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Giovedì, 28 Marzo 2024
Economia

Quanto costa il “fallimento ordinato” delle Banche venete

Quanto costerà l’intervento dello Stato? A quanto si fa notare a Bruxelles, le cifre che si vedono sulla stampa sono inesatte e sovrastimate, perché non si tratterà certamente di 17 miliardi di euro, ma più verosimilmente di meno di 8 miliardi

Parlare di “salvataggio” pubblico delle due banche venete in dissesto (Popolare di Vicenza e Veneto Banca), come fa generalmente la stampa italiana, non rende l’idea della natura dell’operazione, per come la si vede da Bruxelles. Le due banche sono in realtà fallite, hanno perso la licenza, sono state in parte messe in liquidazione, e in parte integrate in Intesa Sanpaolo (dopo l’acquisto per la cifra simbolica di un euro).

Non di salvataggio si tratta, insomma, ma di un doppio fallimento “ordinato”, invece della temuta bancarotta “disordinata” con contraccolpi durissimi sull’economia della regione. Ed è per fare questa differenza che è intervenuto lo Stato con gli aiuti pubblici, approvati domenica sera dalla Commissione europea. E’ vero che si sono salvati i depositanti e i detentori di obbligazioni privilegiate (garantite contro i rischi) dei due istituti veneti, che non perderanno un euro perché diventeranno correntisti e creditori di Intesa. Ma gli azionisti di Bpv e di Veneto Banca invece perderanno tutto il capitale (4 miliardi di euro). E perderanno tutto anche i detentori delle obbligazioni non privilegiate, che valgono 1,3 miliardi di euro. Tra questi “creditori junior”, solo gli investitori non istituzionali (settore retail) potranno reclamare le compensazioni per essere stati vittime del “misselling”, la vendita fraudolenta delle obbligazioni non privilegiate, spacciate per sicure. E in questo caso le compensazioni riguarderanno non più di 200 milioni di euro.

Quanto costerà l’intervento dello Stato? Anche in questo caso, a quanto si fa notare a Bruxelles, le cifre che si vedono sulla stampa sono inesatte e sovrastimate, perché non si tratterà certamente di 17 miliardi di euro, ma più verosimilmente di meno di 8 miliardi. Eccessiva viene considerata, in particolare, la stima delle garanzie pubbliche per la massa della liquidazione che finiranno con l’essere effettivamente attivate. Più in dettaglio, vi sarà innanzi tutto un aiuto pubblico di 4,785 miliardi destinato alla integrazione in Intesa dei rami delle due banche venete che non verranno tagliati (liquidati). Una prima parte di questa somma sarà impiegata per sostenere i costi della riduzione dei dipendenti dei due istituti (bisognerà pagare 1,2 miliardi per l’uscita volontaria di circa 4.000 addetti, su 11.000).

La seconda parte, di circa 3,5 miliardi, sarà una iniezione di fondi pubblici a Intesa per garantire la neutralità dell’operazione in termini di mantenimento dei ratio patrimoniali, ovvero dei requisiti minimi di capitale. In sostanza, integrando le attività delle due banche venete, l’acquirente si ritroverà ad avere un rapporto fra capitale proprio e attività della banca più basso di quello attuale, e avrà bisogno di capitale aggiuntivo per ritornare alla soglia regolamentare (12,8% di Cet 1). L’altra componente dell’aiuto di Stato è quella delle garanzie pubbliche che Intesa riceverà per la massa di liquidazione (le attività da liquidare) delle due banche venete. E’ una cira che può arrivare teoricamente fino a 12 miliardi di euro. Si tratta di crediti deteriorati Npl per un valore netto di circa 10 miliardi di euro (su un lordo di 18 miliardi), più 2 miliardi di altri crediti.

Secondo stime molto approssimative che girano a Bruxelles, il costo per lo Stato (le garanzie che scatteranno e saranno effettivamente pagate a Intesa per la parte di questi crediti che risulteranno inesigibili) dovrebbe essere non superiore a un quarto del totale di 12 miliardi da liquidare, cioè più o meno 3 miliardi di euro. Che, aggiunti ai 4,785 miliardi dell’aiuto “per l’integrazione”, danno un risultato di circa 8 miliardi.

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