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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

L'Italia e l'esercito dei precari: i nuovi 'poveri' che un lavoro ce l'hanno

La conferma in uno studio di Unimpresa: diminuisce il tasso di disoccupazione, ma aumentano le persone con prospettive incerte e retribuzioni al limite, che vanno di fatto ad accrescere l'esercito che vive nell'area di disagio sociale

La disoccupazione è in calo, almeno secondo le ultime stime, ma il 'freddo' numero percentuale nasconde una cruda e 'calda' verità: la maggior parte dei nuovi occupati fa parte dell'esercito dei precari. Un 'battaglione' composto da più di 9,3 milioni di persone, che non riescono ad arrivare a fine mese e sono a rischio povertà, contribuendo all'espansione dell'area di disagio sociale in Italia. 

Come riporta uno studio di Unimpresa, tra il 2016 e il 2017  altre 128mila persone sono entrate nel bacino dei deboli in Italia: complessivamente, adesso, si tratta di 9 milioni e 293 mila soggetti in difficoltà. Crescono soprattutto gli occupati-precari: in un anno, dunque, è aumentato il lavoro non stabile per 197mila soggetti che vanno ad allargare la fascia di italiani a rischio. Ai "semplici" disoccupati, che hanno fatto registrare una diminuzione di 69mila unità, vanno aggiunte ampie fasce di lavoratori, ma con condizioni precarie o economicamente deboli che estendono la platea degli italiani in crisi.

L'area di disagio

Unimpresa sottolinea che "si tratta di un'enorme 'area di disagio': ai quasi 3 milioni di persone disoccupate, bisogna sommare anzitutto i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time (900milapersone) sia quelli a orario pieno (2 milioni); vanno poi considerati i lavoratori autonomi part time (722mila), i collaboratori (251mila) e i contratti a tempo indeterminato part time (2,68 milioni)". Questo gruppo di persone occupate, ma "con prospettive incerte circa la stabilità dell'impiego o con retribuzioni contenute", ammonta complessivamente a 6,55 milioni di unità. Il totale dell'area di disagio sociale, calcolata dal Centro studi di Unimpresa sulla base dei dati Istat, a fine 2017 comprendeva dunque 9,29 milioni di persone, in aumento rispetto fine 2016 di 197mila unità (+1,4%).

Fabbrica di precari

"Il deterioramento del mercato del lavoro -osservano gli analisti del Centro studi di Unimpresa- non ha come conseguenza la sola espulsione degli occupati, ma anche la mancata stabilizzazione dei lavoratori precari e il crescere dei contratti atipici". Una situazione, avvertono, "di fatto aggravata dalle agevolazioni offerte dal Jobs Act che hanno visto favorire forme di lavoro non stabili. Di qui l'estendersi del bacino dei "deboli". "Il dato sui 9,29 milioni di persone è relativo al terzo trimestre del 2017 e complessivamente risulta in aumento dell'1,4% rispetto al terzo trimestre del 2016, quando l'asticella si era fermata a 9,16 milioni di unità: in un anno quindi 105mila persone sono entrate nell'area di disagio sociale" segnala ancora il Centro Studi di Unimpresa. L'analisi evidenzia ancora che nel terzo trimestre del 2016 i disoccupati erano in totale 2,80 milioni: 1,53 milioni di ex occupati, 578mila ex inattivi e 693mila in cerca di prima occupazione.

Lavoro meno stabile

A settembre 2017 i disoccupati risultano in discesa di 69mila unità (-2,5%). Incide il calo di 139mila unità degli ex occupati, mentre crescono di 41mila unità gli ex inattivi; e salgono pure coloro che sono in cerca di prima occupazione, cresciuti di 29mila unità. In salita il dato degli occupati in difficoltà: erano 6,35 milioni a settembre 2016 e sono risultati 6,55 milioni a settembre scorso. In totale 197mila soggetti in più (+3,1%). Una crescita dell'area di difficoltà che, spiega Unimpresa, "rappresenta un'ulteriore spia della grave situazione in cui versa l'economia italiana, nonostante alcuni segnali di miglioramento: soprattutto le forme meno stabili di impiego e quelle retribuite meno - favorite dalle misure inserite soprattutto nel Jobs Act - pagano il conto della recessione".

I contratti a temine part time sono saliti di 146mila unità da 754mila a 900mila (+19,4%), i contratti a termine full time sono cresciuti di 196mila unità da 1,80 milioni a 2 milioni (+10,9%), i contratti a tempo indeterminato part time sono calati dell'1,0% da 2,70 milioni a 2,68 milioni (-27mila). Scendono, conclude infine Unimpresa, i contratti di collaborazione (-56mila unità) da 307mila a 251mila (-18,2%) e risultano in diminuzione anche gli autonomi part time (-7,9%) da 784mila a 722mila (-62mila).

"Rendere meno onerose le assunzioni"

"Auspichiamo la rapida formazione di una maggioranza e di un governo. Le aziende italiane hanno bisogno di risorse e incentivi per crescere e svilupparsi dunque per avere i presupposti necessari a creare nuova occupazione stabile. C'è bisogno di più lavoro per gli italiani". Così il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, commenta i dati. "In questo senso, -indica- vanno accolti con favore tutti gli strumenti e le misure volte a rendere meno onerose le assunzioni di lavoratori, meglio se si tratta di interventi strutturali e non di aiuti una tantum". Ferrara ritene "sbagliato insistere con forme di sussidio, perché strumenti come il reddito di inclusione alimentano l'assistenzialismo e disincentivano, di fatto, la crescita economica. I poveri non vanno lasciati nella loro condizione".

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