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Giovedì, 18 Aprile 2024
Economia

Lavoro, la stabilità è un sogno: 80% dei contratti è a termine, scendono le ore lavorate

Secondo una nota congiunta diffusa da Ministero del Lavoro, Istat, Inail, Inps e Anpal, sul totale delle nuove attivazioni, 8 su 10 sono a tempo determinato

Partendo dal decreto dignità, il nuovo ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha in mente di rivoluzionare il Jobs Act, andando a 'toccare' soprattutto i contratti a termine e i licenziamenti selvaggi. Ma mentre la proposta del vicepremier e leader del Movimento 5 Stelle è ancora in fase embrionale, gli ultimi dati sul tema occupazionale parlano chiaro: la maggior parte dei nuovi contratti sono a tempo determinato, il numero di persone occupate è tornato ai livelli del 2008 ed è diminuito il numero di ore lavorate. 

Nuovi contratti, l'80% è determinato

A fornire il primo dato statistico è una nota congiunta diffusa da Ministero del Lavoro, Istat, Inail, Inps e Anpal: nel  primo trimestre l’incidenza delle attivazioni a tempo determinato sulle attivazioni totali è stata pari all’80,1%, in aumento rispetto al 77,6% registrato nel primo trimestre del 2017. Si tratta dell'aumento per l’ottavo trimestre consecutivo (+350 mila unità).

In particolare - continua la nota - "questi segnali si rafforzano per le imprese industriali e dei servizi" che mostrano un forte incremento del tempo determinato (+492 mila su base annua). Contestualmente, per le posizioni lavorative a tempo indeterminato si osserva un nuovo consistente rallentamento della crescita nei dati delle CO (+11 mila posizioni) e una lieve aumento in quelli Inps (+30 mila posizioni).

Numero occupati pari al 2008, ma scendono le ore

Nel 1° trimestre 2018 il numero degli occupati ritorna ai livelli precedenti la crisi, ma lo stesso non avviene per la quantità di ore lavorate. Lo sottolinea il report 'Ore lavorate e pil dieci anni dopo', elaborato dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio della Cgil. ''E' corretto affermare - si legge nella ricerca - che il numero di persone occupate recupera il livello massimo toccato prima della crisi, ma, nello stesso tempo, va segnalato che la quantità di lavoro effettivamente prestata nel primo trimestre 2018 è ancora inferiore di 693 milioni di ore a quella dello stesso trimestre del 2008; tale differenza corrisponde a -1,2 milioni di unità di lavoro equivalenti a tempo pieno (ula), che rappresentano il numero di ore necessario per coprire continuativamente ad un orario standard un posto di lavoro".

"La divaricazione tra l'andamento delle ore e quello degli occupati - sottolinea il presidente il presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni- segnala, assieme ai dati sul tempo determinato e sul part time involontario, il peggioramento della qualità dell'occupazione".

Gli occupati a tempo determinato nel 1° trimestre del 2018 sono, infatti, 2,92 milioni, circa 600 mila in più rispetto allo stesso periodo del 2008. Sempre nel 1° trimestre 2018, il part-time (di cui oltre il 64% involontario) si attesta, invece, a quota 4,27 milioni, un milione in più rispetto allo stesso periodo del 2008.

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L'andamento del Pil

Un elemento ulteriore, utile a comprendere le tendenze in atto nel lavoro, è la relazione tra l'andamento del pil e le ore lavorate. Nel 1° trimestre 2018 il pil è inferiore del 5,5% rispetto al livello di dieci anni prima e le ore lavorate del 6%.

"Questi numeri -spiega Fammoni- confermano che quantità e qualità del lavoro sono prevalentemente legate ai meccanismi dello sviluppo e molto meno ad interventi normativi o di temporanea incentivazione".

Per la segretaria confederale della Cgil, Tania Scacchetti, per superare "la drammatica condizione qualitativa del poco lavoro che c'è nel nostro Paese occorre rilanciare gli investimenti, pubblici e privati, unica condizione per recuperare una crescita sostenuta. Inoltre occorre reintrodurre le causali nei contratti di lavoro a tempo determinato per favorire occupazione stabile, e affrontare la questione del lavoro povero e delle grandi disparità di condizioni occupazionali e redistributive".

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