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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia

Italiani all'estero, irregolari e senzatetto: i casi di Londra e Australia

Negli ultimi 12 anni gli italiani che hanno cercato fortuna oltre i confini nazionali sono aumentati di due milioni, arrivando a superare i 5 milioni di persone. Un fenomeno spinto dal disagio sociale e dalla precarietà, ma non sempre quel che si trova è meglio di quel che si lascia

Italia arrivederci, o forse addio. Una frase pronunciata da più di 5 milioni di persone, ossia quegli italiani che risiedono all'estero. Un numero che negli ultimi dodici anni è cresciuto di ben due milioni di unità, arrivando a quota 5.114.469, pari all'8,5% dei 60,5 milioni di italiani che attualmente vivono ancora nel Belpaese. Un flusso in continua crescita che nel corso degli anni si è evoluto di pari passo con la società: a lasciare casa per cercare fortuna oltre i confini nazionali non sono più soltanto i giovani, i cittadini over 50 che hanno seguito questa strada sono aumentati, così come la percentuale femminile. Ma abbandonare l'Italia non vuol dire sempre fortuna e ricchezza, esistono dei casi eclatanti come quelli di Londra e dell'Australia, in cui è alta la percentuale di nostri connazionali che vive in condizioni di povertà o in centri di detenzione. Questi sono soltanto alcuni dei dati contenuti nel Rapporto sugli italiani nel mondo, pubblicato dalla fondazione Migrantes della Cei, la Conferenza Episcopale italiana, presentato al Church Village di Roma.

Dove vanno e da dove vengono

Ma dove si sono trasferiti questi 5 milioni di italiani che hanno lasciato la patria? Il 54% ha scelto di non allontanarsi troppo e rimanere in Europa, mentre la restante 'fetta' ha scelto Stati Uniti e America Latina. In particolare, i Paesi stranieri con più italiani si confermano Argentina, Germania, Svizzera, Brasile e Francia. Da segnalare un probabile effetto Brexit sul Regno Unito, che ha visto calare del 25% le partenze con destinazione UK. L'aumento più significativo è invece quello registrato in Portogallo, dove gli italiani arrivati sono il 140% in più. Un incremento minore ma comunque consistente è stato registrato anche in Brasile (+32%), Spagna (+29%) e Irlanda (+24%).

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Per quanto riguarda invece la provenienza degli italiani che dicono arrivederci (o addio) allo Stivale, la metà viene dal Sud o dalle Isole, il 35% dal Nord e il rimanente 16% dalle regioni centrali. Nello scorso anno, riferisce il Rapporto della fondazione Migrantes, "si sono iscritti all'Aire, l'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, in quasi 243.000 con una crescita superiore al 3%. Il 37% di chi parte ha tra i 18 e i 34 anni mentre tra i 35 e i 49 anni rappresentano un quarto del totale". Nel dettaglio, la regione che ha visto partire più cervelli è la Lombardia, seguita con grande distacco dall'Emilia Romagna, il Veneto, la Sicilia e la Puglia. Milano, Roma, Genova, Torino e Napoli sono le prime cinque province di partenza.

I migranti maturi disoccupati

La percentuale di giovani che decide di ripartire rimane alta (37,4%), così come quella dei giovani adulti (25%), ma un dato che fa riflettere è l'aumento delle fasce più mature: infatti, l'incidenza nel 2018 è dell'11% per chi ha tra i 50 e i 64 anni e del 7% dai 65 anni e oltre. A portare via dall'Italia i “Migranti maturi disoccupati”, come vengono definiti nel Rapporto Migrantes, è soprattutto la necessità di lavoro provocata dalla precarietà nel lavoro degli over 50 italiani, sempre più disoccupati e privi di prospettive. Persone ancora troppo lontane dal pensionamento, che hanno bisogno di lavorare per arrivarvi e allo stesso tempo devono provvedere a mandare avanti la propria famiglia.

Non si deve pensare che si tratti di una mobilità soprattutto maschile (anche se gli uiomin sono il 55% del totale) poiché si rileva il peso importante delle partenze dei nuclei familiari. A sottolinearlo, i 24.570 minori (il 19,2% del totale), di cui il 16,6% ha meno di 14 anni e ben l’11,5% meno di 10 anni.

