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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Buoni pasto a rischio: perché i commercianti minacciano di non accettarli più

Le associazioni che rappresentano le imprese di distribuzione e ristorazione hanno scritto al Mise e al Ministero del Lavoro, per chiedere un'inversione di rotta: ''C'è una tassa occulta del 30%. Se le cose non cambiano siamo pronti allo stop''

''Attualmente in Italia con il sistema dei buoni pasto un esercente vende prodotti e servizi per valore di 8 euro ma ne incassa 6,18. Aggiungendo a queste commissioni altri oneri finanziari, su buoni pasto del valore di 10mila euro, gli esercizi si vedono decurtare 3mila euro": l'allarme arriva dalle associazioni di categoria che rappresentano le imprese della distribuzione e della ristorazione del nostro Paese (Fipe Confcommercio, Federdistribuzione, Ancc Coop, Ancd Conad, Fida e Confesercenti), secondo cui il sistema dei buoni pasto è ormai al collasso, con quasi tre milioni di lavoratori, tra settore pubblico e privato, che rischiano di vedersi negata la possibilità di pagare la spesa o il pranzo con i propri ticket.

Una situazione diventata insostenibile per ristoratori e imprese, che adesso chiedono una inversione di rotta immediata: ''Senza correttivi urgenti, a partire dalla revisione del codice degli appalti nella pubblica amministrazione - minacciano le sigle - la stagione dei buoni pasto potrebbe essere destinata a concludersi presto''.

Caos buoni pasto: la tassa “occulta” del 30%

Il grande problema sottolineato dalle associazioni riguarda l'importo dei ticket che, quando vengono incassati, “perdono” quasi un terzo del loro valore: ''L'attuale sistema, infatti, genera una tassa occulta del 30% sul valore di ogni buono pasto a carico degli esercenti. In pratica, tra commissioni alle società emettitrici e oneri finanziari, i bar, i ristoranti, i supermercati e i centri commerciali perdono 3mila euro ogni 10mila euro di buoni pasto incassati che accettano''.

Un grande “peso” in questa complicata situazione lo hanno, secondo le imprese, le gare bandite da Consip per la fornitura del servizio alla pubblica amministrazione, che hanno contribuito ad innalzare le commissioni sopra il 20%. Per questo motivo i vertici delle associazioni di categoria hanno scritto al ministro dello Sviluppo Economico e al Ministro del Lavoro, chiedendo di rivedere l'intero sistema con l'obiettivo di garantire il rispetto del valore nominale dei buoni pasto lungo tutta la filiera.

Ma da cosa è composta questa “tassa” occulta del 30%? Lo abbiamo chiesto a Luciano Sbraga, vicedirettore di Fipe e direttore del centro studi: ''Si tratta della somma di diversi fattori: il 20% deriva dallo sconto che viene applicato nei bandi di gara, un altro 5-6% dagli oneri di gestione, come per i pos, mentre la restante fetta è relativa agli oneri finanziari''. 

Ma se oggi siamo di fronte ad una situazione definita ''insostenibile'' dalle associazioni, lo dobbiamo ad alcuni problemi che vengono da molto lontano: ''Il sistema è diventato perverso quando è entrata in gioco la Pubblica Amministrazione: infatti, assegnando gli appalti con gare al ribasso, sono nati gli sconti che adesso arrivano anche oltre il 20%''. Facendo un rapido conto si può capire bene dove sia il paradosso: se un ente della PA compra 100 euro di buoni pasto, li paga circa 80 euro. E chi paga la cifra restante? Questo onere alla fine va a pesare sull'esercente, che di fatto paga quei 20 euro che lo Stato ha risparmiato. Il tutto a norma di legge.

''In più – continua Sbraga – riteniamo Consip responsabile di quanto successo con QuiGroup, l'azienda che prima del fallimento del 2018 forniva la maggior parte dei ticket presenti sul territorio italiano. Quel fallimento sta facendo piangere ancora migliaia di imprese che vantano crediti per circa 200milioni di euro e che, se tutto va bene, potrebbero rivedere soltanto il 10% di quanto gli spetta''.

Il direttore del Centro Studi Fipe pone l'accento anche su altre due problematiche legate ai buoni pasto, il ritardo dei pagamenti e i pos per i ticket elettronici: ''Esistono aziende virtuose che pagano anche dopo un mese, ma è raro, spesso un esercente deve aspettare anche 5-6 mesi per incassare il valore dei buoni pasto ricevuti. Attese che con QuiGroup erano arrivate ad un anno, anche in virtù di una clausola nel contratto che obbligava l'esercente a non interrompere la ricezione dei ticket, anche in caso si mancato pagamento''.

