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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia Italia

Abbassare le tasse è possibile: l'Antitrust chiede una riforma fiscale europea

Il neo presidente dell'autorità garante per la concorrenza denuncia: "L'Italia perde oltre 5 miliardi l'anno per il dumping fiscale dei partner Ue" e cita il caso della Fca volata a Londra per pagare meno. "Gli egoismi di pochi all'interno della Ue impediscono di abbassare le tasse"

Alcuni Paesi dell'Unione europea realizzano un vero e proprio dumping fiscale che penalizza l'Italia. Questo il monito che arriva dal neopresidente dell'Autorità garante della Concorrenze e del Mercato Roberto Rustichelli che oggi ha illustrato al Parlamento la Relazione annuale dell'Antitrust.

Come ha spiegato il Garante la concorrenza fiscale ha generato un danno al nostro Paese che può essere stimato tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari l'anno.

A beneficiarne le aziende multinazionali a scapito delle piccole e medie imprese che costituiscono il tessuto produttivo dell'Italia. Ma ad essere danneggiati anche le grandi società che secondo l'Antitrust sono soggette a un grave svantaggio competitivo poiché "la proprietà mantiene comportamenti fiscali lodevolmente etici nei confronti del nostro Paese".

Da trasferimento Fca danno economico per lo Stato

Il presidente dell'antitrust cita a titolo di esempio la Fiat che divenuta Fca ha trasferito la sede fiscale a Londra e la sede legale e fiscale della società sua controllante in Olanda causando un "rilevante danno economico per le entrate dello Stato". 

Dall'Antitrust arriva quindi l'invito di riformare l'imposizione fiscale consentendo che le imposte siano versate "nel luogo in cui gli utili e il valore sono generati".

Come rileva ancora il presidente dell'antitrust gli accordi fiscali stretti da alcuni paesi Ue sono in grado di conferire "un vantaggio specifico a talune imprese idoneo a distorcere la concorrenza".

"Tali accordi fiscali, in molti casi avvolti da segretezza, minano il patto di fiducia tra i Pesi membri e gettano un'ombra sulla leale partecipazione al mercato unico. È indispensabile ritrovare un approccio strategico comune a livello europeo per porre fine alle distorsioni del mercato attualmente esistenti, assicurando che l'imposta sia versata nel luogo in cui gli utili e il valore sono generati".

Rustichelli ha infine sottolineato come "la riduzione degli introiti dovuta agli egoismi di pochi" all'interno della Ue "impedisce di abbassare le tasse alle imprese e ai cittadini, anzi spesso impone ai governi che la subiscono politiche fiscali più severe".

Che cos'è il dumping fiscale

Ma che cos'è dunque questo dumping fiscale? Con questo termine mutuato dall'inglese si intende il ribasso di aliquote e pressione fiscale per attrarre contribuenti da altre parti del mondo. Ciò consente ad uno Stato guadagni supplementari sul fronte delle imposte dirette e sui loro consumi in loco.

Per le imprese tuttavia, sopratutto per quelle di dimensioni maggiori, la concorrenza fiscale rappresenta un vantaggio che permette di scegliere dove farsi tassare e farsi tassare quindi meno. Come denuncia oggi l'antitrust il fenomeno, oltre certi livelli, produce tuttavia fenomeni distorsivi della concorrenza e un freno alla ridistribuzione dei redditi da parte dello Stato.

Quali sono i paradisi fiscali

L'antitrust punta così il dito contro quegli Stati che pongono in essere forme di fiscalità aggressiva: ecco dunque i cattivi esempi dell'Olanda, Irlanda, Lussemburgo e Regno Unito.

Ad esempio il Lussemburgo - paese di circa 600 mila abitanti - raccoglie imposte sulle società pari al 4,5% del Pil, a fronte del 2% dell'Italia. Anche l'Irlanda (2,7%) fa meglio dell'Italia, nonostante un'aliquota particolarmente bassa che è, però, in grado di attrarre imprese altamente profittevoli con un margine operativo lordo mediamente pari al 69,4% del valore aggiunto prodotto.

La concorrenza fiscale 

Una minore tassazione attira investimenti: ad esempio il Lussemburgo attira investimenti esteri diretti pari a oltre il 5.760%, l'Olanda al 535%, l'Irlanda al 311%. E l'Italia? Si ferma al al 19% del Pil.

Anche per questo il Garante Antitrust invoca un superamento degli egoismi nazionali e il "recuperare un autentico spirito di solidarietà tra gli Stati". 

Verso un'aliquota fiscale europea

Già in passato si era parlato dell'imposizione di una aliquota fiscale unica per tutti i Paesi Europei. La proposta di una Common consolidated corporate tax base per l'equità fiscale tuttavia ha subito vari stop negli anni, rimanendo più volte negli archivi della Commissione Europea. Nel 2016 è stata rilanciata e dopo una prima approvazione del parlamento europeo ora spetta al consiglio europeo, ovvero agli Stati Membri, la parola per affossare o adottare il progetto.

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