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Martedì, 16 Aprile 2024
ECONOMIA

Le banche popolari spariscono e i piccoli imprenditori soffocano

Il pacchetto di riforme per il riassetto delle banche popolari non piace a molti: tra questi piccoli imprenditori e anche alcune fondazioni bancarie. Le "ragioni del no" cozzano con il volere di governo ed Europa

Si chiama "investment compact", un pacchetto di norme per il riassetto delle banche popolari e niente riforma per il credito cooperativo, come ha sottolineato il premier anche sui social network. Sono dieci, secondo il premier, le banche che verranno coinvolte nel provvedimento e che nei prossimi 18 mesi dovranno diventare Spa: "Non si tratta di danneggiare la storia dei piccoli istituti, ma di fare in modo che le banche italiane siano all'altezza delle sfide. Abbiamo troppi banchieri e facciamo troppo poco credito. Il 20 febbraio presenteremo non solo il decreto fiscale ma anche i provvedimenti sul lavoro che mancano". 

Ma cosa succederà a questi dieci istituti di credito? Il decreto del Governo vorrebbe trasformarle in Spa, società per azioni. Ovvero cambiano i consigli d'amministrazione e il modo in cui si vota: niente più principio capitario (il voto di ogni socio vale uno) ma i maggiori azionisti avranno più influenza sulle decisioni gestionali. Tutto ciò dovrebbe rimettere in moto il credito e sbloccare i finanziamenti. Ma Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica, non la pensa così:

Non cambierà niente per le imprese e tanto meno la capacità di credito non cambierà. Non c'è nessun dato che conferma quest'affermazione. Anzi: il mondo delle banche popolari in questo periodo di crisi è stato quello che ha erogato di più del sistema bancario. Il credit crunch è stato contenuto da questo tipo di banche. Insomma non è sicuramente a vantaggio di cittadini e imprese

Ma a chi piace allora questa riforma?

"Dall'andamento dei titoli in questi giorni i mercati finanziari sembrano gradirla, visto che una banca con una governarce capitaria non te la compri e c'è chi ha interesse a comprarla. Ma chi ha comprato le azioni delle popolari lo ha fatto proprio il suo particolare tipo di governance, più stabile delle Spa. Su questo queste banche hanno costruito il proprio valore e sono state competitive anche in questi anni di crisi" continua Biggeri.

DIECI BANCHE, LE PIU' GRANDI - Secondo il ministro dell’economia, Piercarlo Padoan "la scelta quantitativa" con l'applicazione del decreto a dieci grandi banche popolari "concilia la necessità di dare una scossa forte preservando però in alcuni casi una forma di governance che ha servito bene il Paese". Concretamente, le banche interessate dalla trasformazione in spa sono: Banco Popolare, Ubi Banca, Popolare Emilia Romagna, Popolare di Milano, Popolare di Vicenza , Veneto Banca, Popolare di Sondrio. 

"CE LO CHIEDE L'EUROPA" - Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha spiegato perché si è scelto il provvedimento d’urgenza: per l’Italia è necessario dare all’Unione europea un segnale concreto della volontà di cambiare del nostro paese. Ma nel resto d'Europa questo tipo di istituti bancari mandano avanti l'economia: "In Germania il 60% delle banche è in mano al modello cooperativo. In Francia e grandi gruppi sono cooperativi. Il problema non sembra essere il voto capitario e quindi non si capisce neppure l'urgenza di questo provvedimento - continua Biggeri - Dal nostro punto di vista come Banca Etica i provvedimenti che vedevamo come urgenti erano altri: evitare la crisi in futuro. Le grandi banche internazionali hanno pagato centinaia di miliardi di euro di multe, negli Usa. Forse un provvedimento di questo tipo era più urgente". 

Infine per piccoli risparmiatori e imprenditori il ruolo delle banche popolari in questi anni di crisi non è stato marginale: "Le banche mutualistiche e cooperative in questi anni hanno incontrato il favore del mercato e dei risparmiatori, perché hanno dimostrato di non essere peggiori delle banche costituite in società per azioni, ma semmai migliori, sia in Italia sia in molti altri paesi. E’ incomprensibile la scelta di attaccarle o di obbligarle a trasformarsi in s.p.a. non appena grazie al loro successo raggiungono dimensioni rilevanti" conclude Biggeri.

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