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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Ex Ilva, ArcelorMittal gela i sindacati: cassa integrazione per 3.500 lavoratori

L'azienda che gestisce lo stabilimento siderurgico ex Ilva ha avviato una procedura di cassa integrazione straordinaria per 3.500 unità dopo la sentenza del giudice di Taranto sulla chiusura dell'Altoforno 2

Lo stop all'Altoforno 2 deciso dal giudice di Taranto ha sortito i suoi primi effetti: ArcelorMittal ha richiesto l'avvio di una procedura di cassa integrazione straordinaria per 3.500 lavoratori. La mancata proroga per i lavori del cosiddetto Afo2, che provocherà la chiusura, oltre che dell'Altoforno, anche di tutta l'acciaieria numero 1, metà dell'acciaieria numero 2 e altri impianti minori. Senza questi impianti, per la proprietà gli attuali dipendenti diventano troppi.

Ex Ilva, cassa integrazione per 3.500 lavoratori: la reazione dei sindacati

Immediata la risposta delle sigle sindacali, che non hanno accolto di buon grado questa “mossa” di ArcelorMittal. "La decisione è di una gravità inaudita poiché, invece di verificare tutte le alternative possibili per non ricorrere ad uno strumento così invasivo, utilizza il provvedimento del Giudice per ottenere i risultati che si era prefissata: utilizzare i lavoratori come scudi umani": questo il commento del leader Uilm Rocco Palombella

Sulla stessa linea anche Francesca Re David, della segretaria generale Fiom-Cgil: "La situazione dello stabilimento ArcelorMittal di Taranto si fa sempre più incerta" e in questo quadro "l'unica certezza è che sono sempre i lavoratori a pagare il prezzo più alto, sia per il non rispetto degli accordi sia per la cassa integrazione".

 "Il Governo ci dica cosa intende fare sull'ex Ilva e i commissari straordinari facciano chiarezza rispetto alla dichiarata volontà di ricorrere al Tribunale del Riesame", dice ancora in una nota la Re David, chiedendo che siano garantiti "la continuità produttiva e occupazionale dello stabilimento, nonché i futuri assetti societari, e il ruolo che in essi intende svolgere il Governo, oltre ai vincoli industriali e ambientali che dovranno caratterizzare il funzionamento a regime del sito di Taranto".

La decisione di ArcelorMittal di chiedere la cassa integrazione per 3.500 operai non ha sorpreso invece il leader Fim, Marco Bentivogli: "E' sempre peggio ma tutto previsto. Il giudice del dibattimento del Tribunale di Taranto Francesco Maccagano, ribaltando la richiesta della Procura, ha rigettato l’istanza avanzata dai Commissari Ilva in amministrazione straordinaria, di proroga allo spegnimento di Afo2. ed è bene ricordare che l’intervento della magistratura avviene dopo l’incidente mortale di Alessandro Morricella del 2015", dice ricordando come "il Tribunale aveva dato 3 mesi per ottemperare le prescrizioni, il Governo di allora aveva chiesto giustamente più tempo, un anno. Dopo 4 anni non è stato fatto nulla e si chiedono altri 16 mesi. Ora sarebbe utile verificare perché i Commissari non hanno fatto nulla, neanche impugnato le ordinanze, e se il custode giudiziario ha segnalato le inadempienze".

Decisa anche la posizione di Sergio Bellavita dell'Usb nazionale e Francesco Rizzo dell'Usb di Taranto, che chiedono un ritorno dell'Ex Ilva in mano pubblica: "Il governo cincischia, incapace di assumere quel ruolo che pure gli compete. Giovedì al Ministero dello Sviluppo Economico USB chiederà nuovamente di intraprendere un'altra strada. Chiudere le fonti inquinanti e costruire un accordo di programma. Lo stabilimento tarantino cade a pezzi ed è inimmaginabile una scelta industriale che coniughi diritto al lavoro, alla salute e il rispetto dell'ambiente. La soluzione che proponiamo, l'unica percorribile, passa per il ritorno in mano pubblica dell'ex Ilva, per queste ragioni il governo deve subito dichiarare inadempiente ArcelorMittal e perseguirla legalmente per danni". 

"La decisione della magistratura tarantina – continua la nota Usb - che conduce, giustamente, allo spegnimento dell'Afo2, sottolineano, ha immediatamente visto la reazione scomposta e arrogante della multinazionale indiana: trasformazione della cassa ordinaria in speciale e incremento del numero dei lavoratori coinvolti sino a 3500. Ciò significa, nei fatti, il licenziamento. Non hanno atteso neanche il tavolo ministeriale di giovedì 12 dicembre. Non è chiaro, se la scelta serve a drammatizzare ulteriormente per fare pressioni sul tribunale del riesame al fine di evitare lo spegnimento dell'Afo2. Quello che è certo è che questa impresa se ne deve andare. Gli impianti sono obsoleti, insicuri e pensare di ottenere una legislazione speciale per mantenerli in produzione è criminale".

Ex Ilva, il sindaco di Taranto: "Azioni di ArcelorMittal da condannare"

L'avvio da parte della proprietà della procedura di cassa integrazione ha mandato su tutte le furie anche il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci: "Condanniamo con forza le azioni che ArcelorMittal ha annunciato quest'oggi senza alcun confronto con le Istituzioni, senza il necessario coinvolgimento delle parti sociali".

"Assistiamo ogni giorno – continua il primo cittadino - a comportamenti ambivalenti. E' inaccettabile che in un quadro di per se già così complesso si chieda il dialogo e la collaborazione alle parti la mattina, mentre alla sera scarni comunicati stampa gettino tutta la comunità locale ed un intero Paese nell'incertezza e nell'angoscia. L'appello è che intorno alla vicenda di Afo2 si lascino operare in serenità Magistratura e Commissari di Governo, secondo quanto previsto dal nostro ordinamento, che nessuno faccia precipitare strumentalmente le questioni".

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