I casi di Londra e Australia

Ma non è tutto oro quel che luccica e non sempre quel che si trova è meglio di quel che si lascia. Esistono infatti dei casi in cui gli italiani all'estero non se la passano per niente bene. Parliamo di due casi eclatanti descritti dal Rapporto Migrantes, quelli di Londra e dell'Australia. Nella Capitale inglese sono 126 i nostri connazionali che vivono in povertà estrema, con la nazionalità italiana che è al quarto posto tra quelle europee per i senzatetto presenti a Londra. La metà di loro ha un problema di salute mentale, seguito da situazioni di difficoltà causate da alcool e droga.

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Diverso, ma allo stesso tempo eclatante, il caso che riguarda gli italiani in Australia. Secondo i dati del Rapporto,  negli ultimi sette anni sono 422 gli italiani portati in centri di detenzione per immigrati irregolari sul territorio australiano. Nell'anno finanziario 2016-2017 gli italiani trattenuti sono stati 73, mentre la divisione per tipologia di arrivo permette di scoprire come la maggior parte riguardi arrivi non autorizzati di persone giunte sul suolo australiano in aereo a cui è stato rifiutato l'ingresso.

La 'saudade' italiana

Tali situazioni di disagio che alcuni dei nostri connazionali all'estero vivono sono soltanto alcuni fattori negativi che comporta il trasferimento in un Paese diverso dal nostro, con culture e lingue spesso lontani anni luce da ciò a cui siamo abituati. Il Rapporto Migrantes ha analizzato anche i malesseri provocati nella generazione definite “neo-mobile”, disturbi provocati dal trasferimento che possono anche trasformarsi in diverse forme depressive. Malinconie, perdite senza rimpianti, amori non corrisposti, separazioni, delusioni o fallimenti, ma anche i successi inaspettati e le scelte difficili possono tramutarsi alcune volte in disperazione. Un sentimento che provoca una sofferenza urbana e uno spaesamento che portano spesso a condizioni di povertà e abbandono.

Di Tora. “Capro espiatoria del disagio sociale”

Durante la presentazione del Rapporto Migrantes sugli italiani all'estero è intervenuto monsignor Guerino Di Tora presidente della fondazione Migrantes della Cei: “La mobilità migratoria è stata e tuttora è il tema più preso di mira dalle distorsioni del dibattito pubblico, probabilmente perché diventato capro espiatorio del disagio sociale avvertito da tempo in Italia e che stenta ad essere risolto. Povertà diffusa, deficit demografico, invecchiamento inesorabile, disoccupazione spietata e trasversale nelle classi di età sono solo alcuni degli elementi che hanno portato oggi gli italiani agli atteggiamenti di stanchezza e rancore sempre più noti e ricorrenti nelle pagine di cronaca”. “Una guerra tra poveri – ha concluso Di Tora - che sta causando diffuse folle rabbiose, ripetuti episodi di violenza e razzismo, numeri sempre più ampi di cittadini disillusi e stanchi e crescita inesorabile di partenze”.

Cardinal Bassetti e il diritto all'esistenza

A margine della presentazione è intervenuto anche  il Card. Gualtiero Bassetti, Presidente della Cei: “Accanto alla consapevolezza della propria cultura di origine, c’è un altro elemento che oggi svolge una funzione sociale di grande importanza: la necessità del migrante di costruire una relazione con l’altro. Il bisogno, cioè, di essere riconosciuto e di poter avere la possibilità di contribuire allo sviluppo di quel territorio e di quella comunità che con carità e responsabilità lo accoglie.

“Come Conferenza Episcopale Italiana – ha concluso il Cardinale– abbiamo promosso la campagna “Liberi di partire, liberi di restare”, perché la libertà di andare non nega quella di rimanere o di tornare e ricominciare. Viaggiare è un diritto all’interno del quale ne vive uno più grande, il diritto all’esistenza. Un’esistenza, però, non rassegnata, non di accomodamento, ma realizzando sogni, ricercando ciò che mi fa stare bene, la felicità”.

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