in gioco maturando l'idea di fare qualcosa per restituire dignità a quelle nobili terre. All’inizio non è stato facile ottenere carta bianca dal papà, ma con il passare degli anni ha conquistato fiducia e spazio, fino a ottenere persino le forbici per la potatura, in quelle zone vige ancora la legge che alcuni lavori li fanno solo gli uomini. Dal 2015 finalmente esce con le sue etichette, nel senso che le ha disegnate personalmente, che raccontamo attraverso i suoi colori non solo il vino (Cerasuolo, Malvasia e Montepulciano d'Abruzzo) ma anche il proprio modo di vivere e viverlo.

Dalla finanza alla campagna

La storia di Rocco Carpeneto è quella di un cambiamento radicale di vita e di trasformazione in lavoro di una passione. Nel 2008 Lidia Carbonetti e suo marito Paolo Baretta, entrambi manager dell’alta finanza, decidono di compiere il grande passo: da Milano, dove vivono provenienti rispettivamente da Roma e dal Lago di Garda, si trasferiscono in Alto Monferrato Ovadese, luogo scelto solo come conseguenza dell’avere trovato in quella terra una proprietà da acquistare con vigne molto vecchie e belle. Raggiunto il primo obiettivo, Lidia torna all’università, diventando quindi enologa, mentre Paolo inizia a occuparsi degli aspetti organizzativi dell’azienda. A distanza di quasi 10 anni le bottiglie di Lidia raccontano l’anima di chi le produce. Quando incontri i suoi occhi, così accesi, sinceri e cortesi, capisci subito che le sue Barbera e i suoi Dolcetti non saranno diversi. È una legge che raramente sovverte le sue regole: lo sguardo di una vignaiola dice le stesse cose che racconta un bicchiere del suo vino.

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