''Poi c'è la questione dei buoni pasto elettronici – prosegue Sbraga – è molto diffuso il malcostume di avere un pos per ogni card, fattore che comporta diversi problemi per gli esercenti: uno gestionale, visto che ci si ritrova con 4-5 (se non di più) pos vicino alla cassa; l'altro economico, visto che, conti alla mano, la gestione di questi apparecchi può costare anche mille euro al mese''.

Buoni pasti, la protesta: ''Lo Stato fa pagare la sua spending review alle imprese''

"È evidente -continuano le associazioni- che lo Stato non può far pagare la propria spending review alle nostre imprese. Così facendo si mette a rischio un sistema che dà un servizio importante a 3 milioni di lavoratori ogni giorno e si mettono in ginocchio decine di migliaia di imprese, tra pubblici esercizi, piccola e grande distribuzione commerciale. Nessuno può dimenticare che il buono pasto è un servizio che già gode di agevolazioni importanti in termini di decontribuzione e defiscalizzazione".

Le associazioni hanno anche voluto promuovere una campagna di comunicazione che interesserà tutti gli esercizi della ristorazione e della distribuzione commerciale. L'obiettivo è imparare dagli errori commessi in passato: ''Abbiamo deciso di avviare un'azione di responsabilità nei confronti di Consip per aver ignorato i campanelli d'allarme in merito alla vicenda Qui!Group, azienda leader dei buoni pasto alla pubblica amministrazione che, dopo essere stata dichiarata fallita a settembre 2018, ha lasciato 325 milioni di euro di debiti, di cui circa 200 milioni nei confronti degli esercizi convenzionati", concludono le organizzazioni di categoria.

Secondo Fipe-Confcommercio, Federdistribuzione, Ancd Conad, Ancc Coop, FidaConfcommercio e Confesercenti, infatti, "la stazione appaltante per il servizio di buoni pasto all'interno della pubblica amministrazione, Consip, effettua le gare formalmente con il sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa ma, di fatto proprio per la natura del buono pasto, al massimo ribasso. Nel corso dell'ultima gara aggiudicata a fine 2018, i 15 lotti, dal valore complessivo di 1 miliardo di euro, sono stati assegnati con uno sconto medio del 20% e con picchi al di sopra del 22%". "Uno schema identico a quello del 2016, quando il ribasso medio si è assestato attorno al 15%. Questo livello di sconti, una volta sdoganato dal pubblico, sta diventando di riferimento anche per le gare private".

Nella lettera inviata ai ministeri dello Sviluppo economico e del Lavoro, le organizzazioni hanno inoltre chiesto ''l'attivazione, non in tempo biblici di un tavolo per rilanciare il settore". Altrimenti, annunciano le associazioni "la stagione dei buoni pasto potrebbe essere destinata a concludersi presto". Una minaccia confermata anche dal vicedirettore Fipe: ''Abbiamo scritto ai ministri Catalfo  e Patuanelli per trovare una soluzione politico-legislativa, ma se questo non dovesse accadere, abbiamo preso in considerazione anche la possibilità di uno sciopero''.

Buoni pasto, il Codacons: ''Inaccettabile limitarne o impedirne l'utilizzo''

Sul caos buoni pasto è intervenuto anche il Codacons, che ha commentato la minaccia di ristoratori e imprese della distribuzione che si dicono pronti a smettere di accettare i ticket: ''I buoni pasto sono un diritto acquisito dei lavoratori, e qualsiasi limitazione o impedimento al loro utilizzo costituisce un ingiusto danno a chi ne beneficia''

''E’ impensabile sospendere l’accettazione dei buoni pasto che rappresentano parte integrante dei contratti di lavoro, perché così si limiterebbe l’esercizio di un diritto acquisito dei cittadini – afferma il presidente Carlo Rienzi – Il Codacons è pronto a scendere in campo a tutela di 3 milioni di dipendenti che beneficiano dei ticket e, se si arriverà allo stop dei buoni pasto, presenterà una formale class action a tutela dei lavoratori danneggiati volta a far ottenere loro il risarcimento dei danni patrimoniali subiti''.

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