Evasione fiscale, la Cassazione: basta il sospetto per bloccare il conto corrente

Il sequestro di beni per il presunto evasore può essere legittimato anche dalle movimentazioni bancarie sospette, come le cessioni familiari. E' quanto ha sancito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 25451 del 20 giugno 2016, accogliendo il ricorso presentato dal Procuratore di Portogruaro nei confronti di un imprenditore sospettato di aver prodotto ricavi in nero e di non aver dichiarato oltre un milione di euro. Durante le indagini, come ha ricordato il quotidiano Libero, la Guardia di Finanza ha controllato i conti bancari del'imprenditore e ha scoperto versamenti e prelievi ingiustificati e donazioni al figlio.

Il tribunale aveva annullato in primo grado la misura di sequestro dei beni, sostenendo che le presunzioni sufficienti per l'accertamento in realtà non erano abbastanza. In seguito al ricorso presentato dalla Procura, il verditto è stato ribaltato in Appello, per poi essere confermato dalla Cassazione.

Secondo gli ermellini, scrive Libero, "le presunzioni legali previste dalle norme tributarie, pur non potendo costituire di per sé fonte di prova dei reati fiscali, hanno un valore indiziario sufficiente per far scattare l’applicazione di una misura cautelare reale". I versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi, sancisce la Cassazione, e spetta al contribuente l'onore di dimostrare il contrario, in mancanza di un espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova. Sta al giudice, poi, dedurre i fatti ignoti da quelli noti e correlare gli indizi ai movimenti bancari contestati. I giudici della Suprema Corte hanno infine stabilito che tale principio si applica a qualsiasi contribuente che svolga un'attività imprenditoriale, sia come società sia come persona fisica.