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Giovedì, 28 Marzo 2024
Economia

"A tutta birra": in Italia aumentano consumi, produzione e posti di lavoro

Ma il nostro Paese resta al terz'ultimo posto nella classifica europea per il consumo pro capite. Molto positivi anche i dati sull'occupazione, con una crescita annuale di 700 unità

Negli ultimi anni abbiamo assistito a una vera propria rinascita della birra in Italia; sta entrando sempre più nell'uso, i birrifici artigianali spuntano come funghi e anche i locali specializzati non sono più una rarità. La conferma arriva dall'Annual Report 2018 di AssoBirra, il rapporto sull'andamento del comparto brassicolo e sul valore economico e sociale del settore birrario e di quello dei maltatori, promosso dall'associazione rappresentativa di più del 90% della produzione nazionale.

Birra, aumentano produzione e consumo: i dati AssoBirra

In base alle nuove rilevazioni AssoBirra, lo scorso anno il mercato ha registrato una crescita dei volumi, della produzione e del consumo pro-capite. Nel 2018, infatti, il consumo di birra in Italia è aumentato del 3,2%, passando dai 19.684.000 di ettolitri nel 2017 ai 20.319.000 del 2018. La crescita si è tradotta in un aumento del 3,4% del consumo pro capite che nel 2018 si è attestato a 33,6 litri, valore che posiziona comunque l'Italia tra i paesi più bassi d'Europa, al terz'ultimo posto nella classifica europea per il consumo pro capite. L'aumento dei consumi ha favorito una crescita della produzione nazionale del 4,7%. Con 16.410.000 di ettolitri registrati nel 2018, oggi l'Italia è al nono posto in Europa per volumi di produzione, mentre è in quinta posizione per numero di birrifici.

700 nuovi posti di lavoro nel settore

Molto positivi anche i dati sull'occupazione, con una crescita annuale di 700 unità registrata nel settore e nel suo indotto, che oggi contano complessivamente 140.700 lavoratori. Segno più, infine, anche per l'export, che nel 2018 ha raggiunto il nuovo massimo storico sfondando il tetto dei 3 milioni di ettolitri, in aumento del 6,6% sul 2017. Relativamente all'import, invece, nel 2018 si è registrato in Italia un leggero incremento (+1,2%), per un valore complessivo di 6.948.127 di ettolitri.

"Il comparto della birra - racconta Michele Cason, Presidente AssoBirra - è riuscito, attraverso l'innovazione ed investendo importanti risorse, a concludere un 2018 di successi. La diversificazione portata avanti da grandi e piccoli produttori è uno dei principali driver che ha guidato l'innovazione di mercato, con un incremento delle birre speciali del 115% negli ultimi 5 anni, unitamente alla valorizzazione dei territori. Grandi e piccoli produttori risentono positivamente dell'abbassamento delle accise che ha sostenuto anche la crescita dei consumi. L'ulteriore riduzione presente nell'ultima legge di Bilancio è un importante segnale che testimonia come le istituzioni credano nel valore del comparto. Molte però sono le sfide che ancora ci attendono. Il comparto è pronto a scommettere sul Paese, dialogando con le istituzioni nazionali ed europee per modificare la legge nazionale sulla produzione che ormai ha oltre cinquant'anni e la riforma della Politica Agricola Comunitaria con l'obiettivo di incentivare filiere virtuose come quella dell'orzo da birra". 

Perché la situazione fiscale per i birrai è un macigno

Nell'Annual Report di AssoBirra trova infatti spazio uno studio dell'Università Cattolica di Milano che segnala la straordinarietà della situazione fiscale che interessa il settore birrario che - secondo gli studiosi - non trova giustificazioni economiche. L'imposizione di aliquote differenziate su beni con caratteristiche merceologiche simili - si legge nello studio - avviene, infatti, in presenza di condizioni molto particolari: se ad esempio un prodotto viene consumato solo dalla fascia abbiente della popolazione oppure se la produzione avviene in condizioni fortemente non concorrenziali. Nessuna delle condizioni che giustificano un'imposizione differenziata - concludono i curatori dello studio - è presente nel caso della birra, unica bevanda da pasto a pagare le accise in Italia.

"Per continuare a favorire una crescita dell'intera filiera della birra, sana e supportata da investimenti e nuova occupazione - spiega Alfredo Pratolongo, Vice Presidente di AssoBirra con delega a Comunicazione e Relazioni Istituzionali - è necessario individuare un percorso che riporti il livello di tassazione ai livelli più equi. La strada intrapresa dal Governo e dal Parlamento è decisamente quella giusta, ma a fronte di aumenti del 30% nel triennio 2013-2015, le diminuzioni del triennio 2017-2019 non raggiungono neppure l'1,7%. Quindi occorrerebbe aumentare la velocità e la profondità di questa 'road map', per poter ritornare a livelli pre-crisi in tempi ragionevoli".

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Ma l'Italia importa ancora due terzi del fabbisogno di malto

Sul fronte prettamente agricolo, l'aumento della produzione di birra nazionale ha poi favorito una crescita di malto italiano (+5,5%), passata dalle 75.800 tonnellate del 2017 alle 80.000 del 2018, e un aumento dell'import di luppolo, salito nel 2018 del 20,8%, da 2.748 a 3.320 tonnellate. "Nonostante sia tra le più storiche e virtuose, la filiera italiana della coltivazione di orzo brassicolo e la sua seguente maltazione - spiega Antonio Catalani, Vice Presidente AssoBirra con delega a Filiere e Sicurezza Alimentare - non è mai stata, finora, pienamente compresa ed adeguatamente supportata dalle istituzioni. L'Italia importa due terzi del fabbisogno di malto e come Associazione da anni chiediamo con fermezza che vengano sostenute tutte quelle filiere agricole che soddisfano sia requisiti di tracciabilità della materia prima sia i concetti di sostenibilità, diversificazione e difesa del suolo. Alla vigilia della riforma della Politica Agricola Comunitaria, auspichiamo che la filiera di produzione di orzo da birra possa essere riconosciuta ed annoverata tra le più virtuose e sostenuta al pari delle altre a tutto vantaggio del settore primario".

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