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Martedì, 16 Aprile 2024
Economia

Coronavirus, la crisi va a nozze: senza matrimoni buco da 15 miliardi

Secondo le stime della Coldiretti, nel primo semestre del 2020 sono stati cancellati e rinviati circa 80mila matrimoni: un 'vuoto' di impegni che ha fatto sprofondare il settore del wedding. La protesta a Roma: "Ridateci la libertà di festeggiare" 

Tra le varie attività messe in 'pausa' dall'emergenza coronavirus c'è anche la celebrazione dei matrimoni. I fatidici “sì” cancellati o rinviati a causa del Covid non hanno provocato soltanto un disagio per gli aspiranti sposi, ma anche un buco economico da 15 miliardi di euro per il settore. A stimare le perdite per il settore del wedding è la Coldiretti, secondo cui sono circa 80mila le nozze sospese nel primo semestre del 2020: ''La crisi generata dal Covid 19  ha stravolto i programmi di promessi sposi e famiglie e azzoppato i bilanci delle aziende: dal catering alla fotografia, dai trasporti al florovivaismo, dai viaggi all’abbigliamento, dal trucco alle acconciature, dall’immobiliare fino alla vigilanza privata''.

Coronavirus e matrimoni, gli effetti della crisi

Prima il lockdown e poi l’incertezza sulla diffusione della pandemia hanno costretto le coppie pronte a convolare a nozze – continua Coldiretti – a contrattare rimborsi o voucher per riorganizzare il pronunciamento del fatidico sì. A rischio sono oltre un milione di lavoratori diretti ed indiretti impegnati nei settori collegati. Un settore che vede – precisa la Coldiretti – l’Italia all’avanguardia a livello internazionale con un elevato numero di stranieri che sceglie proprio il Belpaese per celebrare l’esclusivo evento. La presenza di location uniche ma anche la creatività organizzativa e l’alto livello dell’offerta enogastronomica rappresentano i fattori di successo che condizionano le scelte dei futuri sposi.

L’ultima tendenza è quella dei matrimoni green con quasi quattro giovani su dieci (38%) che considerano l’ambiente l’emergenza principale, con scelte sostenibili che vanno dalla location in campagna ai menu a chilometri zero con prodotti esclusivamente locali, dalle agribomboniere lavorate con lana di pecora o decorate con spighe alla torta nuziale della nonna fino agli addobbi floreali con essenze locali e al ritorno delle carrozze trainate dai cavalli con una spesa media che oscilla fra i 30 e i 60mila euro per il pacchetto completo del “giorno più bello”. Proprio per questo – conclude la Coldiretti – oltre alle attività specializzate come gli abiti e accessori, i settori che hanno pagato il prezzo più alto all’emergenza sono quelli dell’agriturismo con le 24mila strutture presenti nel belPaese ma anche il florovivaismo con 27mila imprese.

Coronavirus e matrimoni, la protesta a Roma

Intanto, per far sentire la voce di un settore che sta vivendo un periodo di profonda crisi, nella mattina di ieri, martedì 7 luglio, c'è stata la protesa in abito bianco con il flash mob delle spose: donne che hanno rimandato il proprio matrimonio a causa dell'emergenza Coronavirus e che adesso chiedono regole meno stringenti per cerimonie e ricevimenti. "Ridateci la libertà di festeggiare" - lo slogan delle spose che hanno sfilato davanti a Fontana di Trevi, a Roma. Una mobilitazione lanciata dall'Airb, Associazione Italiana Regalo, Bomboniera, Wedding e Confetti. 

flash mob spose romatoday-2

Nel frattempo, a piazza di Montecitorio, sempre a Roma, 100 operatori del comparto del wedding, insieme a negozianti, aziende e figure professionali del mondo della bomboniera, hanno protestato per il riconoscimento dei propri diritti e per sostenere i quattro emendamenti che riguardano il settore, presentati dall’onorevole Antonio Tasso del Gruppo Misto, inseriti nel decreto legge 'Rilancio Italia'. 

I produttori di bomboniere, confetti, regali e abiti da cerimonia chiedono di essere esonerati dai costi di affitto commerciale, di ricevere l’annullamento delle utenze di consumo e recuperare le spese per le procedure dei protocolli sanitari, "il tutto con il previsto rimborso del credito d’imposta e, non ultimo, la copertura a fondo perduto di quanto non fatturato nel periodo 2020 rispetto all’anno precedente".

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