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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia

Fisco, tutte le agevolazioni per studenti e lavoratori "impatriati": chi ne ha diritto

Si tratta di una sorta di bonus per il rientro dei cervelli in fuga o per l'attrazione di "capitale umano" dall'estero. A chi si trasferisce in Italia per lavoro l'Agenzia delle entrate riconosce importante agevolazioni, introdotte per sostenere lo sviluppo economico

Chi torna a vivere e lavorare in Italia e alcune categorie di cittadini stranieri che vi si trasferiscono hanno diritto ad una tassazione agevolata: ma come funzionano le agevolazioni fiscali per i lavoratori "impatriati"? Per fugare tutti i dubbi su un tema complesso, dal Mef arrivano chiarimenti sull'esatta applicazione del requisito sostanziale dello svolgimento di un'attività di lavoro o di studio fuori dal territorio italiano negli ultimi 24 mesi.

Lavoratori "impatriati": che cosa significa

Si tratta di una sorta di bonus per il rientro dei cervelli o per l’attrazione di "capitale umano" dall'estero. A chi si trasferisce in Italia per lavoro l'Agenzia delle entrate riconosce importante agevolazioni, introdotte per sostenere lo sviluppo economico, scientifico e culturale del Paese.

In pratica, per l'applicazione del regime fiscale agevolato previsto a favore dei lavoratori "impatriati", il requisito sostanziale della continuità dell'attività di lavoro svolta all'estero negli ultimi 24 mesi è soddisfatto anche nel caso di cambio del posto di lavoro che determini un'interruzione tra un contratto e l'altro dovuta al solo fatto che tra il termine del primo contratto di lavoro e l'inizio del nuovo rapporto siano intercorsi giorni festivi. Il chiarimento arriva dal ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef) in risposta a un'interrogazione parlamentare nel corso del question time dello scorso 31 luglio

Il regime agevolato 

Il decreto legislativo 147/2015 disciplina, tra l'altro, uno speciale regime di tassazione per i lavoratori impatriati, in forza del quale i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato concorre alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del suo ammontare. L'agevolazione (applicabile dal 1° gennaio 2017) spetta a partire dall'anno in cui avviene il trasferimento della residenza fiscale in Italia e per i quattro anni successivi

Il regime si applica ai cittadini dell'Unione europea che: 

- sono in possesso di un diploma di laurea (triennale o magistrale) hanno svolto continuativamente un'attività di lavoro (dipendente, autonomo o di impresa) o di studio fuori dall'Italia negli ultimi 24 mesi (conseguendo un diploma di laurea o una specializzazione post lauream) svolgono attività di lavoro autonomo o dipendente in Italia.

L'agevolazione si applica anche ai cittadini di Stati diversi da quelli appartenenti all'Unione europea, con i quali sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale.

Tutti i chiarimenti

L'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sulla disciplina in esame con la circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 (paragrafo 3 - cfr Attrazione di capitale umano: il punto sullo stato dell'arte - inoltre, per una panoramica sugli incentivi fiscali finalizzati all'attrazione del capitale umano in Italia, si rinvia alla Guida disponibile sul sito dell'Agenzia). Il quesito contenuto nell'interrogazione parlamentare La richiesta di chiarimenti rivolta al Mef attiene, quindi, all'applicazione del regime agevolato e, in particolare, alla esatta determinazione del requisito sostanziale della continuità dell'attività di lavoro svolta all'estero negli ultimi 24 mesi.

La questione posta all'attenzione del ministero è la seguente: "Il requisito si può ritenere comunque soddisfatto nell'ipotesi di cambio del posto di lavoro da cui deriva un'interruzione tra un contratto e l'altro dovuta al solo fatto che tra il termine del primo contratto di lavoro e l'inizio del nuovo rapporto sono intercorsi giorni festivi?"

24 mesi di lavoro all'estero

La risposta del Mef Nel rispondere all'interrogazione, il Mef, in primo luogo, sottolinea che nella ricordata circolare 17/2017 l'Agenzia delle entrate ha precisato che "il requisito dello svolgimento dell'attività di lavoro o studio all'estero in modo continuativo negli ultimi ventiquattro mesi, non deve necessariamente far riferimento all'attività svolta nei due anni immediatamente precedenti il rientro, essendo sufficiente che l'interessato, prima di rientrare in Italia, abbia svolto tali attività all'estero per un periodo minimo e ininterrotto di almeno ventiquattro mesi".

Quindi, conclude il Mef, nel caso in cui si verifichi un'interruzione tra il termine del primo contratto e l'inizio del secondo, dovuta esclusivamente al ricorrere di un giorno festivo, deve ritenersi, in linea generale, comunque soddisfatto il requisito sostanziale della continuità dell'attività di lavoro svolta all'estero. Tuttavia il ministero precisa che "a diverse conclusioni può, invece, giungersi in situazioni diverse da quella specificamente rappresentata, trattandosi di valutare le singole circostanze alla luce della ratio della disciplina agevolativa", ricordando che in caso di dubbio è possibile rivolgersi all'amministrazione finanziaria attraverso lo strumento dell'interpello.

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