Ogni due giorni muore una donna. Il dramma del femminicidio
Cento donne sono state uccise in Italia dall'inizio del 2012. L'87 per cento dichiara di aver subito violenza tra le mura domestiche
A Palermo due sorelle di 17 e 18 anni sono state accoltellate: una è morta, l'altra è grave. Il presunto assassino sarebbe l'ex fidanzato della sorella della vittima. La ragazza sarebbe intervenuta per difendere la sorella dalla violenza dell'uomo, che non si era rassegnato alla conclusione del rapporto.
Si tratta del 100esimo femminicidio dall'inizio del 2012 in Italia. Un neologismo che ormai è entrato tragicamente a far parte del nostro quotidiano e cha ha origini lontane, almeno geograficamente: dal 1992 a Ciudad Juarez, una cittadina di confine tra il Messico e gli Stati Uniti, sono scomparse più di 4500 giovani donne e più di 650 sono state struprate e abbandonate, nel silenzio più assordante delle istituzioni, della polizia e dei giornali.
Secondo i dati di Telefono Rosa e Istat, nel nostro Paese ogni due giorni una donna resta vittima di un omicidio, compiuto nella maggior parte da mariti, ex compagni, fidanzati.
Nel 2011, il numero delle donne uccise da mariti, compagni o conviventi è stato 137: un femminicidio ogni tre giorni. L'87 per cento delle donne che si sono rivolte al Telefono Rosa ha dichiarato di aver subito violenza in famiglia o da persone considerate come "loro cari".
Riccardo Iacona, giornalista Rai e conduttore di "Presadiretta" su Rai3, ha svolto un'inchiesta su quella che ormai è un'emergenza nazionale. Il risultato è il libro "Se questi sono gli uomini", edito da Chiarelettere, che raccoglie il resoconto di "un viaggio terribile" tra il Nord e il Sud del Paese per raccontare "una guerra che prima di finire sui giornali nasce nelle case, dentro le famiglie, nel posto che dovrebbe essere il più sicuro e il più protetto e invece diventa improvvisamente il più pericoloso", come si legge nella quarta di copertina.
Soli pochi giorni fa, il 99esimo delitto: Vincenzina Scorzo di Collegno (TO), è stata uccisa dal marito con undici coltellate, davanti agli occhi del figlio di sedici anni.
Un fatto di cronaca riportato su diversi giornali, tra cui La Stampa, molti dei quali hanno puntato l'attenzione, nei loro titoli e nei loro articoli, sull'improvviso raptus di follia che ha colto l'assassino, perché "lei non lo lasciava parlare".
La scrittrice Michela Murgia ha inviato una lettera aperta a Mario Calabresi, direttore del quotidiano torinese.
Queste morti, scrive la Murgia, questi omicidi di genere sono ormai un "fenomeno sociale che ipotizza come movente comune la normalizzazione culturale della violenza di genere (anche grazie ad articoli come questo)", trattate "come un evento misterioso, un fenomeno paranormale in forza del quale non è stato l'assassino a uccidere la donna, ma 'un pensiero che gli ha messo in mano un coltello'". La scrittrice chiede a Calabresi di "aprire un tavolo di confronto - tra giornalisti e donne e uomini che ragioni di linguaggi - che definisca le linee di un codice etico per parlare con rispetto delle donne assassinate".